October 2004




Profumo … di Università
The fragrance … of University

I nuovi luoghi della bellezza
The new haunts of beauty

L’industria alimentare nella nuova UE
The food industry in the new EU

M&D News







Imballaggi di legno
Wood packaging

Colossi d’acciaio
Giants in steel

F&F News






Inventare la tradizione
Inventing a tradition

I&D News







Tracciabilità, il tempo stringe
Tracking, time’s running out

Attuazione della direttiva 2001/112/CE sui succhi di frutta
Actuation of directive 2001/112/CE on fruit juices

Commercializzazione dell’olio di oliva
Marketing of olive oil

I&L News







Packaging Links
Packaging Links

Determinazione dei solventi residui nei materiali flessibili: il confronto dei metodi
Determination of solvent residues in flexible material: a comparison of methods

Protezione e trasparenza nel flessibile
Protection and transparency in flexible packaging

M&M News










Animati da propositi di ulteriore chiarezza, i ricercatori di PDC* proseguono nella ricerca mirata sui materiali flessibili e sulla loro qualità. I risultati di un confronto, con valenza statistica, fra i metodi analitici in uso presso trasformatori e utilizzatori e il metodo UNI che, a livello nazionale, è considerato il metodo di riferimento nella determinazione del solvente residuo.
Valter Rocchelli, Mara Baronciani, Loredana Tinelli

Prima di entrare nel vivo di quello che può essere considerato il “quinto capitolo del romanzo” sui solventi residui, si impone un riassunto delle “puntate precedenti”.
• Tra il ’96 e il ’97, la prima fase della ricerca ha visto la messa a punto e la validazione di un metodo di analisi(1) (2), successivamente ufficializzato a livello UNI (Progetto di Norma U59.0B.162.0: determinazione dei solventi residui negli imballaggi flessibili. Metodo gascromatografico rapido; Progetto di Norma U59.0B.161.0: determinazione dei solventi residui negli imballaggi flessibili. Metodo gascromatografico di riferimento). Con gli stessi principi, in linea di massima, i metodi UNI sono stati “ufficializzati” a livello europeo (CEN).
• In seconda battuta, si è arrivati a determinare la soglia di percezione sensoriale di acetato di etile(3). La ricerca ha sperimentato metodiche sensoriali, atte a determinare le soglie di percezione olfattiva, nell’acqua e nel cioccolato al latte (simulante utilizzato per il “Test di Robinson”).
• In un terzo momento, le soglie di percezione sensoriale dell’acetato di etile sono state confrontate con quelle di altri solventi utilizzati o utilizzabili per la stampa rotocalco di film flessibili(4).
• La quarta fase ha consentito di valutare i meccanismi e le cinetiche di rilascio dei solventi da stampa e da accoppiamento in funzione della composizione dei materiali e del posizionamento della stampa (interna/esterna) e degli adesivi, oltre che di verificare eventuali correlazioni fra detti valori (ritenzione e rilascio) e test sensoriali olfattivi(5).
I risultati complessivi delle ricerche svolte possono essere così sintetizzati:
• il dato più importante emerso dal confronto fra i test sensoriali e le determinazioni di etile acetato è che, per tutti i materiali analizzati, a incrementi importanti di acetato di etile, non corrispondono incrementi altrettanto significativi nei valori dei test sensoriali;
• a una riduzione significativa di ritenzione di acetato di etile, non corrisponde quindi una riduzione altrettanto significativa di odore;
• è stata inoltre rilevata la scarsa “pericolosità” organolettica dell'acetato di etile.
Nel complesso, si tratta di elementi importanti da considerare in sede di definizione dei limiti di solvente residuo nella stesura dei capitolati di fornitura dei materiali flessibili, soprattutto quando, nel caso di materiali processati in rotocalco con tecnologia “monosolvente”, l’acetato di etile costituisce sostanzialmente il totale del residuo.

OBIETTIVI DELLO STUDIO
Parlando di capitolati e di relativi valori limite di solventi residui sarebbe ottimale esprimersi tutti “nella stessa lingua”, il che vorrebbe dire utilizzare lo stesso metodo per determinare i solventi residui.
Dato però che, allo stato dell’arte, vengono utilizzati vari metodi standardizzati, si impone l’esigenza di elaborare “un sistema di conversione”, che consenta di poter leggere e comparare i diversi dati.
Lo scopo di questa ulteriore ricerca è di operare un confronto che abbia valenza statistica fra i metodi analitici in uso presso trasformatori e utilizzatori e il metodo UNI che, a livello nazionale, è considerato il metodo “ufficiale” di riferimento.

