November/December 2002





Mixx, ovvero…
Mixx, in other words…
Un premio al cartoncino creativo
A prize to creative cardboard

Notizie dalla Russia
News from Russia

Confezionare per la chimica
Packaging for chemicals

Sensory Science per l'imballaggio
Sensory Science for packaging

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Pharma at the crossroads

Quando l'imballaggio è di plastica
When the packaging is plastic

Chiusure d'acciaio
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Il 2003 inizia dalla frutta
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Furti nel retail
Retail theft

Cosmo-farma all'italiana
Italian cosmetics and pharmaceuticals

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Le PAA non sono più un problema
PAAs are no longer a problem

L’offset nella stampa di etichette
Offset in label printing technology

La qualità si fa linea
The quality is in line

Segnali per l’automazione
Automation signals

M&M News








Il mercato russo di materiali, prodotti e macchine per l’imballaggio cresce e cambia fisionomia, richiedendo un maggiore radicamento sul territorio e più capacità di servizio. L’ICE vi ha dedicato uno studio ponderoso*, che ne evidenzia caratteristiche e orientamenti, opportunità e barriere. E mostra come si muove una concorrenza sempre più agguerrita.
A cura della redazione

Nonostante l’opportuna prudenza espressa dal suo Governo sulle prospettive a breve, la Russia si sta risollevando dalla grave crisi del ’98 e, in controtendenza rispetto alla generale “riflessione” delle economie mondiali, cresce in maniera vistosa. In questo momento storico, i settori trainanti sono principalmente l’agroalimentare e l’industria leggera (abbigliamento e calzature, elettrodomestici, cosmetica e profumeria), ma anche edilizia, chimica, vetro-ceramica, legno e carta. E l’imballaggio cresce di conseguenza, alimentando il flusso di importazioni di materiali e macchine, provenienti soprattutto da Germania, Italia e Paesi scandinavi.

Un Paese che cambia
Queste, a grandi linee, le premesse da cui è partito il dettagliato lavoro di ricerca dedicato dall’Istituto Nazionale per il Com mercio Estero-ICE al mercato russo del packaging, che evidenzia grandi opportunità di business, in particolare per gli esportatori di cui è riconosciuta l’eccellenza (l’offerta della nascente industria locale, infatti, è per ora considerata di norma qualitativamente inferiore).
Ma, soprattutto, lo studio delinea un importante mutamento di prospettiva, destinato a condizionare in maniera sensibile la competizione in quell’area: il passaggio dalla dimensione commerciale a quella degli investimenti di linee produttive in loco (e non più solo a Mosca e San Pietroburgo, ma anche in Siberia e in altre regioni emergenti).
L’iniziativa, in questo senso, è soprattutto dei grandi produttori tedeschi e scandinavi, tuttavia sono in gioco anche le istituzioni finanziarie internazionali, che stanno investendo nello sviluppo di imprese locali. Esempi eloquenti sono costituiti dal recente finanziamento di 60 milioni di dollari, stanziato dalla statunitense Can-Pack per la costruzione di una linea per lattine d’alluminio nella regione di Leningrado, e dai 35 milioni destinati dalla finlandese Stora-Enso alla produzione in loco di cartone ondulato per imballaggio. Ma anche dai 27,2 milioni investiti dalle finlandesi OI Finnish e Karulan OY (in realtà appartenenti al gruppo americano Owens) in una fabbrica di produzione di bottiglie per birra a Novgorod. Per il mondo del converting, infine, si segnala lo stanziamento di 11 milioni approvato a fine luglio dalla Bers (Banca europea per la ricostruzione e sviluppo) per il potenziamento della capacità produttiva della Polygrafoformlenia di San Pietroburgo (imballaggi stampati), che fra l’altro annovera fra i propri azionisti due fondi di investimento statunitensi.
Nei prossimi anni, dunque, gli esportatori italiani saranno impegnati a contrastare non solo la normale concorrenza commerciale di europei e americani, ma anche quella in via di sviluppo di produttori locali controllati - parzialmente o interamente - da investitori e produttori occidentali.
Questa (sottolinea nelle conclusioni l’estensore della ricerca, Sergio Rossi) costituisce la vera sfida per gli imprenditori italiani, senza dimenticare che la riconquista di quote da parte dell’Italia (soprattutto nel campo delle macchine, dopo che nel ’99 ha ceduto la leadership alla Germania) resta condizionata dalla capacità delle imprese a stabilire una presenza capillare sul territorio e un adeguato servizio post-vendita. Interessante, al riguardo, il potenziamento della rete di grossisti e distributori a Mosca e San Pietroburgo, mentre il settentrione e la periferia orientale della Federazione restano assai meno coperte.
D’obbligo, infine, il cenno allo storico “svantaggio” delle imprese italiane sul piano del credito commerciale e corrispondente copertura assicurativa (anche se negli ultimi tempi sono stati resi operativi alcuni accordi interbancari italo-russi e il gruppo Intesa Bsi ha annunciato l’apertura di una filiale operativa a Mosca), e alla necessità di sforzi ulteriori sul piano promozionale e della comunicazione.

