September 2004




Latte: l’UHT passa al PET
Milk: UHT goes into PET

M&D News







Rapporto sullo stato dell’imballaggio (2)
Report on the state of the packaging industry (2)

Confezionare con carta e cartone
Paper and board packaging

F&F News






L’eccellenza delle macchine
Machine excellence

Tra la Via Emilia e il West
Between the via Emilia and the Far West

Marcare dappresso (il mercato)
Closely mark (the market)

I&D News







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Packaging Links
Packaging Links

Le tante forme del caffè
The many shapes of coffee

Sistemi di codifica e marcatura
Coding and marking systems

Una scelta vincente
A winning choice

M&M News










Alle prese con una crescita strutturale impetuosa e, proprio per questo, da governare con il massimo rigore, lo stabilimento Mokapak (gruppo Lavazza) sta portando avanti uno sviluppo importante. Focalizzato sulla produzione di cialde di caffè, rappresenta, per molti aspetti, lo stato dell’arte in fatto di tecnologie di imballaggio, e tra i tanti fornitori figura anche Markem che, con i suoi sistemi per la codifica e la marcatura, chiude idealmente il cerchio della qualità e dell’efficienza produttiva. L.G.

Tutto ciò che accade nel “mondo” Lavazza, sembra avere il sapore di quelle storie ben costruite, di cui si apprezzano particolari e sfumature (aromi, forse?) perché, in fondo, sono animate dalla curiosità che spinge ad andare oltre e, soprattutto, dall’onestà intellettuale di chi crede fortemente in un progetto da costruire nel tempo. Molto di quanto è accaduto dalla fine dell’800 a oggi, è frutto di intuizioni positive tutte legate al “magico chicco” e al modo migliore per lavorarlo, confezionarlo e farlo apprezzare, che hanno trovato un giusto compendio nell’accurato sviluppo tecnologico e nella conoscenza del mercato.
Così, in equilibrio tra coraggio e pragmatismo imprenditoriale, tra rigore industriale e flessibilità nell’adattarsi al nuovo (anzi ad anticiparlo), Lavazza occupa oggi il sesto posto tra i torrefattori mondiali (dopo i “giganti” Philip Morris, Nestlè, Sara Lee, Procter & Gamble, Tchibo) ma è in assoluto la prima (e unica) azienda “monoprodotto” del settore, con numeri da primato nell’acquisto e nella lavorazione del caffè verde.
È leader nazionale nel “settore Home” con oltre il 47% delle quote e presidia il Vecchio e il Nuovo Continente con sette aziende consociate. La produzione è invece tutta concentrata in Italia nei quattro stabilimenti di Torino (73 mila m2, il più grande d’Europa), di Verres (AO), di Pozzilli (IS) e presso la Mokapak di Gattinara (VC).
Caffè, dunque. Caffè, e ancora caffè… in grani, macinato ma anche in cialde. Proprio quest’ultima modalità di confezionamento ha assunto negli ultimi anni un’importanza strategica, grazie al contenuto di servizio che è in grado di trasferire ai consumatori di tutte le latitudini, riducendo le variabili legate alla preparazione di un buon caffè: nessuna necessità di dosaggio, costanza delle proprietà organolettiche del prodotto, qualità garantita dalle sapienti miscele e, ovviamente, dal marchio Lavazza.
Caratteristiche, queste, molto apprezzate anche all’estero, dove la “cultura del buon caffè” è meno diffusa rispetto all’Italia, e dove è necessario agevolare in tutto e per tutto la preparazione di una bevanda corroborante, con un gusto costante nel tempo.

