April 2002





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Cosa fa la differenza fra una un’idea/immagine carina e il leit motiv di una campagna vincente? Il contesto, o meglio la storia che sta dietro e attorno al singolo elemento della comunicazione, in grado di conferire il giusto spessore e, soprattutto, trasmettere affettività. Perché ogni negozio, ogni “branding”, è una narrazione in cui entrare (e uscire) per il piacere di giocare. Parola di Gianluca Piroli.
Luciana Guidotti

Viviamo in una realtà che, almeno da lontano, abbaglia, fatta com’è di apparenze e facili estetismi, in grado di catturare per qualche istante la nostra attenzione. In genere, guardiamo, magari sorridiamo, ci soffermiamo comunque il minor tempo possibile e passiamo oltre, aspettando il nuovo che dovrà seguire, così che il nostro desiderio non venga mai disatteso.
Ma chi l’ha detto che il superfluo, e talvolta decisamente inutile, sia di per sé privo di senso? Un significato, per definizione, ce l’avrà, se riesce a coinvolgerci tanto da suscitare una pulsione all’acquisto... E poi, a ben vedere, la merce non è altro che il veicolo “concreto” di un insieme coerente di significati che costruiscono un “mondo”, in cui ci fa piacere entrare, anche solo per un momento.
Creare questi mondi, che non sono a 2D ma, come noi, hanno una storia - sono storie! - è uno dei compiti del marketer e dei suoi collaboratori. Ciascuno di essi traduce in immagini e altre “cose” percepibili - advertising, packaging, promotion, allestimenti di negozi ecc. ecc. - la storia che costituisce il vero plusvalore del brand.
Ma - attenzione - nessuno inventa; piuttosto, “scopre”. Ecco cosa ha trovato per i suoi clienti, frugando nelle pieghe della storia e delle storie che lo ispiravano, Gianluca Piroli, mente di Acme ed esploratore (con il gusto della narrazione) dei mondi paralleli del ricordo e della fantasia.

La verità in una moto
“Non si può vendere qualcosa se non se ne percepisce la verità” (George Lucas, Guerre stellari). E la verità di un paio di jeans di gusto militaresco - parliamo qui dei “Ronnie” della Mason’s - può essere... non un cavallo da cow boy, non una fabbrica del primo boom economico, ma una moto da Speedway. Piroli l’ha trovata cercando un’idea per il packaging e per la promozione sul punto vendita, mentre vagava su Internet alla caccia di documenti. E ne ha ricostruito la storia, che parte intorno al 1928, quando un tipo di nome Vic Huxley vinse più di 5.000 gare della specialità di corsa sulla sabbia, stabilendo un record tutt’oggi insuperato. In Italia l’apoteosi dello Speedway si colloca nel secondo Dopoguerra, resa possibile da una maxi-vendita di moto da parte dell’Arar (l’ente creato per smaltire i residuati bellici). Fu allora che una miriade di appassionati centauri e aspiranti tali entrò in possesso di fuoriclasse “targati” Machtless e Norton, Bsa, Hariel e Triumph: gli stessi su cui, nelle pause dei combattimenti, i militari inglesi e americani si sfidavano in tornei “all’ultimo cilindro”. Le foto - epiche - ritraggono, fra polvere e bandierine, campioni e mezzi ruggenti, e la voglia di rivivere dopo la guerra. Tutto questo si ritroverà nel packaging del prodotto sotto forma di suggestioni vintage - la latta d’olio, i simboli militareschi e altro ancora - a esprimere una storia che è diventata l’anima di quei jeans, e li distingue da tutti gli altri.