Struttura e prospettive del mercato
La contrazione dell’import
"Riteniamo importante, per l’operatore che vuole agire sul mercato russo, avere un’idea della dimensione reale, espressa in termini valutari, del settore dei beni di consumo, prima e dopo la crisi del 1998. Secondo le nostre stime, il suo effetto principale (nel 1998-99) è stato di far contrarre il mercato del 54-55%, ovvero da 152 a 72 miliardi di dollari, di cui da circa 75 a 34 miliardi di dollari per i prodotti alimentari e da circa 78 a 38 miliardi di dollari per i beni di consumo durevoli". Così esordisce l'ICE nel capitolo della ricerca dedicato ai consumi, di cui riprendiamo alcune informazioni di base (Nota Bene: d'ora in poi i valori sono espressi in dollari, salvo diversa indicazione).
Innanzitutto la prevista ripresa del 2000 non è stata così consistente come ci si attendeva e, nel 2001, i consumi erano ancora al 70% rispetto ai livelli 1997; occorreranno dunque ancora un paio d’anni per un riequilibrio pieno.
Un secondo grande effetto della crisi è stato lo sviluppo della produzione nazionale di beni di consumo e la contemporanea diminuzione dei prodotti importati, divenuti troppo cari. Ma già dal ’99 l'import ha ripreso a crescere, anche se i dati ufficiali più recenti rivelano che l’importazione di prodotti alimentari non supera tuttora il 30% annuo medio dei livelli pre-crisi.

La spesa del ceto medio
Riferendo le stime di Expert sul mercato dei beni di consumo in Russia (oltre 100 miliardi), lo studio ICE riporta previsioni di sviluppo dei consumi per i prossimi cinque anni.
I settori più promettenti risultano i seguenti:
• alimentare - costituisce il 22,7% delle spese della classe media che per il cibo investe oltre 27 miliardi, di cui 4 in ristoranti e caffè. Le previsioni per il 2006 sono di una spesa totale di 37 miliardi, di cui 6-7 fuori casa;
• articoli d’uso quotidiano - rientrano in questa categoria cosmetici, profumi, prodotti per l’igiene personale, farmaci, cassette audio/video, giornali. Attualmente assorbono il 13-14% delle spese, pari a 12-15 miliardi all'anno che potrebbero diventare più di18 nel 2006;
• abbigliamento e calzature - i russi amano il vestire e un esponente della classe media spende per gli articoli di abbigliamento e calzature 430$ l’anno, alimentando un mercato da 10-13 miliardi (2001). Le donne “investono” circa il 12,5% più degli uomini e i giovani fino a 30 anni il 18% in più degli over 42. Se tutto va come da previsioni, nei prossimi cinque anni la domanda di abbigliamento crescerà almeno del 30% arrivando ai 13-17 miliardi, che diventeranno 16-20 contando i nuovi membri della classe media;
• oggetti e articoli per la casa - per mobili, elettrodomestici, PC, ecc. la famiglia russa borghese tipica spende circa mille dollari all’anno (9% del totale). Si prevede che questo mercato, che ora vale 10 miliardi, cresca con un ritmo del 7-8% annuo raggiungendo nel 2006 i 14 miliardi;
• divertimenti - teatro, cinema, bowling, birreria, saune, turismo ecc. costano alle famiglie russe poco più di 40 dollari al mese, ovvero 5 miliardi l’anno. Tenendo conto delle differenze fra cittadini e provinciali, questo mercato risulta più ristretto (3-4 miliardi), pur essendo valutato come importante e ricco di prospettive. Nel 2006 potrebbe valere 14-18 miliardi, di cui 9 per turismo e tempo libero;
• istruzione - i russi vi dedicano il 5% delle proprie entrate (500$ l’anno); le donne spendono più degli uomini; i giovani il 30% più dei meno giovani e i moscoviti fanno categoria a sé, con un esborso medio superiore del 40% rispetto alle altre regioni. Si tratta di un mercato destinato a crescere dagli attuali 2 a 4 miliardi;
• servizi sanitari - per ora non assorbono che 4-5 miliardi ma, con tutta probabilità, nel 2006 arriveranno a 7;
• immobili - anche se solo il 7% dei russi della classe media può oggi permettersi una casa, la spesa globale si aggira intorno agli 8-10 miliardi; tuttavia nel 2006 la cifra salirà a 14-15 miliardi;
• automobili - solo il 28% dei cittadini della classe media non ha difficoltà ad acquistare automobili, per le quali spendono 5-6 miliardi. Nel 2006 la cifra salirà a 8-10 miliardi.

I materiali e prodotti di imballaggio
La produzione interna
Nel 2000 e 2001 in Russia quasi tutte le produzioni di materiali per imballaggio - plastica e a base cellulosica - hanno registrato vari aumenti, anche se con ritmi più modesti rispetto al 1999. Solo nel primo semestre 2002 alcune voci (per esempio PE, PP e pellicole polimeriche) hanno registrato un calo, rispettivamente del 2, 4, 5 e 9,6%.
In particolare, nel 2001 la produzione di resine e plastiche è aumentata del 5,8%, con punte massime nel polistirolo (+13,9%), PP (+12,6%, anche grazie alla presunta “ecologicità”), PVC e materiali vetroplastici (+17,3%). I materiali che mostrano l’incremento maggiore sono il PP, più che raddoppiato rispetto al 1997 e le pellicole polimeriche (+95,7%).