La qualità passa attraverso l’efficienza
La produzione del caffè in cialde Lavazza è totalmente realizzata nello stabilimento Mokapak, che occupa un’area complessiva di 50 mila m2, di cui circa 30 mila coperti.
Il sito produttivo nasce nei primi anni ’80, su iniziativa di alcuni imprenditori del luogo, che intuirono le potenzialità di un sistema “cialda/macchina per la preparazione caffè”, sviluppato secondo criteri innovativi. Nell’89 Lavazza acquisì tecnologia e impianti, potenziandoli poi grazie al proprio know how su torrefazione e distribuzione del caffè in senso stretto. Il binomio innovazione/marchio consolidato ha fatto poi il resto, contribuendo ad esaltare la praticità di questo sistema, supportato dalla garanzia di un prodotto di qualità.
«Un binomio decisamente positivo - esordisce il direttore di stabilimento Fulvio Godio - e lo confermano i numeri: siamo passati da qualche centinaia di migliaia di cialde, prodotte negli anni ’80, a 1 miliardo e 350 milioni. E dato che Mokapak, tra il 1995-2000, ha vissuto tassi di crescita della produzione significativi, toccando anche il 20-25% annuo, siamo stati obbligati a rivedere i nostri schemi mentali, oltre che i layout fisici dello stabilimento».
Le cialde attualmente prodotte si articolano in due grandi famiglie:
- la classica “monodose” destinata all’OCS, Office Coffee Service (il sistema comprende cialde, macchina table top e kit di consumo, ovvero cucchiaini, zucchero, bicchierini ecc.);
- la cosiddetta “bidose”, che eroga una doppia razione di caffè e che rientra nella “linea Home”, per il consumo in ambito familiare; queste cialde, che rappresentano il 20% circa della produzione Mokapak, non vengono vendute attraverso la distribuzione organizzata, ma da una struttura commerciale ad hoc.
La standardizzazione dei formati non limita tuttavia l’offerta: numerose sono le varianti per quanto riguarda il caffè espresso (diverse miscele in grado di soddisfare tanto “il palato più fino” dei consumatori italiani, quanto il gusto degli stranieri con tutte le piccole differenze che esistono tra Paese e Paese), a cui peraltro vanno aggiunti i prodotti solubili (te e camomilla a marchio Lipton, “bevanda bianca”, brodo a marchio Knorr ecc.).
Pur dovendo fare i conti con una gamma così articolata di prodotti, i risultati ottenuti nello stabilimento Mokapak sono un esempio di come l’impiego intelligente della tecnologia possa portare a fare sempre meglio e di più. «Perché lavorare bene oggi - precisa Godio - significa saper superare i punti di criticità, così da ottenere il massimo del rendimento in qualunque situazione».

Un lungo ciclo di produzione
Il processo di produzione, riempimento, confezionamento e imballaggio delle cialde monodose è complesso, e questo ha obbligato a realizzare, per la movimentazione dei semilavorati, dei prodotti finiti e degli imballaggi, un fitto intreccio di sistemi automatici di movimentazione, convogliatori pneumatici, nastri trasportatori aerei, elevatori, discensori, rulliere, LGV.
Lavorando sulla base di una logica condivisa idealmente da tutti gli stabilimenti Lavazza, l’ideazione e la gestione del sistema produttivo/logistico di Mokapak è stata curata nei minimi particolari.
«Il lavoro di sviluppo è stato impegnativo, ma oggi - spiega Godio - abbiamo raggiunto una grande libertà di azione: per esempio, da ogni linea di assemblaggio e di confezionamento delle cialde, è possibile infatti raggiungere qualsiasi macchina fardellatrice e, da una qualunque di queste, si può arrivare alle diverse postazioni di palettizzazione».
• Tutto inizia nel reparto di stampaggio (collegato ai silos di stoccaggio dei granuli), attrezzato con presse a iniezione (BMB), dove vengono realizzati corpi e coperchi delle cialde di polipropilene. I pezzi stampati arrivano in un contenitore di stoccaggio (a ogni pressa corrisponde un silo dedicato), dove sostano per alcune ore per favorire la completa strutturazione del polimero.
• Una batteria di macchine automatiche provvede a inserire i filtri sul fondo del corpo delle cialde, prima di trasferirle alle linee, su cui viene effettuato il dosaggio del caffè e la saldatura del coperchio (sistemi Tecmes/Optima) e, successivamente, il confezionamento, a due a due, su macchine verticali (Rovema) con immissione di gas inerte. Il materiale utilizzato per proteggere le cialde è un “classico” accoppiato triplice con strato interno di alluminio, normalmente utilizzato da Lavazza per il confezionamento di tutte le sue gamme prodotto.
• La stampa dei dati variabili sulle singole confezioni viene realizzata tramite codificatori a trasferimento termico su film, modello Smartdate, della Markem.
• I sacchetti (50 alla volta) vengono quindi inseriti in una scatola, che viene prima etichettata, e poi marcata con un codificatore Markem Serie 5000 che, oltre alla data di scadenza, stampa il numero del lotto e il nome del prodotto, aggiunge un barcode con le informazioni necessarie alla gestione logistica e di magazzino. In questo caso, i sistemi Markem sono guidati da PC di linea che oggi sono stand alone, ma è in fase di realizzazione una rete in grado di agevolare il dialogo fra i marcatori e il sistema centrale.
• Un elevatore trasporta le scatole in una struttura di accumulo, fino a comporre un gruppo omogeneo di sei unità. Dopo la lettura del barcode, per verificare che le scatole provengano tutte dalla stessa linea di confezionamento e che contengano lo stesso prodotto (che siano insomma idonee a comporre un fardello omogeneo), i carichi entrano nelle fardellatrici (MAF), che li avvolgono con film termoretraibile.
• Prima di arrivare alle isole di palettizzazione (Euroimpianti), ognuna dotata di 5 posti pallet, due lettori rilevano nuovamente le informazioni contenute nel barcode stampato sulle scatole, in modo che i robot possano effettuare correttamente la formazione del bancale.
• Una volta completate le palette, i dati vengono trasmessi al sistema LGV che, in automatico, assume le indicazioni circa la natura del carico, raccoglie le palette e le trasferisce al sistema di avvolgimento pallet.
• Sui lati dei pallet vengono apposte infine due etichette formato A5, prima che un operatore li recuperi per collocarli nella zona di spedizione.
• Da qui, i pallet formati vengono immediatamente instradati ai magazzini Lavazza per la spedizione.

