April 2002





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Biofiltration processes

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Nel 2001 i produttori si sono rivolti sempre più spesso a CP, e il trend di crescita non accenna a fermarsi.
A.O.

Nella comunità del packaging e in quella dei lavoratori del settore non manca chi si dichiara preoccupato per il calo degli investimenti; i CP, al contrario, continuano a suggellare con vigorose strette di mano una miriade di nuovi contratti con i produttori. Sembra dunque che il sodalizio fra produttori e CP sia relativamente indenne dalla recessione, e questo malgrado lo sforzo di contenimento dei costi messo in atto da molte aziende.
Più del 90% degli end user contattati ha affermato di stimare per il 2001 un volume d’affari con i CP pari o maggiore rispetto al 2000 (figura 2) e solo il 9% pensa di ridurre il ricorso all’outsourcing. Un tale ottimismo è particolarmente sorprendente se si tiene conto del fatto che lo studio è stato condotto prevalentemente nel periodo subito successivo agli attentati dell’11 settembre.
In un periodo di trend economici generali assai incerti, il settore dei CP ha mostrato chiaramente di andare controcorrente. È possibile che i CP coinvolti nello studio rappresentino una parte di settore che non ha subito i contraccolpi della recessione economica, ma resta il fatto che fra di essi più della metà (53,3%) dichiara di aver aumentato il volume d’affari nel corso del 2001.
L’ottimismo si estende anche all’anno in corso. Più dell’86% degli utilizzatori finali intervistati dichiara che il volume di affari previsto con i CP rimarrà invariato o aumenterà nel corso del 2002, mentre solo il 13% prevede un calo di commesse.
Alcune interessanti differenze sono emerse in relazione alla dimensione dell’azienda utilizzatrice finale. Nelle grandi impresse la previsione di un calo di affari con i CP è condivisa da poco meno del 12% degli intervistati, mentre nelle piccole aziende questa proiezione è espressa dal 22% degli intervistati.
Gareth Walters della fabbrica di biciclette Bellsports, di Santa Cruz (California), afferma che le vendite della sua azienda sono drasticamente diminuite nel corso dell’anno e che, in generale, il mercato delle biciclette è calato del 12%. Di conseguenza la sua azienda ha accorpato due divisioni e ha licenziato il 35% circa della manodopera. E proprio in questo momento si appresta a realizzare numerosi nuovi disegni di confezioni, riducendo invece le operazioni di packaging vero e proprio.
«Sino a tre mesi fa, in tutta la mia vita avevo progettato forse tre tipi di scatola in tutto», racconta Walters. Ma questo stato di cose è destinato a cambiare, vista la decisione dell’impresa di «realizzare al proprio interno la progettazione del packaging, soprattutto per quanto riguarda le confezioni destinate agli accessori». Il lavoro ripetitivo del confezionamento e della spedizione, invece, verrà affidato a terzi.
La stessa industria possiede un impianto anche a Rantoul (Illinois) dedicato proprio alla realizzazione di confezioni su disegno del cliente. In occasione del grosso ordine di caschi da ciclista proveniente da una grande catena di negozi sportivi, per esempio, Walters racconta che la sua impresa ha deciso di realizzare il grosso della produzione in Asia, mentre a Rantoul si svolgeranno tutte le operazioni di assemblaggio finale, confezionamento e spedizione.
«Quasi tutte le catene commerciali - spiega Walters - vogliono vendere prodotti di marca ma desiderano utilizzare le proprie confezioni. E così noi stiamo progettando di rafforzare il nostro marchio e di ridurre la commercializzazione dei più voluminosi prodotti di base». In questo cambiamento, il packaging svolgerà un ruolo importante.

