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Rulli Rulmeca sta lavorando al suo primo bilancio etico dove, accanto a quelli finanziari, cercherà di compendiare valori di altra natura, che si traducono in azioni di sostegno alle fasce deboli della popolazione, all’ambiente, alle arti e alla cultura. Perché l’impresa nasce per generare profitto, ma è anche un soggetto sociale.
Elena Piccinelli
Le montagne invitano al raccoglimento, risvegliando un senso del pudore che condiziona il modo di comunicare di chi ci vive. «Forse anche per questo abbiamo sempre evitato di fare propaganda alle nostre iniziative in campo sociale, evitando con cura di salire in cattedra: perché la nostra riservatezza deriva in primo luogo dalla convinzione di non avere in tasca “la” verità né di aver trovato “la” via che vale per tutti. Quando però ho saputo del bilancio etico, ho riconosciuto i valori e le scelte su cui Rulmeca ha costruito la propria storia. Allora, ho pensato che fosse un peccato non adottarlo».
Sono semplici le parole con cui Emilio Moreschi, amministratore delegato della Rulli Rulmeca (che dallo stabilimento ai piedi delle Orobie bergamasche fornisce rulli a tutto il mondo) racconta da dove nasca l’idea di compilare il primo bilancio etico dell’azienda, e di come poi sia riuscito «a convincere gli altri». Però, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo qualcosa; nella fattispecie, che solo adesso le imprese italiane iniziano a muovere i primi passi su questo terreno, e non è ancora molto chiaro come in concreto si debba procedere (lo sa bene il direttore amministrativo dell’azienda, cui spetta l’onore e l’onere di tradurre in categorie e cifre il concetto di cui sopra, con l’aiuto della società di consulenza Seneca).
«Noi non siamo tenuti a presentare un bilancio delle attività non profit - puntualizza Moreschi - così come nessuno ci costringe (ma lo facciamo lo stesso, per amor di trasparenza) a far revisionare il bilancio “normale”. E, in mancanza di modelli precostituiti, stiamo cercando di trovare le parole per comunicare non solo dei fatti - ossia le sponsorizzazioni di mostre e concerti, i contributi al restauro di opere d’arte, il sostegno agli handicappati e ai malati - ma anche quella miriade di piccole scelte che contribuiscono a creare un clima di chiarezza e di fiducia nel lavoro». Perché, almeno in questo caso, il bilancio riguarda sì i fatti, ma poggia sulle solide basi di valore gettate almeno dieci anni fa, con l’intento di rendere espliciti i principi di un “corretto operare”.

Valori e profitti
Formulati per convinzione e formalizzati in occasione della certificazione di Qualità ISO 9002 nel 1995, tali principi mettono espressamente in relazione la missione aziendale - raggiungere con continuità livelli di eccellenza in ogni campo d’attività - con il piano dell’etica. Troviamo già, in quella sorta di vademecum, le regole per tradurre in fatti il rispetto per i fornitori e i partner, la convinzione che la clientela sia il patrimonio più importante, e che occorra assicurare al personale, considerato la risorsa di maggior valore, un ambiente di lavoro “sicuro, sano e motivante”.
La premessa è fondamentale: per raggiungere questi obiettivi (citiamo letteralmente) occorre “meritare credibilità e fiducia ovunque noi operiamo, adottando un comportamento eticamente ineccepibile e responsabile verso l’ambiente, comunicando in modo aperto e franco e partecipando adeguatamente alla vita sociale”.
Espressioni quasi d’altri tempi, che si sono tradotte - per citare solo alcune delle iniziative messe in campo - nel restauro della chiesetta di San Michele all’Arco, seminascosta dalla Biblioteca Maj nella Piazza Vecchia di Bergamo, e di altre opere minori sparse sul territorio della provincia, così come nel sostegno al ciclo di concerti di musica classica organizzati alla Sala Greppi e al Orchestra Stabile di Bergamo, nell’aiuto alla Croce Rossa e all’Istituto Mario Negri, piuttosto che alla Società Ciclistica Villa d’Almé o alla Parrocchia di Sombreno. «Io non penso che sponsorizzare una mostra d’arte o un concerto generi vantaggi di tipo economico», precisa al riguardo Moreschi. «Invece penso, e spero, che essere onesti e collaborativi, così come impiegare parte delle plusvalenze a favore della società e della cultura, contribuisca a rendere l’azienda riconoscibile come soggetto collettivo, responsabile e impegnato». Perciò è con soddisfazione e con gratitudine che Moreschi “incassa” la notorietà di Rulli Rulmeca in ambito locale e, più in generale, la simpatia degli interlocutori, o la non scontata fiducia dei dipendenti («da una quindicina d’anni il contratto integrativo interno si chiude senza un’ora di sciopero, ragionando insieme ai rappresentanti delle maestranze su dati chiari e trasparenti»).
Da questo punto di vista, commenta il manager, pubblicare un bilancio sociale potrebbe portare ulteriori conseguenze positive: «Restituire a tutte le persone che lavorano in e con Rulmeca il senso del cammino fatto ogni anno sul piano del mecenatismo, generando, spero, soddisfazione e incoraggiamento. E, magari, anche suscitare in altre realtà che si muovono in maniera affine, il desiderio di valorizzare, a loro volta, il proprio percorso nel sociale».