Il valore di una buona codifica
Sulla strada della “produttività senza intoppi”, la scelta delle soluzioni Markem per la codifica diretta su film e la marcatura delle scatole è stata dettata da ragioni di efficienza e affidabilità, convalidate da un’esperienza “storica” condivisa in ambito aziendale.

In continuo, sulI’imballaggio
flessibile

«Quando Mokapak acquistò le prime linee di confezionamento verticali - specifica Godio - aveva la necessità di marcare in continuo i sacchetti di film flessibile; fu Markem a fornire risposte adeguate fin dall’inizio, installando i marcatori Touch Dry. L’inserimento successivo degli Smartdate, utilizzati oggi in modo “estensivo” su quasi tutte le linee di confezionamento, ne ha avvalorato l’efficacia: di facile utilizzo, flessibili e precisi, sono un anello importante in una catena produttiva lunga e complessa.
Dovendo gestire molte linee di confezionamento, la funzionalità di ogni particolare risulta determinante. Anzi, per paradosso, sistemi efficaci ed efficienti devono aiutarci a “dimenticare” il “problema”, che in questo caso è quello della marcatura, limitando gli interventi alle operazioni necessarie, quali la sostituzione della bobina di foil, programmazione dei dati… La presenza e la leggibilità delle scritte sui sacchetti sono inoltre verificate da controlli periodici da parte degli operatori».

Più informazioni sulle scatole
In relazione al cosiddetto “fine linea”, invece, la scelta di una codifica diretta sulle scatole è più recente.
Riprende a spiegare Godio: «Il codificatore Markem 5000 era stato sperimentato presso lo stabilimento di Torino, sulle linee di confezionamento delle confezioni in grani di caffè da un chilo. Quando anche presso Mokapak si stabilì di codificare le scatole di cartone, l’efficienza dimostrata dal sistema è stata ritenuta adeguata alle esigenze emergenti. Ecco quindi che abbiamo optato per lo stesso sistema, in virtù dei buoni risultati ottenuti e dei numerosi vantaggi derivanti dalla sua adozione: le resine vengono cambiate senza fermi macchina, la manutenzione e pulizia quotidiana sono semplificate, non sono necessarie operazioni di lavaggio con solventi, e c’è un’ampia scelta in fatto di grafica e caratteri… Insomma, la stampa su cartone di tutte le informazioni variabili ci ha consentito di eliminare ingenti scorte di etichette prestampate».
Un sistema sicuro che, svincolato da molti problemi, ha consentito di aumentare di fatto l’efficienza produttiva.
«Pur rimanendo un semplice imballaggio da trasporto - aggiunge Godio - la scatola diventa così un veicolo importante di informazioni, da condividere a svariati livelli: il codice a barre stampato su un lato contiene infatti tutti i dati relativi alla linea di riempimento e confezionamento, necessari al buon funzionamento dei sistemi di movimentazione e delle stazioni di palettizzazione. E i codificatori e marcatori forniti da Markem hanno garantito prestazioni sempre adeguate alle aspettative».




The many shapes of coffee
In the grips of strong structural growth and, because of this, worthy of being watched carefully, the Mokapak plant (Lavazza group) is moving ahead with an important development. Concentrating on the production of coffee pads, in many ways it represents the state of the art in packaging technologies, and among its many suppliers is Markem which, with its coding and marking systems, rounds off the system of quality and efficient production. L.G.