Le importazioni
Analizzando l’import di materiali e imballaggi finiti, fra le varie voci considerate dallo studio ICE, troviamo gli imballaggi di carta e cartone che, dopo il calo del 1999 (-27,6%), hanno ripreso a crescere. La Germania è il primo paese esportatore, anche se con una quota 2001 lievemente inferiore al ‘98 (18,1% contro il 22,0%), mentre l’Italia nel ‘98 deteneva il 5,8% del mercato e nel 2001 l’1,5%. Qualche indicazione utile viene anche da un’analisi del commercio di PE e PP, in quanto impiegati nella produzione di film e imballaggi flessibili. Nel 2001 le importazioni di PE sono aumentate del 38%: principale fornitore è la Bielorussia (62,6 milioni di dollari in valore), seguita da Canada, Finlandia, Germania e Francia. L’Italia è passata dallo 0,2% del 1997 allo 0,99% del 2001 (in valore 1 milione di dollari). Per quanto riguarda il PP - la cui produzione in Russia è in continuo aumento - nel 2001 si è registrato un incremento del 42,1%. La Finlandia è il primo esportatore (23,1% del mercato), seguita da Belgio (22,9%) e Ucraina (22,6%). In questo segmento l’Italia esporta solo per 593 mila dollari.
Esaminando, poi, i dati relativi ai componenti per imballaggio veri e propri - rubricati con il codice doganale 3923, fra cui figurano anche sacchi e sacchetti - si vede che l’Italia, un tempo primo esportatore di articoli di plastica, sia oggi di molto superata da Bielorussia e Polonia, rispettivamente con il 23,5 e il 12,8% del mercato, passando al settimo posto (-74,3% rispetto al ‘98 e -24,7% rispetto al 2000.
Infine, l’importazione di bottiglie, flaconi, ampolle, tappi e coperchi di vetro (codice doganale 7010) nel 2001 vede l’Ucraina primo paese fornitore con il 20,7% del mercato (20,4 milioni), seguita dalla Polonia con il 19,3% (18,9 milioni) e dalla Finlandia con il 14,8% (14,5 milioni). L’Italia deteneva invece solo l’1,1% delle quote, con vendite per 1,1 milione di dollari.

Macchine per il confezionamento
La produzione interna
Pur in mancanza di dati organici sulla produzione di macchine per imballaggio e confezionamento in Russia, è possibile effettuare induzioni sensate osservando l’andamento dei maggiori comparti utilizzatori, agroalimentare e chimico in testa, rivitalizzati dal freno all’import generato dal rincaro dei prezzi. Se ne evince innanzitutto una relativa tenuta del comparto alla crisi del ’98, testimoniata dall’immediata ripresa divenuta slancio nel 2001 (fermo restando alcuni distinguo per alcuni comparti).
In secondo luogo, si evidenzia che la reale capacità produttiva dell’industria russa in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, non sembra in grado di soddisfare la domanda, attuale e soprattutto potenziale, dei prossimi anni.
Nel periodo in esame, la crescita della domanda di imballaggio da parte dei vari settori di utilizzo è stata soddisfatta prevalentemente con la ripresa delle importazioni di macchinari, soprattutto tedeschi e italiani, con la nascita di nuove imprese di piccole e medie dimensioni, e con l’avvio del riorientamento produttivo e della modernizzazione delle aziende più vecchie.

Gli operatori diretti
Secondo i dati 2001, nella Federazione vi sono almeno 800 operatori nel campo delle macchine e materiali per imballaggio, soprattutto per l’industria alimentare. Di questi, almeno un quarto sono produttori e un altro quarto sono rappresentanze commerciali straniere e/o imprese miste, in particolare di Germania, Italia, Svizzera, Stati Uniti, Olanda, Svezia e Gran Bretagna.
Circa i due terzi dei fabbricanti sono dislocati nella parte centrale del Paese, e di questi oltre la metà è concentrata a Mosca e dintorni, mentre San Pietroburgo e il Nord-Ovest, che occupano il secondo posto nella classifica interna del settore, appaiono assai distaccati. Negli Urali e in Siberia Occidentale si trovano almeno 110 aziende commerciali e produttive, ovvero il 12-14% del totale, ma altri territori, per esempio la zona del Volga e l’Estremo Oriente russo, rimangono fortemente scoperti, pur ospitando importanti industrie alimentari, come quella del pesce a Vladivostok.
Considerando i singoli segmenti del comparto imballaggio, spicca fra gli altri la vivacità del settore etichettatrici, al servizio di un mercato che dal 1998 al 2002 è passato da 20 milioni a 60 milioni di m2, trainato dall’industria alimentare, della detergenza e dei liquori. Forte l’import, soprattutto dall’Europa occidentale, Turchia e Sud-est asiatico.

