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Cresciuto nell’alimentare, per il quale studia e realizza da quarant’anni contenitori di plastica, il Gruppo Piber continua a fare innovazione di prodotto, investendo in tecnologia e servizi. Ecco le ragioni di una realtà, che sa far valere le proprie competenze.
Stefano Lavorini
Punti di forza: essere da sempre trasformatori di materie plastiche e disporre di un servizio di progettazione e sviluppo in grado di tradurre in packaging l’idea di un creativo, reinterpretando di volta in volta le possibilità offerte dalle tecnologie più diverse.
E poi, ancora, poter contare su una potenzialità produttiva di prim’ordine, a sua volta sostenuta dalla decisiva integrazione con l’attività di costruzione degli stampi e dei robot di servizio alle unità operative.
Infine, non certo cosa di poco conto, saper sviluppare il business di un’azienda, a forte impronta familiare, in un mercato sempre più condizionato dalle logiche di acquisto delle multinazionali.
Anche se appena tratteggiate, sono queste le caratteristiche che hanno fatto grande il Gruppo Piber di Voghera (PV), produttore di imballaggi primari di plastica destinati all’alimentare, in primis all’industria del gelato e lattiero-casearia, e ora anche alla detergenza domestica e al settore personal care: dalle “semplici” vaschette - stampate a iniezione o termoformate - ai contenitori più tecnici o barriera, comunque decorati ed etichettati nei modi più efficaci.

Idee e forme
Ma grande quanto e perché? Lo abbiamo chiesto al dottor Marco Bergaglio direttore commerciale del Gruppo Piber. «Oggi siamo una holding che raggruppa 5 società con altrettanti stabilimenti di produzione (vedi box) con 700 dipendenti e un fatturato 2000 superiore ai 110 miliardi di lire. Annualmente trasformiamo su 125 linee di produzione circa 15.000 t di materiali plastici, di cui il 70% polipropilene. A fronte di questi dati possiamo dirci leader di settore in Italia per volumi e capacità produttiva, ma il nostro vero plus è di poter realizzare ex novo un contenitore, proponendo diverse soluzioni al cliente, o, in alternativa, di saper tradurre in qualcosa di tecnicamente fattibile un’idea, rispettando fedelmente le richieste del marketing.
Questa focalizzazione al servizio deriva dal fatto che siamo produttori integrati, il che significa che provvediamo non solo alla produzione dei manufatti, ma anche alla realizzazione degli stampi, dei manipolatori, delle presse e delle macchine per il confezionamento, la sigillatura e la termosaldatatura in linea dei contenitori. Proprio in virtù delle competenze del nostro ufficio tecnico, alla potenzialità produttiva installata, all’efficienza del sistema di qualità certificato ISO 9002 da ormai quattro anni, siamo competitivi nell’offrire innovazione, completezza di gamma e un ridotto time to market».