Ampliare le linee di prodotti
Le ragioni per cui le aziende praticano l’outsourcing sono molte, ma una delle più importanti risiede nel desiderio di ampliare la propria linea di prodotti. Su dieci utilizzatori finali che hanno partecipato allo studio, quasi sei affermano che i loro nuovi prodotti sono confezionati dai CP.
Il dato, comunque, dipende anche dalle dimensioni dell’azienda. Tra le aziende più grandi, quasi il 71% degli intervistati ricorre ai servizi dei PC, mentre nel caso delle aziende più piccole il 55% dichiara di non aver introdotto nuovi prodotti confezionati dai CP.
Un addetto alla R&S packaging di una fabbrica di prodotti industriali, dichiara che l’impiego dei CP ha permesso alla sua azienda di integrare l’offerta con linee di prodotti altrimenti non realizzabili internamente. Il responsabile marketing di una distilleria del Midwest conferma: «servendoci dei terzisti possiamo offrire una varietà di prodotti e di confezioni molto maggiore di quella che ci consentirebbero lo spazio disponibile in azienda e le macchine di imbottigliamento già installate».
Il responsabile acquisti packaging di una grossa fabbrica di beni di largo consumo ha dichiarato che la sua azienda si serve principalmente dei CP per gli articoli promozionali e di minor volume: «ci permettono di raggiungere efficacemente il mercato con i nostri prodotti promozionali e di reagire dunque tempestivamente alle indicazioni della domanda. Inoltre impieghiamo i CP per i prodotti poco voluminosi, che sono in continuo cambiamento».
L’addetto al controllo qualità di una fabbrica di birra sostiene che la sua azienda impiega i CP perché rendono assai più flessibile l’introduzione di nuove formule di packaging. «Grazie a loro possiamo adattarci più rapidamente alle opportunità offerte dal packaging di nicchia», il tutto senza intervenire sulle grosse linee interne per la produzione degli imballaggi più voluminosi. In effetti, oltre il 75% degli intervistati concorda sul fatto che i CP permettono di accelerare l’immissione dei prodotti sul mercato rispetto ai tempi che sarebbero necessari all’azienda produttrice.
Sorprendentemente, la scelta di rivolgersi all’esterno per le operazioni di confezionamento non è frutto della sola volontà di manager e direttori di produzione (figura 3). Sembra al contrario che quasi ogni settore dell’azienda abbia voce in capitolo nella decisione di realizzare il packaging all’esterno.

La grande spinta della tecnologia
Gli intervistati affermano che la mancanza di tecnologie o competenze interne è la ragione principale (35.9%) per affidare il confezionamento ai CP (figura 4).
Nel dettaglio, quasi un terzo spiega questa scelta con la necessità di minimizzare gli investimenti preventivi, e un 12% circa è costretto a fare outsourcing per carenza di competenze professionali interne.
Tom Tompkins, responsabile per il packaging dei pezzi sciolti e di ricambio della American Honda Motors di Marysville (Ohio), valuta che nella sua azienda il problema delle competenze è cruciale. «Il motivo principale per il quale contrattiamo i CP non è tanto la mancanza di tecnologia, quanto la carenza di una competenza specifica, della quale noi non disponiamo perché non siamo specializzati nel packaging».
Per il responsabile acquisti della Welch Foods, Bill Hendricks, la tecnologia è invece un elemento della più grande importanza. «Gran parte del lavoro che deleghiamo ai CP è svolto meglio perché loro sono più competenti e dispongono di attrezzature che noi non possediamo. Spesso i loro macchinari sono di un tipo che noi non utilizziamo nelle nostre fabbriche».
Hendriks ha anche osservato che «a volte ricorriamo all’outsourcing per verificare se quella determinata tecnologia può interessarci. In sostanza facciamo dei veri e propri esperimenti per interpretare gli umori del mercato».
Questo risulta vero anche per la filiale messicana di una grande azienda alimentare statunitense. Il responsabile marketing riferisce infatti che «così possiamo acquisire nuovi mercati che richiedono una tecnologia di cui non disponiamo al nostro interno».
Due dirigenti di grandi imprese ritengono che il ricorso ai CP sia il prodotto di una combinazione di fattori. «Al momento di lanciare un nuovo prodotto i CP ci forniscono flessibilità, velocità di raggiungimento del mercato e riduzione degli investimenti», afferma un addetto alla R&S packaging di un’industria chimica. E il responsabile packaging di un produttore di articoli per la cura della persona usa praticamente le stesse parole.
Ecco ora una sorpresa: sono soprattutto (39,2%) le grandi aziende che motivano il ricorso ai CP soprattutto perché permette di ridurre gli investimenti, mentre per le piccole questo elemento è meno importante (33%).