Le importazioni
Come già accennato, dopo la crisi del ’98 l’import di macchine da imballaggio ha subito una drastica flessione (seppur più contenuta rispetto ad altri comparti) ma da alcuni anni mostra una generale ripresa. Torna così a rappresentare una voce di bilancio importante, che vede l’Italia contendere alla Germania il primato di Paese fornitore, in una gara di eccellenza che ci vede “secondi in rimonta”.
In generale, nella struttura dell’import di settore, i macchinari per imballaggio e incartamento - impiegati soprattutto nell’industria dell’abbigliamento, elettrodomestici, ecc. - hanno gradualmente aumentato il proprio peso rispetto alle macchine di riempimento e imbottigliamento (destinate soprattutto all’industria alimentare, farmaceutica e cosmetica) fino a coprire nel 2001 il 50% del totale. L’Italia, in questo senso, risulta al secondo posto dopo la Germania, con il 29,4% del mercato, a sua volta seguita dalla Svezia.
Gli esportatori italiani perdono invece quote nelle macchine per la lavorazione della carta, dove la nostra industria è passata dal 17% del 1997 all’8,7% del 2001, pur presidiando un onorevole quinto posto dopo Germania, Francia, Svizzera e Finlandia. Nel vicino comparto delle “macchine per imballaggio e incartamento” (codice doganale 844130) il paese leader è la Francia con quasi metà del mercato; l’Italia è all’ottavo posto con lo 0,4% e un trend negativo (-33,9% nel 2000 e -77% nel 2001).
Infine, nel riempimento, etichettatura e affini (codice doganale 842230) Germania e Italia insieme detengono il 72,6% del mercato, ma anche in questo caso con un andamento divergente (l’Italia ha registrato un calo del 4,4% e la Germania una crescita del 49%). Anche il terzo paese leader, la Svezia, ha chiuso il 2001 con un andamento molto positivo (+28,7%), come peraltro tutti i primi 15 Paesi esportatori.

* “Il mercato russo delle macchine e materiali per imballaggio” è uno studio dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero-ICE e la sua versione integrale può essere richiesta all’ICE di Roma (dr.ssa Landi/dr. Cipollini, fax 06 59926855; [email protected] oppure [email protected]). Il costo è di 25,00 Euro per la versione cartacea e di 15,00 Euro se scaricata dal sito www.ice.it.


News from Russia
The Russian market for packaging materials, products and machinery is growing and changing shape, demanding greater root-level coverage of the territory and better service capabilities. The Italian Institute for the Promotion of Foreign Trade has dedicated a lengthy look* to this market, pointing out the characteristics and directions, opportunities and barriers. And it shows how the competition is getting fiercer.
By the editorial staff

In this delicate phase where most economies are suffering a downturn, some markets are even enjoying considerable growth. This is the case with Russia, that, despite the fitting prudence of its government on the short-term, is picking itself up again after the great crisis of ’98. The driving sectors are mainly agrofood and light industry (clothing and footwear, household appliances, cosmetics and perfume), but also include the building industry, chemicals, glass-ceramics, wood and paper. And packaging is growing consequently, feeding the inflow of materials and machines, for the most part from Germany, Italy and the Scandinavian countries.

A country that’s changing
This broadly speaking lays out the premises from which the detailed research work carried out by the Italian National Institute for Foreign Trade - ICE - on the Russian packaging market starts out. This profiles a situation that offers great opportunities for business, in particular for exporters whose excellence is fully recognised (the product offer of the fledgling local industry is for now considered to be of inferior quality).
But aboveall the study traces out an important change in prospects, liable to considerably condition competition in this area: the passing over from the commercial dimension to that of investment in production lines in situ (and not only in Moscow and St. Petersburg, but also in Siberia and in other emerging regions). The undertaking aboveall involves the large German and Scandinavian producers, all the same the large international financial institutions have also been brought into play. These are investing in the development of local concerns.
Eloquent examples can be seen in the recent funding of 60 million dollars provided by Can-Pack of the USA for building an aluminium can line in the region of St. Petersburg and 35 million dollars provided by Stora-Enso of Finland for local production of corrugated cardboard for packaging. Then there are the 27.2 million dollars invested by OI Finnish and Karulan OY of Finland (in realty belonging to the American group Owens) in a beer bottle production site in Novgorod.
An example covering converting seen close to is constituted by the recent funding of 11 million dollars approved at the end of July by the European Bank for Reconstruction and Development (Bers), for boosting the production capacity of Polygrafoformlenia of St Petersburg (printed packaging), that actually includes two US investment funds among its shareholders.
At any rate in the coming year Italian exporters will not only have to contrast the normal European and American competition, but also that under development of local producers controlled partially or entirely by western investors and producers.
This (Sergio Rossi, who drew up the report, underlines in its conclusion) stands as the true challenge facing Italian entrepreneurs, without forgetting the fact that Italy’s hope of winning back shares of the market (aboveall in the field of machinery, after it ceded the leadership in ’99 to Germany) are conditioned by their companies’ capacity to establish a capillary presence on the ground, this along with an adequate post sales service. Interesting on this count the strengthening of the network of wholesalers and distributors in Moscow and St. Petersburg, while the north and the eastern parts of the Federation are a lot more thinly covered.
Summing up, one has to consider the traditional handicap of Italian companies, limited commercial credit and the corresponding insurance coverage (even if in recent times some Italian-Russian interbanking agreements have become operative and the Intesa Bsi group has announced it is setting up a branch in Moscow) along with the need for further efforts on the promotional and communication side of things.