Sempre alla ricerca del nuovo
Il Gruppo Piber si è sempre distinto per la capacità di offrire soluzioni di imballaggio diversificate, testimoniando così l’evoluzione della tecnologia di produzione e di decorazione dei contenitori plastici. Basti pensare alla diffusione dello stampaggio IML (in mould labeling) anche nelle sua più recente applicazione con etichette trasparenti.
«Tecnicamente irrealizzabile fino a qualche anno fa - sottolinea Bergaglio – oggi siamo riusciti a ottenere interessanti risultati su quasi tutte le forme tradizionali. La qualità di stampa che abbiamo raggiunto sul trasparente è ottima e, anche sull’esterno, è a prova di impilamento. Per raggiungere questi obiettivi abbiamo dovuto modificare il metodo di stampaggio e studiare forme più consone al comportamento delle etichette di PP. Restando in argomento, un’altra tecnica di decorazione che ha avuto particolare successo negli ultimi anni è quella che noi chiamiamo Trasdeco. Si tratta di un procedimento di trasferimento a caldo delle etichette su forme troncoconiche e cilindriche, che permette di ottenere la stessa qualità di stampa IML, quindi una quadricromia di altissimo livello, un’ottima coprenza anche su trasparente, a costi inferiori all’IML sulle medie e alte tirature».
Parlando invece di prestazioni, non sembra si possano registrare, negli ultimi anni, cambiamenti così evidenti. Per esempio, a differenza di quanto sta avvenendo nell’imballaggio flessibile, la richiesta di materiali barriera per i contenitori plastici rigidi resta stabile, limitata dalla diffusione dei prodotti freschi o ultrafreschi, per i quali la permeabilità del materiale di confezionamento risulta poco rilevante.
Non per questo mancano interessanti sviluppi, come precisa ancora Bergaglio. «Abbiamo fatto recentemente alcune esperienze nel settore del burro, ottenendo buoni risultati con vaschette stampate a iniezione in abbinamento a etichette IML, che offrono barriera totale alla luce. Stiamo anche realizzando un nuovo, interessante contenitore IML con elevata barriera all’ossigeno, destinato al confezionamento di patatine fritte. In altri termini, quando necessario, possiamo fornire contenitori che, una volta sigillati, hanno caratteristiche di protezione superiori a quelle di un contenitore termoformato, realizzato con materiali barriera.
Oggi, poi, c’è un’alternativa in più ed è quella offerta dai contenitori compositi, plastica/cartoncino che possono garantire barriera a luce, gas e umidità, e che presentano un’ottima rigidità, chiudibilità e macchinabilità».

Integrazioni di qualità
Fattore determinante, motore di questo proliferare di proposte, è senza dubbio l’innovazione tecnologica dei processi. «Per vocazione – chiarisce Bergaglio – abbiamo avuto sempre il massimo dell’attenzione nei confronti delle nuove tecnologie e dei più sofisticati mezzi di produzione. Attualmente sono installate nei nostri stabilimenti oltre 125 linee, costituite da presse a iniezione e termoformatrici su cui facciamo “ruotare” ogni anno circa 1.500 articoli diversi, utilizzando un parco stampi che oggi è arrivato a 3.500 unità, tenute in manutenzione; disponiamo inoltre di una trentina di linee di decorazione. Peraltro, proprio in questo periodo, stiamo procedendo alla sostituzione di gran parte del parco macchine, vista l’evoluzione fatta registrare di recente da questi macchinari».
L’attenzione ai mezzi non può far dimenticare che il vero cuore tecnologico del processo di trasformazione dei polimeri, restano comunque gli stampi. Al riguardo, il gruppo conta sulle competenze di una delle sue società (la H.M.S.) che, con una quarantina di persone e un ufficio studi con sei postazioni CAD, cura la progettazione e la costruzione degli stampi, nonché dei robot di carico delle etichette IML e prelevamento/impilamento dei pezzi finiti.
«Sono ormai 10 anni che impieghiamo manipolatori sofisticati per automatizzare le operazioni di stampaggio di contenitori IML, e almeno 5 anni che li impieghiamo per il successivo impilamento, soprattutto all’uscita delle presse ad iniezione. Per due ragioni: da un lato per contenere i costi, o comunque massimizzare l’efficienza a livello produttivo, e dall’altro per garantire una migliore qualità dei manufatti. Spesso, infatti, un impilamento automatico permette di ridurre drasticamente l’inquinamento microbiologico medio anche di un migliaio di volte. Quindi dedichiamo la massima attenzione a questo fattore di rischio, soprattutto in considerazione delle esigenze crescenti derivanti, ad esempio, dalla diffusione delle produzioni biologiche senza conservanti, basate sulla catena del fresco in atmosfera modificata».
Per migliorare ulteriormente gli standard qualitativi, Piber sta inoltre attrezzando i propri robot con sistemi di controllo presenza etichetta e di riconoscimento del soggetto grafico. «L’obiettivo è di offrire ai clienti una ragione di sicurezza in più, garantendo che il gelato alla stracciatella non venga per errore confezionato nel contenitore di quello al torroncino. E questo diventa di fondamentale importanza se si considerano le produzioni per diete speciali, dove un errore di questo genere potrebbe mettere a repentaglio la salute del consumatore».