E i costi? Non sempre vantaggiosi
Non tutti i partecipanti allo studio, tuttavia, si dichiarano favorevoli all’impiego di CP. Il responsabile packaging di un grande allevamento di pollame a Sud-Ovest degli Stati Uniti afferma che «talvolta i CP sono un male necessario». Il responsabile acquisti di un’azienda farmaceutica del Sud-Est rivela che rivolgersi ai CP «è più costoso», e aggiunge che non per questo l’azienda riesce a farne a meno.
Il problema dei costi è rilevato anche dal responsabile acquisti di un produttore di bevande del Midwest. Egli ammette che i CP garantiscono «la flessibilità necessaria per compiere rapide espansioni nel mercato, e ci danno dunque il tempo di adattare gli impianti, ma finiscono sempre per aumentare i costi rispetto a ciò che riusciamo a realizzare internamente».
Hendricks della Welch non è d’accordo. «Noi riteniamo che i PC spesso giochino a una riduzione “aggressiva” dei costi: in fondo sono altamente motivati a conservare il volume di packaging che gli assicuriamo».
Il responsabile acquisti di una fabbrica di prodotti nutrizionali del Midwest esprime invece una posizione ambivalente. «Il costo totale dell’impiego dei CP - dice - è più basso, e ci evita l’assunzione di nuovi addetti o l’acquisto di macchinari», ma l’altra faccia della medaglia è il frequente ritardo sui tempi di consegna e il fatto che «con loro sorgono sempre problemi di inventario».
Il responsabile packaging di un produttore di articoli industriali riferisce di problemi analoghi. L’impiego dei CP «ha ridotto la nostra capacità di reagire alle variazioni della domanda, perché da un lato abbiamo eliminato tutto il personale interno destinato al packaging, e dall’altro i tempi di risposta dei CP sono troppo lenti».

Un rapporto molto stretto
Sebbene alcune aziende riferiscano di avere problemi con i CP a cui si rivolgono, la maggior parte sembra invece considerarli come un’estensione del produttore.
Poco più della metà degli intervistati dichiara che l’azienda in cui lavorano ha realizzato accordi di partnership con i CP, e molte altre hanno l’intenzione in futuro di orientarsi in tal senso (figura 5). Tompkins, della American Honda, afferma che la sua azienda collabora con i CP a più livelli. «I nostri e i loro progettisti lavorano in stretta collaborazione per realizzare packaging ottimali. Alcuni dei nostri pezzi sono davvero difficili da confezionare, e noi siamo esigenti: per questo la collaborazione è così importante».
La sua azienda ha scoperto che i problemi non nascono dalle modalità di confezionamento, ma spesso sono originati da cambiamenti minimi nel disegno dei pezzi. «Abbiamo verificato che la più piccola variazione nelle specifiche del pezzo può provocare danni. Troppo spesso il CP non conosce il prodotto in modo abbastanza approfondito da poter capire che conseguenze avranno sul packaging questi piccoli cambiamenti».
Anche Bill Hendricks della Welch considera i CP come parte del proprio gruppo di lavoro. «Nella maggior parte dei casi concordiamo con i CP un vero e proprio rapporto di partnership e con queste ditte cerchiamo di raggiungere un alto livello di coordinamento su più piani».
Gli accordi di partnership o collaborazione sono decisamente più popolari presso le grosse imprese. Fra di esse il 56% ha infatti stabilito questo tipo di accordi con i CP, a fronte del 22% corrispondente alle aziende più piccole.

Un’operatività sovranazionale
Alcuni intervistati, per esempio Hendricks, affermano che le loro aziende impiegano i PC ma anche all’estero. In effetti, solo il 47% degli intervistati riferisce di lavorare con i PC solo negli Stati Uniti. Canada e il Messico sono ovviamente molto popolari per la localizzazione dei CP all’estero, ma non sono poche le aziende che si rivolgono ad Asia, Europa e altre zone.
Il responsabile acquisti di un’azienda farmaceutica internazionale caldeggia l’impiego dei CP d’oltremare. «In generale, l’impiego dei CP ci permette di introdurre più velocemente i nuovi prodotti sul mercato, prima ancora che le nostre risorse interne si siano adattate alla situazione».
Lo spostamento della produzione dagli Stati Uniti ai paesi dell’estremo Oriente è ovviamente un elemento rilevante. Un’industria di prodotti per la casa ha recentemente cambiato la propria politica per quanto riguarda i beni prodotti in Asia, ottenendo che venissero recapitati già confezionati invece che in grandi quantitativi sfusi. Dopo pochi mesi la pessima qualità del packaging proveniente dall’estremo Oriente ha costretto a rivedere la decisione, e l’azienda sta ora avviando un’importante progetto per migliorare la qualità del packaging proveniente dall’estero.
Questo tipo di problemi non si è fortunatamente presentato alla fabbrica di biciclette Bellsport. «Abbiamo deciso di affidare buona parte del nostro packaging ad aziende asiatiche, dove i pezzi sono spesso anche prodotti», afferma Walters della Bellsports, «e ora stiamo cercando di concordare un servizio chiavi-in-mano con i nostri produttori locali, che dovrebbero spedirci i pezzi già confezionati dal luogo di produzione».
Realizzato nel paese d’origine o all’estero, il CP sembra dunque particolarmente utile come agente di flessibilità in mano ai responsabili di produzione, acquisti e marketing delle industrie americane.