Market structure and outlook
Downturn in imports
«For the operator who wants to work on the Russian market, we believe it’s important that he have some idea of the actual size - in monetary terms - of the consumer goods sector before and after the recession of 1998. According to our estimates, its main effect (in 1998-99) was to shrink the market by 54-55%, i.e. from 152 to 72 billion dollars, then from about 75 to 34 billion dollars for food products and about 78 to 38 billion dollars for durable goods». So the Italian Institute for the Promotion of Foreign Trade explains in the chapter of its study dedicated to consumption levels, which provides us with some basic data (NB: all values below are expressed in dollars, unless otherwise indicated).
First and foremost, the revised 2000 forecast wasn’t as true as we’d expected and consumption levels in 2001 were still only 70% of 1997 levels; another couple of years will be needed yet to regain a proper balance.
Another major effect of the crisis has been the development of the national production of consumer goods and the drop in imported products at the same time, now too expensive. But imports did actually start to pick up back in ‘99, even though the most recent official data point to the fact that imported food products still doesn’t account for more than 30% mean average of pre-crisis levels.

Middle class spending habits
According to expert estimates for the consumer goods market in Russia (worth more than 100 billion), the study carried out by the Italian Institute for the Promotion of Foreign Trade forecasts a growth in consumption over the next five years.
The most promising sectors are the following:
• food - representing 22.7% of middle class spending, investing more than 27 billion in food (4 in restaurants and bars). The forecasts for 2006 are for total spending of 37 billion, with 6-7 on eating out;
• everyday products - this category includes cosmetics, perfumes, personal hygiene products, drugs, audio/video cassettes, newspapers. Currently accounting for 13-14% of spending, worth 12-15 billion a year, possibly becoming more than 18 in 2006;
• clothing and shoes - Russians love clothing and a member of the middle class spends an average of $ 430 a year on clothing and shoes, thus feeding a market that’s worth 10-13 billion (2001). Women “invest” about 12.5% more than men and young people up to the age of 30 years some 18% more than the over 42. If the forecast is correct, demand for clothing should increase by at least 30% over the next five years to reach a value of 13-17 billion, a figure that becomes 16-20 taking into account the new members of the middle class;
• objects and items for the home - the typical middle-class Russian family spends about a thousand dollars a year (9% total spending) on furniture, household appliances, PCs etc. It’s envisaged that this market - that’s now worth 10 billion - will grow at an annual rate of 7-8% to reach 14 billion in 2006;
• entertainment - theatre, cinema, bowling, pubs, saunas, tourism, etc., cost Russian families just over 40 dollars a month, i.e. 5 billion a year. Taking into account the differences between city dwellers and country folk, this market is narrower (3-4 billion), while still being an important with good prospects. It could be worth about 14-18 billion in 2006, with tourism and leisure accounting for 9 billion;
• education - Russians dedicate about 5% of their income ($ 500 a year) on this; women spend more than men; young people some 30% more than the not-so-young, while Moscovites form a separate category, with average spending some 40% more than in other regions. This is a market that’s bound to grow, from the current 2 to 4 billion;
• health services - not worth more than 4-5 billion at present, but this figure could easily reach 7 by 2006;
• property - even if just 7% of middle-class Russians can afford to buy their home today, overall spending is worth about 8-10 billion; this figure should rise to 14-15 billion in 2006;
• cars - only 28% of middle-class families can easily afford to buy a vehicle, spending 5-6 billion. This will become 8-10 billion in 2006.

Packaging materials
and products

Domestic output
In 2000 and 2001 nearly all the production of packaging material in Russia - plastic and cellulose-based materials - saw varying levels of growth, even if the rate was less spectacular than in 1999. In the first six months of 2002 alone some items (e.g. PE, PP and polymer films) actually saw a fall of 2, 4, 5 and 9.6% respectively.
More specifically, the output of resins and plastics in 2001 increased by 5.8%, with the highest growth for polystyrene (+13.9%), PP (+12.6% - thanks also their presumed “eco-friendliness”), PVC and plastic resins (+17.3%). The materials that have seen the greatest rises are PP,(more than double the 1997 figure) and polymer films (+95.7%).