Individuale e collettivo
In gioco, qui, ci sono le scelte e le inclinazioni personali di chi ha fondato l’azienda e di chi ora la guida.
«Io sono un appassionato d’arte e, quindi, sono personalmente portato a sostenerla; è anche vero che quando difendo la “bontà” di un certo modo di concepire i rapporti di lavoro è perché in fondo, non sarei capace di comportarmi altrimenti», afferma Moreschi. Tuttavia, ciò che nasce come piacere privato o esigenza di alcuni, si può incontrare con analoghe e magari non esplicitate propensioni di altri, generando così una cultura collettiva del lavoro che comprende, in parte, anche ciò che normalmente ne viene escluso. Si riconosce qui il senso di un umanesimo integrale e di un’etica che, pur stemperata dall’umiltà e dall’ironia del nostro interlocutore, affonda le radici nel rifiuto radicale di separare ciò che, invece, non può che andare insieme (per esempio ragione e sentimenti). Un rifiuto che, forse, inizia a farsi strada anche a livello generale, se è questa la radice che alimenta la rinascita del volontariato, il fiorire delle imprese di commercio “equo e solidale” o il successo delle aziende impegnate a vario titolo nel sociale. Che ora, anche in Italia, iniziano a interessarsi ai principi del bilancio etico.
«Si tratta di un concetto formulato - non a caso - negli Stati Uniti del capitalismo selvaggio e che l’Europa ha iniziato a elaborare più o meno da un decennio (in Francia è addirittura obbligatorio)», sintetizza Moreschi. «Qui da noi si è iniziato a parlarne prima fra le banche e le società di diritto pubblico, poi anche fra le aziende private, pur essendo ancora poche le esperienze compiute».
A quanto pare, dopo anni di atteggiamenti contradditori, anche lo Stato sembra aver fatto mente locale su questa tema. Così lo scorso novembre è stato definitivamente approvato dal Senato un provvedimento che stabilisce la deducibilità dal reddito d’impresa delle somme investite nei beni culturali e nello spettacolo. Resta il fatto che, per ora, ciascuno continua a sperimentare strade proprie. E, soprattutto, chi ci crede non ha bisogno di imprimatur ufficiali.
Ethical business
Rulli Rulmeca is working on its first ethical balance where, aside the financial one, it plans to make a compendium of values of a different nature, or that is concerning its undertakings in support of the weaker members of society, the environment, the arts and culture. Indeed a company exists to make profits, but it is also part of society.

Mountains invite one to pause and look inwards, bringing one back to the propriety in the way people living in those regions communicate. «This may also be why we have always avoided propagating our undertakings in the social field, not wishing to appear as if we were pontificating: indeed our reluctance to hold forth derives firstly from the conviction that we have not stumbled on “the” truth or “the” way which everyone should take. However when I learned about the ethical balance, I recognised the values and the choices upon which Rulmeca has built its own history. Thus I felt it would be a pity not to adopt it».
In simple words Emilio Moreschi, managing director of Rulli Rulmeca (that from its works at the foot of the Orobie mountains in the province of Bergamo supplies rollers the world over), tells us how the idea of drawing up the first company ethical balance first came into being, and how they then managed to «convince the others». However, there’s always a slip twixt cup and lip; in the case in point only now are the Italian companies beginning to move on this front, and it is still not clear the direction they should take (indeed this is also the quandary in which the head of the company finds himself in, having as he has the honour and indeed the burdensome task of translating the above concept into categories and figures, this along with the help of the consultancy company Seneca).
«We are not obliged to present a balance of our non profit activities - Moreschi points out - in the same way as we are not obliged to have our “normal” balance audited (something though that we have done all the same for the sake of transparency). And with no examples as such before us we are trying to find a way of setting down what has been done - or that is our sponsoring of exhibitions and concerts, our contributing to restoration work, our support for the handicapped and the sick - also including a whole host of small measures that have contributed to creating an open, trusting climate of at work». Because at least in the latter case, the balance involves facts, but also rests on the solid base of values formulated at least ten years ago with the intent of explicitly laying down the principles of a “correct way of working”.