Fantasia e precisione
In quest’ottica risulta chiaro come un sacchetto di juta chiuso con una corda non sia, in realtà, una forma povera e primitiva di packaging; e nemmeno una cassetta di legno resti un contenitore grezzo e duro, per molti versi scomodo. Al contrario, sono invece i particolari che rendono credibile una narrazione, allo stesso modo come, nelle fiabe per bambini, la fanciulla buona non può che essere bella. Come loro, tanti altri oggetti dimenticati hanno dato il “La” a un progetto di comunicazione che ha trovato la propria anima in un passato, da riattualizzare con successo.
«È stato il caso - riferisce Piroli ancora divertito per la scoperta - dei ganci nel muro a cui i Quaccheri appendevano, dopo pranzo, tutti i loro utensili (tavoli e sedie compresi), in ottemperanza alla regola religiosa che vietava di lasciare a terra qualsiasi cosa, a cui ci siamo ispirati per creare un angolo suggestivo nei Replay Store. O, ancora, dei più noti elementi della vita e della cultura dell’antico Egitto, a cui abbiamo attinto a piene mani per realizzare il mondo esotico dei cosmetici di Tiziana Lugli: vere e proprie “Oasi” (evocativo anche il marchio) in miniatura con foglie di palma, espositori di ceramica, sabbia e acqua, scatole intagliate come bassorilievi. E, sempre in tema di esotismi, è pure il caso dei contenitori di ceramica che riproducono fedelmente quelli utilizzati dai grandi esploratori dell’Ottocento durante i loro viaggi, per riporre i prodotti per l’igiene personale. In tutti questi casi, gli ingredienti che hanno decretato il successo dei vari lavori di comunicazione sono stati la “bontà” dell’idea iniziale, la precisione dei riferimenti storici e culturali, senza la quale neppure la storia più fantasiosa è capace di sedurre, e la capacità di lavorare i vari materiali, trasformandoli in modo da renderli “credibili” nei vari contesti”.

Conoscere, riconoscere, creare
In questo lavoro, dunque, l’ingegno sta nel riconoscere le storie e nel ricomporre gli elementi significativi in un insieme coerente, in grado di accogliere l’oggetto di cui si sta costruendo l’immagine.
Ma non si tratta, beninteso, di ricerche da eruditi, bensì di un atteggiamento che mette in campo l’occhio del curioso, la cultura del marketer e una capacità molto artigianale di trasformare la materia, che permette di trasfigurare un’immagine, “spostandola” da un contesto fisico e simbolico a un altro. E che, riconoscendo i dettagli significativi - o, perché, no, inventandoli “in stile” - rende credibile l’insieme ricostruito (chi ricorda gli straordinari bicchieri che rendevano tanto “realistica” l’ambientazione di Blade Runner? Io sì, Ndr).
Le realizzazioni di Piroli offrono molti spunti per illustrare questo principio: dall’uso degli odori per “arredare” le varie zone di un magazzino a libero servizio, opportunamente ambientate come fantasia comanda, all’uso spinto della robotica-telematica per movimentare, via satellite, i pick&place che configurano i pallet del più avveniristico magazzino dell’Iveco, fino all’idea vincente che ha “lanciato” in un contesto particolare (non di largo consumo) il marchio Maxima, con un successo di mercato persino inaspettato. E questa è l’ultima storia che Piroli per oggi ci racconta.
«Maxima è un’azienda appena nata, con una specializzazione molto verticale, al servizio dell’edilizia: costruisce e commercializza dischi diamantati e attrezzature per l’edilizia.
Mi ha chiesto di studiare tutto - nome e marchio, immagine e packaging - e l’idea da cui tutto è partito è stata quella (inizialmente solo un’immagine) di un muratore in posa da discobolo, che lancia un disco (i dischi diamantati Maxima, appunto). Il riferimento alla classicità è stato d’obbligo e, documentandoci, abbiamo creato tutti gli altri elementi dell’immagine coordinata dell’azienda.
Ora stiamo creando il catalogo, che illustriamo con le immagini di pavimentazioni e altre creazioni dell’antichità, di volta in volta riferite al tipo di utensile di cui si sta parlando». Risultato? «Il cliente è entusiasta, la visibilità e i risultati commerciali dell’azienda sono esplosi, e noi ci stiamo davvero divertendo. Il massimo!».



Moments in history
What makes the difference between an idea/good image and the leitmotiv of a winning campaign? The context, or better still, the history that lies behind and around the single element of communication, capable of giving it the right importance and, especially, of getting across affectivity. Because each shop, each case of “branding” is a piece of narration one enters (and leaves) for the pure joy of playing. The words of Gianluca Piroli.
Luciana Guidotti