Import
Analysing the materials and finished packaging market, among the various listings covered in the ICE study one has paper & cardboard packaging, that after the drop in 1999 (-27.6%) is once again experiencing an upswing. Germany is the first exporting country, even if the 2001 rate is slightly below that of ’98 (18.1% against 22.0%), while in ’98 Italy had 5.8% of the market and in the year 2001 only 1.5% .
Some useful indications also come from the analysis the trade of polyethylene and polypropylene, inasmuch as used in the production of film and flexible packaging etc. In 2001 the imports of PE increased 38%: main supplier Belarus (62.6 million dollars in value), followed by Canada, Finland, Germany and France. Italy went from the 0.2% of 1997 to the 0.99% of 2001 (to a value of 1 million dollars).
As far as PP is concerned - the production of which is continuously increasing in Russia - in 2001 an increase of 42.1% was registered. Finland is the prime exporter (23.1% of the market), followed by Belgium (22.9%) and Ukraine (22.6%). In this segment Italy only exports for 593 thousand dollars.
Finally, taking a look at the figures concerning packaging components true and proper - listed with customs code 3923, that also include large and small bags - it can be seen that Italy, at one time prime exporter of plastic articles, has now been completely overtaken by Belarus and Poland, respectively with 23.5 and 12.8% of the market, Italy now having been pushed back to seventh place (-74.3 compared to ’98 and -24.7% on the year 2000).
Finally, 2001 imports of bottles, flacons, jugs, caps and glass lids (customs code 7010) saw the Ukraine as the most important supplier with 20.7% of the market (20.4 million), followed by Poland with 19.3% (18.9 million) and the Finland with 14.8% (14.5 million). Italy holds just 1.1% of the market, with sales valued at 1.1 million dollars.

Packaging machines
Domestic output
Although no specific data are available for the production of packaging and packing machinery in Russia, it’s possible to get some credible ideas by observing the trends in the main sectors of users, with agro-food and chemicals in first position, receiving new life thanks to the slowdown in imports as a result of higher prices. First of all, the sector has managed to hold steady despite the crisis of ‘98, as proved by the immediate upturn, which turned into a boom in 2001 (apart from a few exceptions in certain segments).
Then there’s the fact that the real output capacity of the Russian industry in quantitative terms, but especially qualitative terms, doesn’t appear to be able to satisfy the current and especially the potential demand of the next few years.
During the period in question, growth in the demand for packaging from the various sectors of use has been mainly satisfied by increased imports of machinery, especially from German and Italian manufacturers, with the setting-up of new small and medium-sized companies and the introduction of production reorientation and modernisation on the part of the older firms.

Direct operators
According to 2001 figures, the Russian Federation numbers at least 800 operators in the field of machinery and materials for packaging, especially for the food industry. Of these, at least a quarter are producers and another quarter commercial representatives of foreign firms and/or mixed enterprises, especially from Germany, Italy, Switzerland, the US, Holland, Sweden and Great Britain.
About two thirds of the manufacturers are found in the centre of the country, with more than half of these in and around Moscow, while St. Petersburg and the North-West - second in terms of the internal classification for this sector - are somewhat behind. The Urals and Western Siberia have at least 110 commercial and productive companies, i.e. some 12-14% of the total, but the other territories (e.g. in the Volga area and the Russian Far East) are still very poorly served, while hosting many important food industries, such as the fish industry in Vladivostok.
When one looks at each segment of the packaging industry, the dynamism of the labeling sector is very striking, serving a market that has gone from 20 million in 1998 to 60 million m2 in 2002, driven by the food, detergents and spirits industries. Imports are high, especially from Western Europe, Turkey and South-East Asia.

Imports
As already mentioned, after the recession in ‘98, imports of packaging machines dropped dramatically (even if the fall was less than in other sectors), but there have been signs of a general pick-up over recent years. Imports are thus once again an important item in the balance sheet, with Italy fighting it out with Germany as the main supplier, in a competition of excellence, where Italy is behind, but definitely “catching up”.
In general, in the structure of imports in the sector, packaging and wrapping machines - used aboveall in the clothing, household appliance industries etc - have gradually increased their weight compared to filling and bottling machines (aboveall destined for the food, pharmaceutical and cosmetics industries) up to covering 50% of the total in 2001. Here Italy is in second place after Germany, with 29.4% of the market, in turn followed by Sweden.
Italian exporters though are losing out in terms of their share of paper processing machines, where the Italian industry went from 17% in 1997 to 8.7% in 2001, all the same presiding over and honorable fifth place behind Germany, France, Switzerland and Finland.
In the closely related segment of “packaging and wrapping machines” (customs code 844130) the leading country is France with nearly half of the market; Italy is in eighth place with 0.4% in an ongoing downtrend (-33.9% in 2000 and -77% in 2001). Lastly, in filling, labeling and similar activities (customs code 842230) Germany and Italy detain 72.6% of the market, but here too showing different trends (Italy has seen a drop of 4.4% and Germany a growth of 49%). The third lead country, Sweden, also closed 2001 in an uptrend (+28.7%), like all the other 15 leading exporting concerns.

* “The Russian packaging machines and materials market” is a study made by the Italian Institute for Foreign Trade-ICE and the complete study can be requested from the ICE, Rome (dr.ssa Landi/dr. Cipollini, fax 06 59926855; [email protected] or [email protected]). The cost is Euro 25,00 for the paper-based version and Euro 15.00 if downloaded from the ICE site www.ice.it.