La lunga via dei vasetti
Dalla semplice vaschetta al contenitore tecnico, il Gruppo Piber sembra dunque capace di fornire una gamma completa di soluzioni, in riferimento tanto al suo mercato di elezione, quello dei gelati e surgelati - che vale da solo circa il 50% del giro di affari - che per quello lattiero caseario (35%).
L’azienda di Voghera opera inoltre nel settore dei cosiddetti “grassi” (maionesi, sughi, condimenti, ecc.) e del catering (stoviglie monouso) e di recente è entrata nel settore dell’house care con una vaschetta IML per le salviette umidificate, con coperchio richiudibile a pressione, ad alto contenuto di servizio.
«La nostra strategia – precisa Bergaglio - è di trovare nuovi utenti al di fuori dell’alimentare, un mercato ormai da anni a crescita zero, o in nuove aree geografiche del bacino mediterraneo, come Grecia, Israele, Tunisia.
Purtroppo i nostri contenitori sono difficilmente esportabili per via del pessimo rapporto volume/fatturato; e per questa ragione l’export verso l’Europa rappresenta solo il 15%, delle vendite. Per gli stessi motivi abbiamo ottenuto i risultati più interessanti nelle applicazioni di nicchia, dove i competitor capaci di fare cose speciali sono pochi. Stiamo inoltre consolidando buoni flussi verso il Sud America dove tra l’altro, specificatamente in Cile, abbiamo un rapporto di collaborazione con un produttore locale, al quale forniamo stampi e tecnologia».

Programmare l’imprevedibile
Considerando il mercato alimentare, non si possono, a questo punto, non rilevare le conseguenze di una politica industriale nazionale, che ha di fatto favorito lo sviluppo di gruppi stranieri.
«Come corollario – afferma Bergaglio – i produttori di imballaggi si devono confrontare con realtà multinazionali che, peraltro, culturalmente, tendono a privilegiare fornitori nord europei rispetto a quelli dell’area mediterranea, a prescindere, talvolta, dai reali motivi di convenienza.
A ciò va aggiunta la crescita delle private label della grande distribuzione, che stanno introducendo diverse modalità di acquisto, forse meno “consapevoli” delle problematiche tecniche e della tempistica necessaria per programmare le produzioni. Stante questa situazione, in futuro assisteremo a una differenziazione dei produttori di imballaggi che, da una parte, come nel nostro caso, dovranno saper crescere dimensionalmente per potersi proporre come interlocutori dei grossi gruppi e, dall’altra, dovranno puntare sulla flessibilità con strutture produttive magari più limitate, per servire al meglio i fornitori dei marchi propri. Il rischio sembra, per tutti, quello di vedere crescere la capacità produttiva installata allo scopo di far fronte a picchi sempre più incontrollati della domanda che, soprattutto nel caso del gelato, tenderà a concentrarsi in pochi mesi dell’anno. Così facendo, però, fuori dall’emergenza, nascerà il problema del corretto utilizzo degli impianti. La sfida, dunque, è come gestire questi cambiamenti strutturali del mercato restando competitivi. Noi abbiamo fatto le nostre scelte».
Italian competitivity
Having grown in the food sector, for which for forty years now it has been designing and making plastic containers, the Piber Group continues in its product innovation, investing in technology and services. Here are the driving forces behind a concern that knows how to win through on knowhow and skill.

Strongpoint: plastic converters from the outset with a design and development service capable of translating ideas into packaging solutions, exploiting the possibilities offered by the most varied technologies as befitting the occasion.
And on top of that, being able to count on a first rate production potential, in turn strategically integrated with the activity of mould construction and robots serving the working units.
Finally, certainly not to be disparaged, the ability to develop the business of a company with strong family basis in a market evermore conditioned by the purchasing logic of the multinationals.
Even if only faintly sketched out, these are the features behind the success of the Piber Group of Voghera (PV). Producer of primary plastic packaging for the food sector, first and foremost to the icecream and dairy industry, the Group now supplies the home detergency and personal care sector: from “simple” tubs - injection moulded or heatformed - to more technical or barrier-type containers, at any rate decorated and labeled to great effect.