LA SPERIMENTAZIONE
Metodi

I metodi valutati sono basati sulla gascromatografia con campionamento in spazio di testa. Il metodo cui si fa riferimento è la Norma UNI U59.0B.162.0: “Determinazione dei solventi residui negli imballaggi flessibili. Metodo gascromatografico rapido”.
Tale metodo viene utilizzato dalle industrie trasformatrici per i controlli di qualità e per la verifica delle conformità ai capitolati (vedi capitolati di vendita Giflex). Lo stesso metodo viene altresì impiegato da diverse industrie alimentari nazionali in fase di accettazione dei materiali.
Molte industrie trasformatrici utilizzano come strumento di controllo di processo un analizzatore, che permette di avere tempi di risposta molto più brevi del metodo “UNI” e compatibili con le esigenze di produzione, dove controlli in tempi rapidi permettono tempestive correzioni dei parametri di processo.
L’analizzatore utilizza un metodo che si basa su di un campionamento in spazio di testa seguito da analisi gascromatografica; tale metodo verrà indicato con il termine “NIRA”, dal nome dell’azienda produttrice.
Gli altri due metodi considerati sono utilizzati dai laboratori di controllo di due importanti aziende alimentari internazionali. Essi si basano, come il metodo UNI, sul campionamento in spazio di testa statico e analisi gascromatografica; variano però, in modo sostanziale, i parametri di analisi. I metodi saranno indicati come “MET A” e “MET B”.
Nella tabella 1 riportiamo i parametri relativi al condizionamento dei campioni per i diversi metodi.

Materiali utilizzati
per la sperimentazione

Il criterio di scelta sui materiali da sottoporre allo studio si basa su di una valutazione a largo spettro delle tipologie di materiali flessibili maggiormente in uso presso le industrie alimentari.
Sono stati monitorati sia monofilm che laminati a 2 strati (duplici) e laminati a 3 strati (triplici) con differenti composizioni e differenti proprietà barriera dei componenti nonché differente posizione degli inchiostri: stampa “esterna” o stampa “interna”.
I campioni oggetto dello studio sono bobine processate con una macchina rotocalco semindustriale presso lo stabilimento Alcan Packaging di Lugo di Vicenza. Nella tabella 2 sono descritti i campioni in oggetto; si noti che qualcuno è stato prodotto con livelli diversi di solvente (campioni “bis”).

RISULTATI E COMMENTI
Valutazione prestazionale
dei metodi

Su alcuni campioni sono state eseguite le valutazioni prestazionali dei metodi (validazione) mediante prove di ripetibilità su sei provini. L’incertezza di misura viene ricavata dalla deviazione standard percentuale dalla media (RSD%) risultante.
Nelle tabelle 3÷6 sono riportati, per ciascun metodo, i risultati delle prove di ripetibilità eseguite sul campione 3 (doppio film stampato di PP trasparente) relativi alla ritenzione di acetato di etile ed etanolo.
I valori di ripetibilità sopra riportati, espressi come RSD%, sono risultati sempre migliori del 10% che, a titolo cautelativo, può essere indicato come l’incertezza di misura per i dati ottenuti con tutti i metodi applicati. Il limite di determinazione è stato fissato nel valore di 0,5 mg/m2, abbondantemente raggiungibile da tutti i metodi considerati.

Acetato di etile
Nella tabella 7 sono riportati i valori di ritenzione di acetato di etile.
Mentre i dati ottenuti dai metodi UNI, MET B e MET A rappresentano la media di 3 provini, quelli prodotti dal metodo NIRA, si riferiscono solo al primo provino analizzato per simulare le condizioni reali di analisi (controllo di produzione).
Nei paragrafi successivi sono riportati, in figura, i dati delle ritenzioni di acetato di etile, espressi sia numericamente che graficamente mediante istogrammi.
Tali dati sono suddivisi in tre distinte tipologie di campioni:
1- materiali monofilm e materiali laminati con stampa “esterna”;
2 - materiali duplici con stampa “interna”;
3 - materiali triplici con stampa “interna”.