I trend dell’economia (cosa serve sapere)
Sulla base dei risultati economici e finanziari del primo semestre 2002, resi noti dalle autorità ufficiali, è possibile tracciare un quadro abbastanza realistico dell’andamento attuale e degli sviluppi per il 2003 dell’economia russa. Dallo studio ICE riportiamo, in estrema sintesi, le principali informazioni.


• Nel primo trimestre 2002 il Pil è cresciuto del 3,5% rispetto al 4,8% dell’analogo periodo 2001, e l’anno dovrebbe chiudersi fra un minimo del +3,6% e un massimo del +4,1%. Analoghi i tassi di sviluppo previsti per il 2003.
• Quasi tutti i settori industriali hanno rallentato lo sviluppo rispetto al 2001 ma stanno riprendendo velocità. I più dinamici sono metallurgia non-ferrosa, l’industria alimentare, combustibili (petrolio, gas e carbone), vetro-ceramica e materiali per l’edilizia che, insieme, coprono oltre il 43% della produzione industriale nazionale. Ancora dinamico, malgrado un vistoso rallentamento, è stato inoltre il settore poligrafico (+3,9%), mentre denunciano uno sviluppo modesto chimica e petrolchimica, legno, carta e cellulosa, metalmeccanica, metallurgia ferrosa, industria leggera. In negativo l’energia elettrica, l’industria molitoria, la medicina e la farmaceutica.
• Ancora deludente, rispetto alle previsioni, il tasso di investimenti (+1,8%) che, verosimilmente, potrebbe assestarsi a fine anno attorno a un 3,5-4%, valutato come insufficiente per sostenere l’accelerazione dell’economia nel prossimo biennio. Una buona parte di essi, soprattutto esteri, va a sostegno del settore alimentare, a sua volta collegato alla ripresa dell’agricoltura sostenuta da una radicale liberalizzazione della compravendita (per ora ancora preclusa ai cittadini stranieri).
• La domanda interna costituisce il principale motore di crescita. Nel primo semestre 2002 il commercio al minuto è salito dell’8,4% e dovrebbe mantenere una media di poco inferiore per tutto l’anno. L’aumento dei consumi è collegato alla crescita dei redditi reali della popolazione: il 2002 chiuderà fra il +6 e il +7%, e il 2003 verosimilmente non scenderà sotto il 5-6%.
• Resta il problema inflazione, prevista al 14% (contro il 18,6% del 2001) e che invece salirà ancora. Soltanto nel 2003 si potrà scendere a un 10-12%. In ogni caso, con l’aumento del salario medio da lavoro dipendente si amplierà anche la “classe media”.
• Dopo l’attivo del 2001 (3,3% del Pil), anche nel 2002 la finanza pubblica dovrebbe restare in equilibrio (1,1% del Pil, previsto in calo nel 2003). I proventi dall’esportazione di energia, soprattutto petrolio, dovrebbero consentire un saldo attivo della bilancia commerciale di almeno 40 miliardi di $ a fine 2002 (che scenderanno nel 2003). La tendenza è comunque verso un calo dell’export e un aumento dell’import, soprattutto dai paesi industrializzati.
• Il rublo si è mantenuto stabile anche nei primi sei mesi del 2002 ma in realtà, considerando l’inflazione, ha continuato a rafforzarsi sul dollaro, penalizzando le esportazioni.
• Fra i motivi di debolezza generale dell’economia della federazione si segnalano una base normativa liberista ancora troppo recente e incompleta; un sistema bancario sottosviluppato; un apparato burocratico centrale e regionale de-responsabilizzato dal punto di vista civile e penale, ma con un elevato potere discrezionale; un sistema di 850.000 piccole e medie imprese del tutto inadeguato (6 ogni mille abitanti contro le 30 della media europea); un’economia parallela ipertrofica; l’arretratezza delle grandi imprese dal punto di vista gestionale; la diffidenza della popolazione verso le forme di risparmio gestito in investimenti.
• Si registra comunque ottimismo sulla capacità del sistema di ammodernarsi in tempi brevi. Tra i fattori “proattivi”, la stabilità politica e il prossimo ingresso della Russia nell’Omc/Wto.



Economic trends (what you need to know)
On the basis of the economic and financial results of the first six months of 2002, sourced from official authorities, it is possible to map a quite realistic picture of the current trend of the Russian economy and developments for 2003. Summarising the ICE study we give the principal details.