Ideas and shapes
Yet how big and why? We asked Dottor Marco Bergaglio, commercial head of the Piber Group. «Today we are a holding that groups together 5 companies with the same amount of production works (see box) covering 700 employees and a turnover for the year 2000 of over 110 billion lire. Annually we convert 15,000 t of plastic material - 70% of which polypropylene - on 125 production lines. With these figures we can declare ourselves sector leaders in Italy in terms of volumes and production capacity, but our true plus point is that we are able to recreate a container from start to finish, offering the customer a range of solutions, or, alternatively, turn an idea into something that is technically feasible, all the while faithfully respecting the indications laid down by marketing.
This focusing on service derives from the fact that we are integrated producers, which means that not only do we see to producing the articles, we also create the moulds, manipulators, presses and packaging machines, and we see to the bonding and heatsealing in line of the containers. Thanks precisely to the knowhow of our technical office, to our installed production potential, to the efficiency of our quality system - ISO 9002 certified for four years now - we are competitive in offering innovation, a complete range of products and reduced time to market».

Always searching for something new
The Piber Group has always excelled in its capacity to offer diversified packaging solutions, thus bearing witness to the evolution of production and decoration technologies for plastic containers. One only has to think of the widespread use of IML moulding (in mould labeling) also in its most recent application with transparent labels.
«Technically impossible up to a few years ago - Bergaglio goes on to say - we have now managed to obtain interesting results on nearly all traditional forms. The print quality that we have attained working on transparent supports is excellent, also being stackproof on the outside. In order to attain these objectives we have had to modify the mould method and devise shapes that are more befitting to the performance of PP labels. In the same vein, another decoration technique that has enjoyed a lot of success in the last few years is what we call Trasdeco. It is a procedure of heat transfer of labels onto cone and cylinder shapes, that allow you to obtain the same quality as in IML, hence a high level four colour process, excellent coverage also on transparent mediums, at costs below IML on medium to long runs». On the subject of performance, such staggering changes have not been seen in latter years. For example, as opposed to what is happening with flexible packaging, the demand for barrier material for stiff plastic containers has remained stable, limited to the spread of fresh or ultrafresh products. Here permeability of the packaging material is of little importance.
Not for this are interesting developments lacking, as Bergaglio states. «We have recently gained experience in the butter sector, obtaining good results with injection-moulded tubs combined with IML labels that offer total barrier to light. We are also making a new, interesting IML container with high oxygen barrier for packaging potato chips. In other words, when necessary we can supply containers that once sealed have protection characteristics that are above those of a heatformed containers made in barrier material.
Now another alternative has been added and it is that of composite containers in plastic/cardboard that act as a barrier to light, gas and humidity, and that are perfectly stiff, closable and machineable».

Quality integration
The decisive factor behind this proliferation of proposals is without a doubt technological process innovation. «As part of our vocation - Bergaglio clarifies - we have always paid close attention to new technologies and the most sophisticated means of production. Currently we have over 125 lines installed in our works, constituted by injection presses and heatformers on which we “rotate” around 1,500 different articles a year, using a mould range now touching on 3,500 units that undergo constant servicing; we also have thirty decoration lines. What is more, right now we are seeing to substituting most of our machines, given the evolution these machines have undergone in recent times».
This attention paid to the means cannot make us forget that the moulds are still the real technological heart of the polymer conversion process. In this vein the group can count on the knowhow of one of its companies (H.M.S.) that, with forty or so employees and a design office with six CAD station, deals with the design and construction of the moulds as well as the robots for loading the IML labels and the pick-up/stacking of the finished pieces.
«We have been using sophisticated manipulators for automating press-moulding operations of IML containers for 10 years and have been using them for subsequent stacking operation for at least 5, aboveall at the outfeed of the injection presses. This for two reasons: on the one hand in order to contain costs, or at any rate to maximise the efficiency at production level, and on the other in order to guarantee a better quality article. In fact very often automatic stacking can lead to the drastic reduction of average microbiological pollution this even to a thousandfold. Hence we dedicate maximum attention to this risk factor, aboveall in consideration of the growing needs deriving for example from the spread of biological products without preservatives, based on the chain of fresh produce in modified atmosphere».
In order to further improve quality standards, Piber is also equipping its own robots with label presence and graphic recognition control systems. «The objective is to offer the customer even greater safety, guaranteeing the stracciatella icecream is not mistakenly packed in a nougat icecream container. And this is of fundamental importance if we consider production for special diets, where an error of this sort could place the consumer’s health at risk».