Monofilm e stampa esterna - Nella figura 1 sono riportati i valori di ritenzione di acetato di etile relativi ai campioni processati con stampa esterna. Per quasi tutti i campioni con “stampa esterna”, il metodo UNI fornisce i valori di ritenzione di acetato di etile più alti anche se le differenze non appaiono significative.

Film duplici/stampa interna - Nella figura 2, per campioni 3, 4 e 5 si rileva approssimativamente un allineamento di valori di ritenzione di acetato di etile notando però valori assoluti piuttosto bassi (tra 4 e 7,5 mg/m2).
Il campione 5 bis, caratterizzato da valori di ritenzione più elevati, circa 18 mg/m2, evidenzia come i dati relativi al MET A siano più bassi rispetto ai dati relativi agli altri metodi. I campioni 6 e 6 bis sono costituiti da materiali con maggiore proprietà barriera (PET-PE/EVOH/PE): in questo caso i valori più alti sono prodotti dai metodi UNI e NIRA che prevedono temperature di estrazione più elevate rispetto ai metodi MET B e MET A.

Film triplici - I risultati relativi alla ritenzione di acetato di etile nei film triplici (figura 3) mostrano un andamento correlabile alla temperatura di condizionamento: i valori più elevati sono prodotti dal metodo NIRA seguiti da UNI, MET B e MET A mentre le temperature di condizionamento sono rispettivamente 145 °C, 125 °C, 100 °C e 85 °C.

Etanolo
Nella figura 4 sono visualizzati sia numericamente che graficamente i dati relativi alla ritenzione di etanolo che, in valore assoluto, sono decisamente meno elevati rispetto a quelli relativi all’acetato di etile; infatti il valore massimo rilevato è 3,5 mg/m2.
L’andamento dei dati mostra, in linea di massima, valori più elevati per i metodi che prevedono temperature di condizionamento più elevate. Questo aspetto risulta ancora più evidente nei campioni con stampa “interna”.

Metossi propanolo
Nella figura 5 sono visualizzati sia numericamente che graficamente i dati relativi alla ritenzione di metossi propanolo, un solvente utilizzato prevalentemente come “ritardante” di stampa; avendo infatti una temperatura di ebollizione di 118-119 °C, è meno volatile dell’acetato di etile.
I risultati delle ritenzioni non prescindono da questa caratteristica e i valori ottenuti sono, con buona approssimazione, direttamente proporzionali alla temperatura di condizionamento dei provini.

DISCUSSIONE
In questo capitolo sono riportate le elaborazioni dei dati relativi alla ritenzione di acetato di etile, per un confronto dei metodi applicati con il metodo UNI.
Le figure riportano i grafici di “dispersione X/Y”, le rette di regressione con le relative equazioni e i valori di R2 (coefficiente di regressione) ottenuti.

Confronto dei metodi NIRA, MET B e MET A con il metodo UNI I valori di R2 ottenuti e visualizzati nelle figure 6 e 7, (0,84 UNI/NIRA e 0,86 MET B) indicano una discreta correlazione fra le serie di dati e quindi fra i metodi considerati. Nella figura 8, il valore di R2 (0,49) ottenuto dall’elaborazione dei dati, è decisamente inferiore a quelli delle elaborazioni prima descritte relative al metodi NIRA e MET B. Dall’esame del grafico si nota che alcuni punti sono posizionati decisamente al di sotto della retta di regressione: questo significa che il valori relativi al metodo MET A sono decisamente inferiori ai valori ottenuti con il metodo UNI sugli stessi campioni. Si tratta prevalentemente di dati di ritenzione relativi a campioni duplici e triplici con stampa interna, per i quali si ribadisce la proporzionalità diretta fra i valori di ritenzione ottenuti e la temperatura di condizionamento. Nel caso in oggetto, i provini secondo il metodo MET A vengono portati a 85 °C contro i 125 °C previsti dal metodo UNI.