Values and profits
Formulated by conviction and formalised in occasion of the ISO 9002 quality certification carried out in 1995, the principles set down alongside the aforementioned document expressly associate the company mission - to consistently attain high levels of excellence in all fields of activity - to an ethical plan. We already here find a sort of guide, laying down how one goes about formulating ones respect for ones suppliers and partners, the conviction that the clientele is the companies most important asset, that the personnel - considered the companies greatest resource - must have a “safe, healthy and motivating” working environment.
Here the opening of the said document says it all: in order to attain these objectives (we quote literally from the company document), one has to “deserve credibility and trust wherever we operate, adopting an ethically irreproachable and responsible approach to environmental questions, communicating openly and clearly, all this while taking part in the social run of things”.
An approach that appears to hark back to another era, that has led - to cite but some of the undertakings fielded recently - to the restoration of the church of San Michele all’Arco - half hidden by the Maj Library in the Piazza Vecchia of Bergamo, as well as other lesser undertakings throughout the province like the support for the cycle of concerts of classical music organized by the Sala Greppi and the Orchrstra Stabile of Bergamo and the aid given to the Red Cross and the Istituto Mario Negri, to the Società Ciclistica Villa d’Almé and the Parrocchia di Sombreno.
«I do not think that sponsoring an art exhibition or a concert generates economic advantages - Moreschi states on this count - though I think and indeed I hope that being honest and willing to cooperate, and using part of ones profits in favour of society and culture, improves the companies standing in society». Thus Moreschi is able to “cash in” on Rulli Rulmeca’s notoriety locally, receiving satisfaction and being the object of gratitude, and more in general, winning over all those he has dealings with and not least his own employees, something not to be taken for granted («for some fifteen years or so internal working agreements have been worked out with the representatives of the workforce without even an hour being lost in strike action»).
From this point of view, the manager comments, publishing a social balance could have other beneficial effects: «Like making all those who work in and with Rulmeca aware that they are in some way sharing in this experience of patronage, a feature that I hope will generate satisfaction and encouragement. Indeed perhaps by doing so we might encourage other firms that are moving in the same direction to increase their efforts as well as document their contribution to the society at large».

Individual and collective
Here at play one sees the choices and the personal inclinations of the person that founded the company and those who now guide it.
«I am an art lover and hence I am personally bound to make my contribution in supporting the arts; it is also true that when I defend the “bonhommerie” of a certain way of conceiving work relations this is so because I am incapable of behaving otherwise» Moreschi states. All the same what may start off as a private pleasure or urge for some, may encounter similar, inexplicit drives in others, thus creating a general approach to work that in part also comprehends that which is normally excluded from working agreements.
«One here recognises a truly humanistic, ethical approach that, even if diluted by the humble nature and the irony or the person in question, finds root in the radical refusal of separating that which cannot but go together (for example reason and sentiment). A refusal to do so that now appears to be gaining ground at general level, if this be the root that has led to the rebirth of voluntary work throughout Italy, the burgeoning of eco-solidarity trading companies or the success of companies committed to various degrees to social work. Now in Italy too, bodies and companies are beginning to interest themselves in the principles of the ethical balance.
«It is a concept formulated in the USA, not by chance a country that is a paradigm of jungle capitalism and that started emerging in Europe more than a decade ago (in France it is even obligatory)». Moreschi sums up «In Italy with few examples at hand it was the banks and public companies, then the private companies that began talking about this form of caring capitalism».
As far as we know, after years of contradictory behaviour, even the Italian State seems to have got its ideas straight on the subject now. Thus last November a procedure was definitively approved by the Senate that allows the deduction of sums invested in Italy’s cultural heritage and in the arts. There remains the fact that, for now, everyone seems to be out experimenting and doing their own thing. And aboveall, those who believe in what they doing don’t have to wait for an official imprimatur.