Everything which happens in the Lavazza “world” seems to have the flavour of a well put together story, where the reader appreciates the details and nuances (scents, perhaps?) because, deep down, he is stimulated by the curiosity which spurs him to go further and, above all, by the intellectual honesty of someone who believes strongly in a project to be developed over time.
Much of what has happened from the end of the 19th century until now is the result of positive ideas linked to the “magic bean” and the best way of processing it, packaging it and causing it to be appreciated, which have been synthesised into careful technological development and market awareness.
Thus, with a balance of bravery and entrepreneurial pragmatism, of industrial discipline and the flexibility to adapt to the new (even anticipating it), today Lavazza occupies sixth place among the world’s biggest coffee producers (after the ‘giants’ Philip Morris, Nestlè, Sara Lee, Procter & Gamble and Tchibo) but is the biggest (and only) single product company in the sector, a leader in the purchase and processing of coffee beans.
It is the national leader in the ‘Home Sector’, with more than 47% of the total share, and is present in the Old and New Worlds with seven associated companies. However, production is concentrated in Italy with its four plants in Turin (73,000 sq. m, the largest in Europe), Verres (AO), Pozzilli (IS) and at Mokapak di Gattinara (VC).
So, coffee. Coffee is always coffee… in granular form and ground but also in pads. Over the last few years, this last way of packaging has assumed strategic importance, thanks to its service content which can be transferred to consumers everywhere, by reducing the variables linked to the preparation of good coffee: no need for measuring, constant organoleptic properties of the product, quality guaranteed by careful blending and, obviously, the Lavazza trade mark. These features are very much appreciated abroad, where the ‘good coffee culture’ is less widespread than in Italy, and where it is necessary to make it easy to prepare a stimulating drink, with a flavour unchanged over time.

Quality achieved
through efficiency

The production of Lavazza coffee pads takes place entirely in the Mokapak plant, which comprises an overall area of 50,000 sq. m, about 30,000 of which are under cover.
The production site dates from the 1980s, the initiative of several local entrepreneurs who saw the potential of a ‘pad/machine for coffee preparation’ system, developed according to innovative criteria. In 1989, Lavazza acquired technology and equipment, taking advantage of its knowhow of coffee processing and distribution in a narrow sense. The consolidation of innovation and brand name did the rest, contributing to rising awareness of the practical aspects of this system, supported by the guarantee of a quality product.
“A very positive consolidation,” says factory director Fulvio Godio, “and the statistics confirm this: we have gone from a few hundred thousand pads produced in the 1980s to 1 billion 350 million. And given that, between 1995-2000, Mokapak saw significant growth in production, even reaching 20-25% annually, we have been obliged to rethink our attitude, as well as the physical layout of the plant”.
The pads produced at present can be divided into two large groups:
the classic ‘single dose’ intended for OCS, (Office Coffee Service - the system includes pads, table top machines and consumer kits, that is, spoons, sugar, cups etc);
the so-called ‘dual dose’, which dispenses a double measure of coffee and comes into the ‘Home Line’, for consumption in the home, which represents about 20% of Mokapak production. These are not sold through organised distribution channels but on an ad hoc basis.
The standardisation of formats does not limit the offer: there are many variations where espresso coffee is concerned (different blends to satisfy ‘even the refined palate’ of Italian consumers, as well as foreigners’ tastes with all the small difference which exist from country to country) to which must be added the soluble products (Lipton brand tea and camomile, ‘white drink’, Knorr stock granules etc).
Although having to cater for such a wide range of products, the results obtained by the Mokapak plant are an example of how the intelligent use of technology can lead to more and better products. “Working well today,” explains Godio, “means understanding how to overcome the critical issues, thus obtaining maximum performance in every situation”.