Let the experts do it
Exclusive survey reveals that manufacturers increasingly turned to contract packagers in 2001, and the growth continues this year. A.O.

Although many in the packaging community are wringing their hands-and their work-forces-over slowing investment, contract packagers (CPs) are busy shaking hands over new contracts with manufacturers. It appears that alliances between manufacturers and CPs remain relatively unaffected, despite efforts to cut costs by many companies.
Of the 120 end users who participated, more than 90% said their companies will be doing the same amount or more business with OPs in 2001, compared to the previous year (figure 2). In fact, just 9% reported their companies will reduce the amount of work outsourced in 2001. This optimism is particularly striking because the survey was conducted largely in the aftermath of the Sept. 11 terrorism.
While the overall economy has faltered, business with CPs is bucking that trend. It’s possible that survey participants represented companies that had been less affected by the economic downturn; slightly over half (53.3%) reported their companies’ sales increased in 2001, compared to 2000.
The optimism continues for this year too. More than 86% of end-user participants said their companies’ business with contract packagers would stay the same or increase in 2002. Only 13.3% predicted a decline in business with CPs.
There were some interesting differences, depending on company size. Fewer than 12% of respondents with large companies predicted a decline in business with CPs, but 22% of small companies felt their volumes with CPs would drop this year.
Gareth Walters of bicycle maker Bellsports, Santa Cruz, CA, said his company’s sales were flat last year. However, he reported that overall bike sales were off 12%. As a result, the company consolidated two divisions and cut about 35% of its workforce. Still, he said that the company will do more package design, while doing less packaging.
«Until about three months ago, I designed about three boxes in my entire life», Walters tells PW That’s changing as the company moves to «design in-house the best possible packaging, especially for our accessories». However, the repetitive work of loading the packages and shipping will be contracted out.
The company also operates a plant in Rantoul, IL, that focuses on custom packaging. For a new order for bike helmets with a major club store chain, Walters said, the helmets will be largely made in Asia, then shipped to Rantoul for final assembly, packaging, and shipping.
«Most retailers are following the Target brand-name approach. They want to sell brand names, but they’re demanding their own packaging», Walters explains. «So we plan to strengthen our brand and get away from commodity-type, high-volume merchandising». Packaging will play a big role in that change.

Broadened product lines
Although there are many reasons why companies outsource their packaging, one prominent one is to broaden their product line. Nearly six of every 10 end users in the survey said their companies introduced new products that are packaged by CPs.
However, this also was dependent on company size. Almost 71% of respondents from large companies said their companies introduced outsourced new products, whereas 55% of participants from small companies said their companies did not introduce new products packaged by CPs.
A packaging R&D worker for a manufacturer of industrial products said that the use of CPs has allowed her company to add products to its line that it can’t manufacture in-house. A marketing executive for a Midwest distiller said much the same. «We can offer a larger variety of products and packages through the use of co-packers», she said, «since we’re limited by our existing bottling equipment and space».
A packaging buyer for a major consumer products maker said his company primarily uses CPs for promotional and lower-volume products. «They provide an effective way to bring promotional items to the marketplace and allow us to respond quickly to marketing opportunities», he said. «Plus we use CPs for low-volume products that are constantly changing».
A quality control executive at a major brewery said that his company uses CPs for the flexibility they offer to introduce new packaging. «They
permit us to more quickly respond to market opportunities for niche packages» without affecting in-house high-volume packaging lines. In fact, almost 75% of respondents agreed that CPs help a company bring a product to market faster than doing it in-house.
Surprisingly, the decision to outsource packaging isn’t solely the province of management or production executives at manufacturing companies (figure 3). Virtually every department appears to be involved in the decision to shift packaging to outside firms.