We live in a world that glitters, at least from afar, being made up of appearances and easy aestheticism, capable of capturing our attention for a few moments. On the whole, we look, perhaps even smile or pause to consider for as little time as possible and then pass onto the next thing, in a search for what’s new, that’s bound to follow, so that our desires are never disregarded.
But who was it who said that the superfluous, and sometimes pointless, is itself worthless? It must have a meaning, by definition, if it manages to involve us to the point that we feel the urge to buy it... And then, in truth, the goods are none other than the “concrete” vehicle of a coherent combination of meanings that build up a “world” we enjoy entering, even if just for a moment.
To create such worlds, that aren’t 2D but, like us have their own story - and what stories! - is one of the tasks of the marketer and his collaborators. Each is required to translate into images and other perceptible “things” - advertising, packaging, promotion, shop fittings, etc. - the history that is the real added value of a brand.
But - watch out - no one invents things, but rather “discovers” them. Here are some of the things Gianluca Piroli has discovered for his customers by digging into their past and the stories that inspired him, the brain behind Acme and explorer (with a knack for telling a story) of the parallel worlds of memories and imagination.

The truth behind a motorbike
“You can’t sell something if you can’t perceive its truth” (George Lucas, Star Wars). And the truth of a pair of military-style jeans - we’re talking about “Ronnie” jeans from Mason’s - can be... not a cowboy’s horse, not a factory from the first economic boom, but a Speedway motorbike. Piroli discovered this by looking for an idea for packaging and point-of-sale promotion, while surfing the Internet in search of documents. And he rebuilt the story that started in roughly 1928, when a guy called Vic Huxley won more than 5,000 races in the sand category of motorbike racing in the after-war years, made possible by a maxi-sale of motorbikes by ARAR (the body created to dispose of military surplus). This gave thousands of dedicated motorbike racers and would-be racers the chance to own a super bike “branded” Machtless and Norton, Bsa, Hariel and Triumph: the same that British and American soldiers had used in the “to the last cylinder” challenges between battles. The photos - now epic - portray champions and roaring bikes amidst the dust and flags and the desire to live again after the war. All this can be found in the product packaging in the shape of vintage items - the oil can, military symbols and others besides - to express a history that became the soul of those jeans, marking them out from the rest.

Imagination and precision
Here it’s made clear how a jute sack closed with a cord isn’t, in reality, a poor, primitive form of packaging and not even a wooden crate remains a rough, hard and in many aspects an awkward container. On the contrary, these are the details that make a tale credible, while at the same time, as in children’s stories, the young heroine can’t be anything but beautiful. Like them, many other forgotten objects have set the tune for a communication project that is based on the past, to be brought up-to-date with success.
“This has been the case - says Piroli, still amused by the discovery - of those wall hooks that the Quakers used to use to hang their tools after lunch (tables and chairs included), in line with the religious rule that forbade them to leave anything on the floor, and which inspired us to create a special corner in the Replay Stores. Or, again, one of the better known elements of the life and culture of Ancient Egypt, which we’ve copied handsomely to create the exotic world of Tiziana Lugli cosmetics: a real miniature “Oasi” (also the brand is meaningful) with palm leaves, ceramic display stands, sand and water and boxes cut to resemble bas-relief works. And, remaining with the exotic theme, it’s also the case with the ceramic containers that faithfully reproduce those used by the great nineteenth century explorers during their voyages to store their toiletries. In all these cases, the ingredients that sealed the success of the various communication projects have been the “soundness” of the initial idea, the precision of the historical and cultural references, without which even the most fantastic story fails to seduce, and the ability to work with the various materials, converting them to make them truly “credible” in their various contexts”.

To know, recognise and create
Skill in this job, therefore, lies in being able to recognise the stories and extract the most meaningful elements to create a coherent whole, capable of housing the object whose image is being built.
But, let it be understood, this isn’t a case of erudite research, but rather an attitude that offers room for the naturally curious, plus the culture of the marketer and the especially artisan ability to transform the material that lets one transfigure an image, “shifting it” from one physical, symbolic context to another. And which, by recognising the meaningful details - or even inventing them to suit the style - makes the reconstructed whole credible (Ed.: Can readers remember those extraordinary glasses that made the Blade Runner setting so “realistic”? I sure can).
Piroli’s creations offer many instances to illustrate this principle: from the use of odours to “furnish” the various areas of a self-service store, given a suitably fantastic setting, to the strong use of robots and remote controls for moving, via satellite, the pick&place devices that make up the pallets in Iveco’s latest, futuristic warehouse, not to mention the winning idea that “launched” the Maxima brand in a special context (not a commodity brand), with totally unexpected market success. And this is the last story that Piroli tells for us today.
“Maxima is a newly-fledged company with highly vertical specialisation, serving the construction industry: it builds and sells diamond-studded disks and construction equipment. I was asked to study all aspects - name and brand, image and packaging - and the idea that started it all was that of a bricklayer (initially only an image) in a discus thrower’s pose, actually throwing a disk (a Maxima diamond-studded disk, of course). This reference to the Classical Age was necessary and, through research, we created all the other elements to produce a co-ordinated company image. Now we’re creating the catalogue, with images of the paving and other creations from ancient times to suit the type of tool in question”.
The result? “The customer is very enthusiastic, the company’s visibility and commercial results have known no bounds, and we’re having fun. What more could one want?”.