A long production
cycle

The production, filling, packing and packaging processes for single dose pads is complex, and this has involved the creation, for the handling of part-worked materials, finished products and packaging, of an involved network of automatic handling systems, pneumatic conveyors, overhead conveyor belts, elevators, roller tracks and LGVs.
Working on the basis of ideally shared logistics of all the Lavazza plants, the setup and management of Mokapak’s production/logistics system has been studied in the smallest detail.
“The development has been considerable,” explains Godio, “but now we have arrived at a position of great freedom of action: for example, from every pad assembly and packaging line, it is possible to reach any bundling machine and, from every one of these, to get to the various palletisation stations”.
• Everything starts with the moulding department (connected to granule storage silos), equipped with injection moulding machines (BMB), where the bodies and covers of the polypropylene pads are manufactured.
The moulded pieces arrive at a storage container (there is a dedicated silo for every press), where they stay for a few hours to encourage complete structuring of the polymer.
• A battery of automatic machines inserts the filter into the base of the body of the pad, before transferring them to the line, where a measure of coffee is dispensed into them and the cover is bonded on (Tecmes/Optima system) and then they are packaged, two by two, by a vertical machine (Rovema) with the insertion of an inert gas. The material used to protect the pads is the ‘classic’ triple-bonded laminate with an internal layer of aluminium, normally used by Lavazza for its whole product range.
• The printing of variable data onto each individual package is carried out by heat transfer coding machines onto film, by the Smartdate model from Markem.
• The bags (50 at a time) are then placed in a box, which is first labeled and then marked with a Markem Series 5000 coding machine which, as well as the sell-by date, prints the lot number and the producer’s name, adding a barcode with the information needed by the logistics management and the warehouse. In this case, the Markem systems are driven by in line PCs which at the moment are stand alone, but a network is being developed which will facilitate dialogue between the marker and the central system.
• An elevator takes the boxes to a storage area, forming a homogeneous group of six units. After the barcode has been read, to verify that the boxes all come from the same packaging line and that they contain the same product (in other words, that they are suitable to make up a single bundle), the loads reach the bundling machine (MAF) which wraps them with heat shrink film.
• Before reaching the palletisation areas (Euroimpianti), each equipped with 5 pallet stations, two readers once again check the information contained in the barcode printed on the boxes, so that the robots can correctly make up a load.
• Once the pallets are completed, the data is transmitted to the LGV system, which automatically internalises the information about the nature of the load, collects the pallets and transfers them to the pallet wrapping system.
• Finally, two A5 format labels are affixed to the sides of the pallets, before an operative picks them up for placement in the despatch area.
• From here, the completed pallets are immediately taken to Lavazza warehouses for despatch.

The value of good coding
On the road towards ‘productivity without hitches’, the choice of Markem solutions for coding directly onto and marking of the boxes was dictated by motives of efficiency and reliability, confirmed by the ‘historical’ experience gained in a company environment.

Continuously, on flexible packaging
“When Mokapak acquired its first vertical packaging lines,” explains Godio, “it needed to be able to continuously mark the flexible bags; it was Markem who provided a suitable response right from the start, installing Touch Dry markers. The subsequent inclusion of Smartdate, used extensively today on almost all packaging lines, has improved efficiency: easy to use, flexible and accurate, they are an important link in a long and complex production chain.
Having to handle many production lines, the functioning of every detail is important. Paradoxically, effective and efficient systems have to help us to ‘forget’ the ‘problem’, which in this case is marking, by limiting the interventions to necessary operations, such as replacing the reels of foil, programming data, etc… The presence and legibility of the writing on the bags is also verified by regular checks by the operators”.

More information on the boxes
Regarding the so-called ‘end of line’, however, the choice of coding directly onto the boxes is more recent.
“The Markem 5000 coding machines,” continues Godio, “had been tried out at the Turin plant, on lines for the packaging of one kilo packs of coffee grains. When Mokapak also wanted to put codes the cardboard boxes, the efficiency demonstrated by the system was considered suitable for emerging requirements. So we opted for the same system, because of the excellent results obtained and the many advantages gained from its adoption: the resins can be changed without stopping the machine, daily maintenance and cleaning are simplified, cleaning operations with solvents are not necessary, and there is a wide choice of graphics and characters. So, printing all the variable information onto the boxes allowed us to eliminate substantial wastage of pre-printed labels”.
A safe system which, by avoiding many problems, has allowed productive efficiency to be increased.
“Although remaining a simple transport packaging,” adds Godio, “the box thus becomes an important vehicle for information, to be divided into different levels: the barcode printed on one side contains all the data relating to the filling and packaging line, needed for the good functioning of handling systems and the palletisation stations. And the coding and marking machines supplied by Markem have provided performance which has met all our expectations”.