Technology a major driver
Survey respondents say that technology or capacity unavailable in-house is the primary reason (35.9%) their companies outsource packaging to CPs (figure 4).
However, nearly a third point to minimizing upfront investment, and about 12% outsource because their companies don’t have in-house the appropriate worker skills.
Tom Tompkins, a parts packaging executive for American Honda Motors, Marysville, OH, said the skills issue is crucial at his company. «Our primary reason for using contract packagers isn’t so much technology. We’re not a packaging company, so contract packagers provide a skill we don’t need to have in-house», he said.
Technology is definitely important for Welch Foods purchasing executive Bill Hendricks. «A lot of our work with contract packagers takes advantage of that company’s capability that we simply don’t have. Often it’s equipment that we don’t employ in our plants», Hendricks said from Welch’s Concord, MA, headquarters.
«Sometimes, we outsource to determine whether that technology is a direction we need to look at. So, often these arrangements are really kind of tests to gauge the market», Hendricks added.
Much the same is true for the Mexican subsidiary of a major U.S. food manufacturer. The company’s marketing executive said his company «has been able to enter new markets that require technologies that we don’t have in-house».
Two executives at major corporations see a combination of factors in outsourcing of packaging. «Contract packagers provide flexibility, speed to market and reduced capital investment when we launch a new product», said a packaging R&D worker for a major household chemical. Nearly the same words were used by a packaging executive for a national personal care maker.
One surprise here: more large companies (39.2%) said they used CPs primarily to minimise upfront investments than did small companies
(33%).

Economics not always favorable
Not all the survey participants are positive about using contract packagers. A packaging executive for a large Southwest poultry company said «contract packagers are sometimes a necessary evil». A purchasing official for a Southeast pharmaceutical company said that the use of CPs «is more costly» and added that his company «is stuck with them».
The issue of economics was also on the mind of a buyer for a Midwest beverage producer. He conceded that CPs offer «flexibility to ramp up quickly allowing your own plants to catch up». But, he said «the cost always turns out higher than what we could do internally».
Welch’s Hendricks doesn’t agree. «We think that contract packagers are often more “aggressive” about costs. There’s certainly a motivation from outside companies to retain your packaging volume», he said.
A purchasing executive for a Midwest nutritional al products maker is ambivalent. The use of CP cuts «total dollar outlay, and we don’t have to hire additional employees or buy more equipment», he said. However, he growled, CPs rarely deliver on time «and we always seem to have inventory issue with them».
A packaging executive for an industrial product maker experienced similar problems. The use of CPs «reduced our ability to respond to surges in demand because we eliminated in-house packaging personnel», he reported. «Contract response timer-are too slow to respond to market opportunities».

Close relationships
Despite those companies that had experience problems with CPs, most survey respondents see contract packagers as extensions of their companies flies.
Slightly more than half of all respondents say their companies have established partnership arrangements with CPs, and more plan to do so in the future (figure 5). Tompkins of America Honda said his company works at many levels with the CPs. «We especially work closely with their engineering design people. Our engineers work closely with their engineers in developing optima packages. We have many difficult parts to package and we have high expectations.
That’s why partnerships are so critical».
His company has found that problems can often be traced to subtle changes in part design, rather than package failures. «We’ve found that a slight change in the part specification can create damage. Too often, the contract packager doesn’t know the part well enough to question small changes».
Bill Hendricks of Welch’s also sees CPs as part of the team. «We definitely establish partnerships with our contract packagers most of the time», he said. «We maintain close coordination with these companies on several levels».
Partnering is definitely more popular among the larger companies. Some 56% of them have established partnerships with CPs; only 22% of smaller companies say the same.

International role, too
Some respondents like Hendricks say their companies work with CPs around the world, not just domestically. In fact, only 47% of respondents report working with CPs exclusively in the United States.
Although Canada and Mexico are popular locations for CPs, Europe and Asia are other locations that were frequently identified.
A purchasing official with an international chemical company supported the use of CPs overseas. «Globally, the use of CPs permit a more rapid market entry for new products before internal resources are capable of being brought onstream», he noted.
The shift of manufacturing from the United States to the Far East is also a factor. One household product manufacturer recently shifted from receiving goods in bulk to having the products prepackaged overseas.
After a few months of receiving products from the Far East unacceptably packaged, the company now has a critical project to improve the packaging performance.
Fortunately, that hasn’t been a problem for bicycle maker Bellsports. «We’ve transitioned a good deal of our packaging to Asia, where many of the parts are actually manufactured», said Bellsports’ Walters. «We’re dealing with manufacturers that provide a turnkey service, sending us prepackaged parts that they’ve manufactured».
Whether done here or overseas, contract packaging appears to have become another very adjustable wrench in the toolboxes of production, purchasing and marketing executives of U.S. manufacturers.