The long journey of the tub
From simple tubs to technical container, the Piber Group hence appears capable of supplying a complete range of solutions, this covering its market of choice, that of icecreams and frozen foods - that on its own is worth around 50% of the turnover - as well as the dairy market (35%).
The Voghera-based company also operates in the socalled “fats” sector (mayonnaise, sauces, condiments, etc.) and catering (disposable tableware) and it has recently entered into the housecare sector with an IML tub for wet wipes with a snap-shut top and a high service content.
«Our strategy - Bergaglio states - is to find new users outside the food sector, a market by now showing zero growth for years, or in new areas of the Mediterranean such as Greece, Israel or Tunisia.
Unfortunately our containers are difficult to export due to their poor volume/turnover ratio; and this is why exports to Europe only account for 15% of sales. For the same reasons we have obtained the most interesting results in niche applications, where competitors capable of doing special things are few and far between. We are what is more consolidating the good flows towards South America where among other things, specifically in Chile, we have a cooperation agreement with a local producer to whom we supply moulds and technology».

Programming the unforseeable
Considering the food market, we cannot but at this point comment on the consequences of Italian national policy, that has in fact favoured the development of foreign groups.
«On top of everything - Bergaglio tells us - packaging producers have to face up to multinational groups that what is more culturally tend to favour north European suppliers against Mediterranean ones, this at times quite outside any rationale of cost-effectiveness.
To this one must add the growth of the private labels of broadscale distribution, that are introducing different modes of purchase, that on the whole seem to show less “awareness” of problems and the times needed to program production. Given this situation in the future we shall see a differentiation of packaging producers that, on the one hand, as in our case, will have to grow in size to be able to dialogue with the large groups and, on the other, will have to aim at the flexibly perhaps fielding more limited production structures so as to better serve the own brand suppliers. The risk seems for all, that of seeing the installed productive capacity grow, so as to be able to face evermore uncontrolled peaks of demand, that aboveall in the case of icecream, tend to be concentrated in just a few months of the year. In doing so though, beyond emergencies, one has the problem of the correct usage of the systems. The challenge hence, is how to handle the structural changes of the market while staying competitive. We have made our choices».