Del bello e del buono...
Nell’atrio luminoso campeggia una grande scultura e, dietro le vetrate, le montagne sembrano così vicine che par quasi di sentirne l’odore; alle pareti della sala d’aspetto, una copia del calendario fotografico regalato agli amici della Rulmeca riproduce in scatti sapienti angoli di mondo e persone lontane (contributo discreto dell’amministratore delegato all’armonia e alla serenità); persino le cartoline con gli auguri di Natale riproducono opere d’arte (quelle restaurate grazie al contributo dell’azienda) e gli stessi rulli ritratti sulla brochure di presentazione sembrano sculture. Il bello sta qui, ma anche altrove, nelle pieghe di un’attività variegata e a tratti fuori del comune.
E il buono? È fatto dei sentimenti, o meglio dei principi, che improntano le relazioni interne ed esterne all’azienda, traducendosi in una gestione “eticamente corretta” e in azioni a sostegno del sociale e della cultura.
Rulli Rulmeca si può presentare anche così, ma innanzitutto è la più grande azienda europea del suo settore, con 1.600.000 rulli prodotti all’anno e un tasso di crescita 2000 a due cifre. Fondata nel 1962 da Antonio Ghisalberti, l’impresa bergamasca è oggi una società per azioni, con stabilimenti in diversi paesi del mondo e un rapporto di stretta partnership produttiva e commerciale con il gruppo svizzero Interroll (che realizza tipologie complementari di rulli e da tre anni è quotato in borsa).
La sua affermazione si deve in primo luogo alla scelta originaria di puntare sulla qualità dei prodotti - e sulla loro affidabilità nel tempo - sostenuta progressivamente dagli investimenti per automatizzare la produzione, dalla capacità di sviluppare una gamma completa di soluzioni e da un accurato servizio al cliente. Numerose le aree di applicazione dei rulli Rulmeca: dal settore delle miniere e delle cave a tutte le tipologie di movimentazione interna, dal trasporto bagagli negli aeroporti ai nastri per le casse dei grandi magazzini, passando per lo stoccaggio, dove l’azienda bergamasca realizza magazzini dinamici. Il suo fatturato viene realizzato per il 75% in Italia (l’estero viene infatti perlopiù servito direttamente dagli stabilimenti locali del circuito Interroll), anche se i rulli della Rulmeca sono in buona parte destinati ai costruttori italiani, che esportano il grosso della propria produzione. Ed è soprattutto l’estero che, secondo il management, offrirà i migliori spunti per uno sviluppo ulteriore.

Beauty and goodness...
In the lobby one finds a large sculpture and, behind the windows, the mountains appear so close that you can almost smell the air; on the walls of the reception room, a copy of the photographic calendar given as a present to Rulmeca’s friends reproduces corners of faraway people in a faraway world (the discreet contribution of the managing director to harmony and goodwill); even the Christmas cards have works of art on them (those restored thanks to the contributions of the company) and the selfsame rollers portrayed on the presentation brochure look like sculptures. This is where the beauty lies, but also elsewhere, in the folds of a very varied activity that is at times rather out of the ordinary.
And goodness? A question of sentiment, or better still principles, that mark internal and external company relations, translated into an “ethically correct” running of the company and support of social work and culture in general.
You can also present Rulli Rulmeca in this manner, but aboveall it is the largest European company in its sector, producing 1,600,000 rollers a year and with a growthrate for the year 2000 running to two figures. Founded in 1962 by Antonio Ghisalberti, the Bergamo-based company is today a shareholder company, with works in various countries all around the world and a close production and trade partnership with the Swiss group Interroll (that makes complementary types of rollers and that has been quoted on the stock exchange for three years).
Rulmeca’s success is in first place due to its initial choice of aiming at product quality - and reliability in time of the same - bolstered by the investment for automating production, the capacity to develop a complete range of solutions and a good customer service. The areas where the Rulmeca rollers can be applied are numerous: from the mining and quarry sector to all types of internal handling, from baggage transport in the airports to conveyors for crates in the large department stores, going by way of warehousing, where the Bergamo-based company makes dynamic warehouses. Rulmeca’s turnover is achieved 75% in Italy (abroad is mostly served directly from the local works in the Interroll circuit), even if the rollers made by Rulmeca are mostly for Italian constructors who export most of their output. And it is aboveall abroad that according to the management offers the best possibilities of further growth.