“Chi è” Acme
Acme si è specializzata sugli aspetti più “concettuali” della comunicazione per l’impresa. Fondata da Gianluca Piroli, opera in sinergia con “l’operativa” Man Made, per assicurare un servizio completo e chiavi in mano di creazione e realizzazione di marchi, campagne, packaging, POP e altri elementi dell’immagine coordinata d’impresa e di prodotto. Suggestive la location - una vecchia cartiera della Zecca di Stato fra i ciliegi di Vignola - e la “mission” delle origini (interpretare il punto vendita come un micro-mondo capace di coinvolgere il pubblico con sensazioni forti e riconoscibili), presto integrata con quanto necessario. Sfruttando le conoscenze sui materiali e le relative tecniche di lavorazione, la società propone di volta in volta ambienti ricreati ad arte, con insospettabili spostamenti di piano e di percorso logico: espositori e mobili che sembrano fustellati di cartone ma sono di metallo; legni o oggetti invecchiati, non per imbrogliare ma per creare quel gusto “old America” tanto riuscito da fruttare (è successo in America ai punti vendita della veneta Replay!) un premio al miglior negozio in stile country; e poi ancora, termoformati che da espositori si trasformano in imballaggi a tutti gli effetti...
E l’imballaggio? È arrivato di conseguenza, punto d’approdo di una professionalità che è partita dall’advertising e si è dispiegata a tutto campo. Tramite Man Made che “produce” gli oggetti e Acme che ne “crea” il concept, sono state realizzato le cose più disparate per Mason’s, Cotton Belt, Lee, Wrangler, Replay, Ceramiche Ragno, Gianfranco Ferré, Spalding and Bros., Missoni, e molti altri. Il travaso di tecnologie e i tanti tipi di materiale lavorati sono l’arma vincente di uno staff di creativi che, svincolati dai molti limiti dell’astrazione, travasano nella fisicità del pack il gusto, l’atmosfera e i valori che caratterizzano un prodotto.




“Who is” Acme
Acme specialises in the more “conceptual” aspects of business communications. Founded by Gianluca Piroli, it works in synergy with its “operative branch” Man Made to guarantee a full service and “turnkey” solutions for the creation and realisation of brands, campaigns, packaging, POP and other co-ordinated elements of company and product image. The location - an old paper mill belonging to the State Mint among the cherry trees of Vignola - is particularly evocative and the “mission” of the origins (to interpret the point of sale as a micro-cosmos capable of involving the public with strong, recognisable sensations) is easily integrated with all that’s needed. By exploited the expertise in materials and processing techniques, this company produces artfully recreated settings each time, with surprising changes in level and logical routes: exhibition stands and furniture that appear to be cardboard cut-outs, but are in fact made from metal. Wood and antique-look objects, not to deceive, but to create that “old America” feel, so successful that (as happened in America with the outlets of the Italian Replay) they won a prize for best shop in country style. And again, thermoforms that can be converted from displays into proper packaging... And the packaging? It arrived as a matter of course, the result of professionalism starting from advertising and spreading across the board. Thanks to Man Made that “produces” the objects and Acme that “creates” the concept, a vast range of things have been created for Mason’s, Cotton Belt, Lee, Wrangler, Replay, Ceramiche Ragno, Gianfranco Ferré, Spalding and Bros., Missoni and many more besides. The transfer of technology and the many different types of materials used are the winning weapons of the team of creative designers who, freed of the many limitations of abstract art, can pour into the physical nature of the pack all the gusto, atmosphere and values that characterise a given product.