Effetto della temperatura
di condizionamento

Nella figura 9 riportiamo un’elaborazione statistica dei dati di ritenzione di aceto di etile ottenuti con i diversi metodi, relativi a un campione di monofilm, un campione di duplice e un campione di triplice, in relazione alla temperatura di condizionamento dei provini. Per il campione di monofilm con stampa esterna (punti blu) non si nota alcuna variazione significativa dei dati di ritenzione in funzione della temperatura di condizionamento.
Per i materiali duplice e triplice con stampa interna esiste una evidente proporzionalità diretta, visualizzata chiaramente dalle rette di regressione relative, fra i valori di acetato di etile ottenuti e la temperatura di condizionamento dei provini.

IN CONCLUSIONE
L’obiettivo del presente studio era di confrontare alcuni metodi in uso per la determinazione dei solventi residui con il metodo UNI considerato come il metodo di “riferimento” per verificare la possibilità di correlarne i risultati. Lo studio ha evidenziato che i coefficienti di correlazione, definiti dal parametro R2, fra il metodo UNI da una parte e i metodi NIRA e MET B dall’altra, sono risultati pari a 0,84 e 0,86 rispettivamente, indici di una discreta correlazione fra le serie di dati. Il valore di R2 relativo al confronto UNI/MET A, è risultato decisamente peggiore (0,45) perché i dati di ritenzione solvente relativi ai campioni con stampa interna e costituiti da film “barriera” sono risultati più bassi a causa della minore efficacia di estrazione dovuta alla temperatura di condizionamento (85 °C), inferiore rispetto a quelle degli altri metodi. Infatti, da una valutazione complessiva dei dati, risulta che le rese di estrazione sono direttamente proporzionali, per i materiali duplici e triplici con stampa “interna”, alla temperatura di condizionamento dei provini. I metodi UNI e NIRA sono quelli che, avendo le temperature di condizionamento più alte (rispettivamente 125 °C e 145 °C) producono dati che più si avvicinano all’effettivo contenuto totale di solvente. Non si sono invece riscontrate differenze così elevate fra i dati prodotti dai vari metodi, in relazione ai campioni di materiali con stampa “esterna”, dove non esiste un effetto barriera dei film che possa influenzare significativamente le rese di estrazione dei solventi dal supporto. In conclusione si può affermare che i diversi metodi possono “parlare fra di loro”, ossia che si possono ottenere buone correlazioni fra i diversi metodi e il metodo UNI, ma queste correlazioni devono essere consolidate e verificate per ogni tipologia di materiale in funzione della localizzazione della stampa (se esterna o interna) e delle proprietà barriera dei film componenti.

Valter Rocchelli, Mara Baronciani,
Loredana Tinelli
PDC Srl



Determination of solvent residues in flexible material: a comparison of methods
Wishing to provide further clarity on the subject, the researchers of the PDC* are carrying on in their study of flexible materials and on their quality. The results of a comparison, accompanied by statistics, between the analytical methods used by converters and users and the UNI method that in Italy is considered the main method for determining solvent residue. Valter Rocchelli, Mara Baronciani, Loredana Tinelli

Before starting up on what could be deemed the “fifth chapter of the story” on solvent residue, we ought to sum up the “previous episodes”.
• Between ’96 and ’97, the first phase of the study witnessed the devising and the validation of a method of analysis(1) (2), that was accordingly officialised at UNI level (Standard project U59.0B.162.0: determination of solvent residue in flexible packaging. Rapid gaschromatographical method; standard project U59.0B.161.0: determination of solvent residue in flexible packaging. Standard gaschromatographical method). With the same principles, broadly speaking, the UNI methods have been ”officialised” at European level (CEN).
• Secondly, a mode for determining the sensory perception threshold of ethyl acetate(3) was achieved. The study experiments sensorial methods, suited for determining the olfactory threshold of perception in water and in milk chocolate (simulant used for “Robinson Test”).
• Thirdly, the sensory perception thresholds of ethyl acetate were compared with those of other solvents used or usable for the rotogravure printing of flexible film(4).
• The fourth phase enabled the rating of mechanisms and the release kinetics of print and lamination solvents relating to material composition and positioning of the print (internal/external) and the adhesives, as well as enabling the verification of any correlation between the said values (retention and release) and sensorial olfactory tests(5).
The overall results of the studies carried out can be summed up as follows:
•The most important figure that emerged in the comparison between the sensorial tests and the determination of ethyl acetate is that, for all the materials analysed, the significant increase of ethyl acetate did not correspond to increases of equal significance in the ratings of the sensorial tests;
• a significant reduction of ethyl acetate retention doesn’t hence correspond to an equivalent reduction in smell;
• the low organoleptic “harmfulness” of ethyl acetate was also revealed.
Overall these are important elements to be considered when and while defining the residual solvent limits in drawing up supply contracts for flexible materials, aboveall when, in the case of rotogravure processed materials using “monosolvent” technology, ethyl acetate substantially constitutes the total residue.