Gruppo di famiglia…
Con Piberplast - fondata nel 1960 e focalizzata sullo stampaggio a iniezione di contenitori di plastica destinati all’alimentare e al farmaceutico - Piero Bergaglio ha dato inizio a una storia di successo, che porta i segni di un certo modo tutto italiano di vivere in e per l’azienda: intuitivo, nella scelta dei momenti e delle modalità di espansione, ma mai avventuristico; tradizionale, nel mantener fede ai principi di un’offerta di qualità, ma aperto ai cambiamenti e alle logiche di un mercato in evoluzione.
Con un profondo radicamento nel territorio lombardo (più precisamente nella “padanissima” Voghera, PV), a partire dal 1976 la famiglia Bergaglio inizia la diversificazione delle attività, che ha portato alla nascita di H.M.S., cuore tecnologico del gruppo a cui viene affidata la progettazione e la costruzione degli stampi, nonché la costruzione delle macchine per la termosaldatura.
E’ del 1982 la creazione di Esbe Italiana, che assume subito un ruolo trainante nella termoformatura di contenitori prestampati in rotocalco, seguita, nel 1983, da Piber Group (società servizi di vendita e di marketing, amministrazione e finanza) e da Stamplast, specializzata nello stampaggio a iniezione.
Con Alipack, che nel 1990 rileva la costruzione di macchine termosaldatrici da H.M.S. e di macchine confezionatrici per alimenti e bevande, il Gruppo Piber assume l’assetto attuale: una realtà diversificata, di respiro internazionale, in virtù della indubbia capacità propositiva in fatto di prodotti e servizi, partner decisivo di grandi produttori e multinazionali.
E, come ha avuto modo di sottolineare il dottor Marco Bergaglio, figlio del fondatore: «Il nostro plus è che, pur essendo un’impresa di medie dimensioni, restiamo un’azienda di famiglia. Per questa ragione possiamo vantare un’attenzione ai particolari e una flessibilità che ci permette di essere estremamente competitivi. In altri termini abbiamo una gestione attenta e personalizzata, con un respiro di medio e lungo periodo. Un esempio? Aver costruito le unità produttive su aree molto ampie che, in prospettiva, ci consentiranno di raddoppiare o triplicare la superfici. D’altronde, mediamente, la nostra azienda investe annualmente oltre il 10% del fatturato in nuove tecnologie e, di prassi, anticipiamo quanto possibile gli ammortamenti».
Un modus operandi, questo, che sembra confermare la tendenza dell’imprenditoria italiana a non guardare al profitto immediato, ma al fatturato prospettico, con una partecipazione emotiva che solitamente si riserva soltanto alle proprie “creature”.
«Anche se questo aspetto, oggi come oggi, non rappresenta un plus che si possa spendere nel rapporto con i grandi interlocutori internazionali, per i quali fondamentalmente contano la capacità propositiva, la cura del servizio e la qualità offerta, può però rappresentare un vantaggio a livello di media impresa. In questo caso, il nostro interlocutore, pur non essendo magari il proprietario ma un manager, ha competenze dirette su più funzioni. E quindi un approccio globale come il nostro, che va dalla progettazione dell’imballo alla produzione, alla fornitura della macchina a una consulenza di marketing, può essere un valido aiuto», conclude Bergaglio.


Family group...
With Piberplast - founded in 1960 and focussed on injection moulding of plastic containers for food and pharmaceuticals - Piero Bergaglio started up a success story that bears the marks of a certain very Italian way of living in and for the company: intuitive in the choices of the moment and the mode of expansion, but never recklessly adventurous; traditional in wishing to stay true to the principles of a quality offer, but open to change and to the logic of an evolving market.
Deeply rooted on Lombard territory (and more precisely in the typically “Padanian” Voghera, PV) starting off from 1976 the Bergaglio family began to diversify its activites, that led to the creation of H.M.S., technological heart of the group and entrusted with the design and the construction of the moulds, as well as the construction of the heatsealing machines.
Esbe Italiana was created in 1982, that immediately took on a driving role in the heatforming of rotogravure preprinted containers, followed in 1983 by Piber Group (service company for sales and marketing, administration and finance) and Stamplast, specialised in injection moulding.
With Alipack, that in 1990 took over the construction of heatsealing machines from H.M.S. and packaging machines for food and beverage, the Piber Group took on its current form: a diversified concern operating internationally, this thanks to its confirmed capacity to offer products and services, strategic partner of largescale producers and multinationals.
And as the son of the founder Dottor Marco Bergaglio has had the chance to underline: «Our plus point is that, even though we are a medium-sized company, we are still a family concern. For this reason we can boast an attention to details and a flexibility that allows us to be extremely competitive. In other terms we have a careful and personalised management, operating mid- to longterm. An example? Our having built our production units on very extensive areas that allow us to prospect doubling or tripling our surface area. On the other hand, on average, our company invests annually over 10% of its turnover in new technologies and, as a practise, where possible we hit our payback period ahead of time».
A way of working, this, that seems to confirm the tendency of Italian entrepreneurs to not look to immediate gain, but at prospective turnover, with an emotional participation that one normally only reserves for ones own creations.
«Even though this side of things, things being what they are now, does not stand as a plus point that one can spend in ones relations with the big international names, where what counts most is what you can propose up front, attention to service and the quality of ones offer, it can stand as an advantage at the medium-sized company level. In this case, the person we are dialoguing with, even if not perhaps the owner but a manager, has direct authority over a number of functions. And hence a global approach like our own, that goes from designing the packaging to production to the supply of machines and marketing consultancy, can be of valid help» Bergaglio concludes.