• In the first three months of 2002 GDP grew by 3.5% compared to 4.8% in the same period in 2001 and the year should close somewhere between a minimum of +3.6% and a maximum of +4.1%. The same applies to growth predicted for 2003.
• Almost all industrial sectors have slowed down growth compared to 2001 but are now picking up speed again. The most dynamic ones are non-ferrous metallurgy, the food industry, fuels (oil, gas and coal), glass-ceramics and building materials which, combined, make up over 43% of national industrial production. Moreover, the polygraphic sector (+3.9%) is still dynamic, despite a considerable slackening, while chemicals and petrochemicals, wood, paper and cellulose, the metal industry, ferrous metallurgy and light industry show modest growth. Electricity, the milling trade, medicine and pharmaceuticals are negative.
• The investment rate (+1.8%) is still disappointing in the light of forecasts, but might realistically settle by the end of the year at around 3.5-4%, calculated as sufficient to sustain the acceleration of the economy in the next two years. A large part of investors, above all foreign, back the food sector which is in turn connected to the upswing in agriculture sustained by a radical liberalisation of trade (at present barred to foreigners).
• It is domestic demand which principally galvanises growth. In the first six months of 2002 the retail business has gone up by 8.4% and should maintain a slightly lower average for the whole year. The increase in consumption is linked to the increase in the population’s real wage: 2002 will close between +6 and +7% and realistically 2003 will not drop below 5-6%.
• There is still the problem of inflation, forecast at 14% (against the 18.6% of 2001) and which will instead go up again. Only in 2003 will it fall to 10-12%. In any case, with the increase in the average salary of employees the “middle class” will expand.
• After the positive balance of 2001 (3.3% of GDP) public finance should remain stable in 2002 too (1.1% of GDP, predicted to drop in 2003). Proceeds from energy exports, above all oil, should allow a commercial credit balance of at least 40 billion dollars at the end of 2002 (which will fall in 2003). The trend is however moving towards fewer exports and more imports, above all from industrialised nations.
• The rouble remained stable in the first six months of 2002 too, though in actual fact, taking account of inflation, it has continued to strengthen against the dollar, penalising exports.
• Among the reasons for the general weakness of the federation’s economy is a too recent and incomplete free-trade policy: an underdeveloped banking system; a central and regional bureaucratic apparatus with fewer civil and penal responsibilities, but with high discretionary powers; a wholly inadequate system of 850,000 small and medium sized companies (6 per thousand inhabitants against the European average of 30); an overgrown parallel economy; the backwardness of large businesses from a managerial point of view; the diffidence of the population towards forms of savings handled as investments.
• However there is optimism regarding the ability of the system to modernise rapidly. Among “pro-active” factors we find political stability and the entrance of Russia into the WTO in the near future.










Classe media in rimonta
Secondo un sondaggio ufficiale, a fine ‘99 nemmeno un quinto della popolazione russa era riuscito a recuperare il potere d’acquisto precedente la dura crisi economica manifestatasi l’anno precedente. Oggi si può invece ritenere che la classe media ha recuperato, e talvolta persino superato, i livelli di reddito pre-crisi e - quasi altrettanto importante - ha riguadagnato consistenza e identità anche sul piano dei valori condivisi e della consapevolezza sociale.
Lo afferma un’importante ricerca su “Lo stile di vita dei russi”, condotta fra primavera e autunno del 2001 a Mosca, San Pietroburgo e altre 14 grandi città della federazione. Secondo questa ricerca, ormai in Russia la classe media comprende il 22% della popolazione (31.500.000 persone) e, con reddito mensile fra i 150 e i 1.000$, rappresenta una fonte di entrate per circa 129 miliardi di dollari l’anno. Significative le differenze fra centri urbani grandi e piccoli: a Mosca appartiene alla classe media il 30% della popolazione adulta, nelle città che superano il milione di abitanti la proporzione scende al 10%, fino ad arrivare al 6% in quelle con oltre 250.000 abitanti.
La restante fascia di popolazione, corrispondente a circa la metà dei russi, resta peraltro ancora arretrata di un buon 15-20% rispetto al tenore di vita del 1997. Di questi, oltre la metà fatica a far quadrare il bilancio famigliare e solo il 30-40% può di tanto in tanto acquistare beni di consumo non strettamente necessari alla vita quotidiana. Sulla base di questi dati, l’ICE stima che occorreranno ancora uno o due anni di sviluppo (dunque fino al 2003) per un superamento collettivo della crisi.



Middle class catching up
According to an official study, up to ’99 not even a fifth of the Russian population was able to recuperate the buying power possessed prior to the tough economic crisis that hit the country the year previous. Today one can now retain that the middle class has recuperated, and at times even surpassed, the pre-crisis earning levels and - almost equally important - has also regained consistency and identity in terms of shared values and social awareness. This has been stated in an important study “the lifestyle of the Russians”, carried out between spring and autumn 2001 at Moscow, St Petersburg and another 14 large cities in the federation. According to this study, by now in Russia the middle class covers 22% of the population (31,500,000 persons) and with a monthly income of between 150 and 1,000$, makes for an annual yield of 120 billion dollars a year. Important the difference between large and small urban centres: in Moscow 30% of the adult population belongs to the middle class, in the cities with over a million inhabitants the proportion drops to 10%, up to reaching 6% in those with over 250,000 inhabitants. The rest of the population, corresponding to around half of the Russians, is still a good 15-20% behind 1997 living standards. Of these over half find it hard to balance the family budget and only 30-40% can occasionally purchase consumer goods not strictly necessary for their daily existence. On the basis of this data, ICE estimates that another two years of development is needed (that is going on to 2003) in order to collectively recover from the crisis.