OBJECTIVES
OF THE STUDY

Speaking of the contracts and the relative solvent residue limit rating it would be excellent if everybody used “the same language”, which means using the same method for determining solvent residue.
Given though that, at the state of the art, several standardized methods are used, the need arises for devising “a conversion system”, that allows one to read and compare the various data.
The purpose of this further study is to carry out a comparison that has statistical value among the analytical methods used by converters and users and the UNI method, that in Italy is considered the “official” method that everyone refers to.

THE EXPERIMENTATION
Methods
The methods evaluated are based on gaschromatography with head space samples. The method referred to is UNI Standard U59.0B.162.0: “Determination of solvent residue in flexible packaging. Rapid gaschromatographic method”.
This method is used by the converting industries for quality controls and for verifying the conformity to contracts (see Giflex sales contract). The same method is also used by a series of Italian food concerns in the acceptance phase of materials.
Many converting concerns use an analyser as a process control tool, that enables much briefer response times than in the “UNI” method, being compatible with production needs where rapid controls enable a quick correction of process parameters. The analyser uses a method that is based on the sampling in head space followed by gaschromatographic analyses; this method is to be indicated with the term “NIRA”, the name of the company that produced it.
The other two methods considered are used by the control laboratories of two important international food concerns.
They are based, like the UNI method, on sampling of static head space and gaschromatographical analyses; the analysis parameters though vary considerably.
The methods are to be indicated as “MET A” and MET B”.
In table 1 we show the parameters covering the conditioning of samples by the various methods.

Materials used
for experimentation

The criteria of choice on materials to be studied is based on a broad evaluation of the types of flexible materials most used in food concerns. This entailed the monitoring of monofilm and 2 layer (double) laminates as well as three layer (triple) laminates with different compositions and different barrier properties of the components as well as the different positioning of the inks: “internal” and “external” print. The samples object of the study are reels processed using a semindustrial rotogravure machine at the Alcan Packaging works at Lugo di Vicenza.
Table 2 gives descriptions of the samples concerned; to be noted that some have been produced with different solvent levels (“bis” samples).

RESULTS
AND COMMENTS

Performance evaluation of the methods
Performance evaluations of the methods (validations) were carried out on some samples through repeatability tests on six test pieces. The uncertainty of the measure reading is due to the standard percentage deviations of the resulting average (RSD%) .
Table 3-6 shows, for each method, the results of the repeatability tests carried out on sample 3 (printed double transparent PP film) relative to ethyl acetate and ethanol retention. The repeatability values shown above, expressed as RSD%, were always 10% higher, that to be on the safe side, can be indicated as the measurement uncertainty for the data obtained with all the methods applied. The determination limit has been set at 0.5 mg/m2, easily achievable by all the method considered.

Ethyl acetate
Table 7 shows the ethyl acetate retention values. While the data attained by the UNI, MET B and MET A methods is the average of 3 test pieces, the data given by the NIRA method only refers to the first test piece analysed, this to simulate the real conditions of analysis (production control). The following paragraphs show in figures the retention data of ethyl acetate, expressed both in numbers and graphically by way of histograms.
These figures are divided up into three distinct types of samples:
1 - monofilm materials and laminated materials with “external” print;
2 - double materials with “internal” print;
3 - triple materials with “internal” print.

Monofilm and external print – Figure 1 shows the ethyl acetate retention values of the samples processed with external print.
For nearly all the samples with “external print”, the UNI method gives the highest ethyl acetate retention values even if the differences are not that significant.