Standard, con sorpresa
Dagli inizi del ‘900 a oggi, molto è stato fatto affinché il marchio Lavazza diventasse sinonimo di caffè di qualità, sia per i consumatori abituali, a casa o al bar, ovviamente, sia per il mondo della distribuzione automatica.
La storia dell’azienda è soprattutto la storia di una famiglia che, da quattro generazioni, lavora con grande passione per riuscire a coniugare qualità, tradizione e originalità.
Fare “cultura del caffè”, per Lavazza, si traduce nei continui investimenti in ricerca, in una grande cura dell’immagine e della comunicazione, nello sviluppo delle logiche commerciali che ne hanno permesso la diffusione in 80 Paesi, nella realizzazione di un Training Centre dove si tengono corsi di formazione per baristi addetti alla preparazione dei caffè negli esercizi pubblici. E in tante iniziative innovative, come ad esempio il recentissimo “Espesso”, un caffè solido che non si beve ma si mangia.
La capacità di “andare oltre” è uno dei tratti distintivi di questa realtà. Lo dimostra anche il progetto internazionale Lavazza “Blue” (Best Lavazza Ultimate Espresso), che (c’è da scommetterci, Ndr) creerà molto rumore nel mondo della distribuzione automatica, soprattutto perché rappresenta un prezioso biglietto d’ingresso nel mercato dei grandi numeri, ovvero del vending, che l’azienda piemontese ha fin qui presidiato in maniera parziale.
Presentato in occasione della fiera Venditalia 2004, si propone come un’integrazione dell’attuale sistema basato sulle tradizionali cialde stampate a iniezione e confezionate in sacchetti di materiale flessibile barriera. “Blue” è infatti un sistema “chiuso”, che prevede diverse tipologie di macchine e un’unica “nuova” capsula monodose. I distributori sono appositamente studiati per i vari settori di utilizzo (OCS, casa, vending) e la capsula autoprotetta (un “mini contenitore” termoformato di coestruso barriera con EVOH) garantisce la costanza qualitativa del prodotto; anche il metodo di estrazione è esclusivo e prevede la deformazione del fondo della cialda, con una successiva perforazione tramite un filtro a punte.
Come nella migliore tradizione Lavazza, la soluzione traccia dunque una nuova via di consumo, esaltando al contempo i fattori essenziali del “fare qualità”: grande praticità d’uso, garanzia di massima protezione, efficienza del sistema di erogazione e preparazione del caffè espresso. E, analogamente a quanto avvenuto all’inizio degli anni sessanta, con l’introduzione delle confezioni flessibili sottovuoto di caffè macinato (subito imitate dagli altri marchi), l’imballaggio diventa il veicolo tangibile della forza innovativa del marchio.



Standard, with surprises
From the early 20th century until now, much has been done to make the Lavazza brand synonymous with quality coffee, both for the habitual consumer, obviously, whether at home or in the bar, and for the world of automatic distribution.
The story of the company is above all the story of a family which, for four generations, has worked passionately to combine quality, tradition and originality. For Lavazza, producing “a coffee culture” means continual investment in research, in careful nurturing of the image and communication, in development of the marketing logistics which have resulted in its success in 80 countries, in the setting up of a Training Centre where training courses are held for bar staff to instruct them in the production of coffee in public outlets. And in many innovative initiatives such as, for example, the recent “Espesso”, a solid coffee which is not drunk but eaten.
The ability to “go a step further” is one of the company’s distinctive features. This is shown by the international Lavazza “Blue” project (Best Lavazza Ultimate Espresso), which (we can count on it, Ed) will cause a big stir in the world of automatic distribution, especially because it represents a valuable admission card to a big market, the vending one, which until now the Piedmont company has only partly conquered.
Presented at the Venditalia 2004 exhibition, this is an integration of the present system based on traditional pads, injection moulded and packaged in bags made from flexible barrier material. In fact, Blue is a “closed” system, using different types of machine and a single “new” single-dose capsule. Distributors are carefully selected to cover the various sectors of use (OCS, home, vending, etc) and the capsule is self-protected (a heat moulded mini container of extruded barrier material with EVOH) ensuring the constant quality of the product.
The extraction method is also exclusive and works through the deformation of the base of the pad, with further perforation by a spiked filter. In the best Lavazza tradition, the solution takes a new consumption route, at the same time exploiting the essential factors which “make quality”: great practicality in use, a guarantee of maximum protection, efficiency in the dispensing and preparation of espresso coffee. And, similar to what happened in the early 1970s, with the introduction of the flexible vacuum pack for ground coffee (quickly taken up by other brands) the packaging becomes a tangible vehicle of the innovative strength of the brand.