Double films/internal print – Figure 2, for samples 3,4,5 one has an approximate alignment of the retention values of ethyl acetate, though the absolute values are fairly low (between 4 and 7,5 mg/m2). Sample 5 bis, featuring higher retention values, around 18 mg/m2, shows how MET A figures are lower compared to those of the other methods. Samples 6 and 6 bis are made up of materials with greater barrier properties (PET-PE/EVOH/PE): in this case the highest values are produced by UNI and NIRA methods that require higher extraction temperatures compared to methods MET B and MET A.

Triple films – The results for the retention of ethyl acetate in triple films (figure 3) show a trend that can be correlated to the conditioning temperature: the highest values are produced by NIRA method followed by UNI, MET B and MET A while the conditioning temperatures are respectively 145 °C, 125 °C, 100 °C and 85 °C.

Ethanol
Figure 4 gives a numerical and graphic reading of the figures for ethanol retention that, in absolute values, are a lot lower than those for ethyl acetate, in fact the max value given is 3.5 mg/m2. All told figures show, broadly speaking, higher values for methods that have higher conditioning temperatures.
This aspect is even more evident with samples with “internal” printing.

Metoxy propanol
Figure 5 gives a numerical and graphic reading of the figures for metoxy propanol retention, a solvent used mainly as a print “retardant”; in fact having a boiling temperature of 118-119° C, it is less volatile than ethyl acetate. The retention results confirm the characteristic and the values attained are, with some approximation, directly proportional to the test piece conditioning temperature.

DISCUSSION
This chapter shows the processing of ethyl acetate retention figures, for a comparison of the applied methods with the UNI method.
The figures show the “X/Y dispersion” graphs, the regression lines with the relative equations and the R2 (coefficient of regression) values obtained.

Comparisons of the NIRA, METB and MET A methods with the UNI method
The R2 values obtained and shown in figures 6 and 7, (0.84 UNI/NIRA and 0.86 MET B) indicate a discreet correlation between the series of data and hence between the methods considered.
In figure 8, the R2 value obtained from data processing (0.49), is decidedly lower to that of the previously described processing using the NIRA and MET B methods.
Taking a look at the graph one notes that some points are positioned well below the regression line: this means that the values of the MET A method are a lot less than the values obtained with the UNI method on the same samples. These are mainly retention figures for double and triple samples with internal print, for which the direct proportion between retention values obtained and the conditioning temperature is once again underlined. In the case at hand, the test pieces are brought to 85 °C under the MET A method against the 125 °C under the UNI method.
Effect of the conditioning temperature
Figure 9 shows a statistical processing of ethyl acetate retention data obtained with different methods, this on a monofilm, a double and a triple film sample, in relation to the test piece conditioning temperature.
In the monofilm sample with internal print (blue dots) no significant variation of the retention data is noted in relation to the conditioning temperature. For the double and triple materials with internal print an evident direct proportionality exists between the ethyl acetate values obtained and the conditioning temperatures of the test piece, shown clearly by the relative regression line.

IN CONCLUSION
The objective of the present study was to compare several methods in use for determining solvent residues with the UNI method, considered as the “reference” method, this to verify the possibility of correlating the results. The study showed that the correlation coefficient, defined by the parameter R2, in the UNI method on the one hand and the NIRA and MET B on the other, stood equally at 0.84 an 0.86 respectively, indicating a good correlation between the series of data. The R2 value relative to the comparison UNI/MET was a lot worse (0.45) because the solvent retention data of samples with internal printing and made up of “barrier” film were lower due to a lesser extraction efficiency because of the conditioning temperature (85 °C), lower compared to the other methods. In actual fact, from an overall evaluation of the data, it can be seen that the extraction yields for double and triple material with “internal” printing are directly proportional to the conditioning temperature of the test pieces. The UNI and NIRA methods are those that, having the highest conditioning temperature (respectively 125 °C and 145 °C) produce figures that are closest to the actual total solvent content. Differences of this extent were not seen between data produced by the various methods in relation to the samples of material with “external” print where there is no barrier film that can significantly influence the extraction yield of the solvents from the support. To conclude, it can be stated that the different methods can “talk to each other” or that is good correlations between the various methods and the UNI method can be obtained, but these correlations have to be consolidated and verified for each type of material depending on the print positioning (internal or external) and the barrier properties of the component films.

Valter Rocchelli, Mara Baronciani,
Loredana Tinelli
PDC Srl