È l’imballaggio, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente!

… E parliamo di etichette food contact - Editoriale di Stefano Lavorini

Buon senso e razionalità sono merce sempre più rara in questo mondo che sembra ormai vivere di risentimenti, barricato dietro a un’intelligenza elementare che si propone di fare piazza pulita della riflessione, dell’analisi e del sapere, in quanto elementi di intralcio al cambiamento.

  * Italo Calvino, “Lezioni americane”, Garzanti Editore, 1988.

Come scrive Italo Calvino «A volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè nell’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze»*.

Per fortuna, c’è altro e proprio in ambiti in cui il fare ha ancora la sua rilevanza, come quello del packaging, a dispetto del fatto che sia ancora poco conosciuto e capito dai più (vedi l’affaire “plastica”).
Tanto per dire - ma certo non per caso - l’Italia ha una normativa sui prodotti a contatto con gli alimenti che è presa a modello a livello europeo, perché si posiziona ai vertici per quanto riguarda la tutela della sicurezza dei consumatori… ed è il Paese che fa più controlli.

Ciononostante la legislazione è molto complessa, e lascia ampie aree grigie, in cui per esempio ritroviamo le etichette destinate a  essere applicate su prodotti e confezioni.
Per fare chiarezza è stato compiuto un grande lavoro, che prosegue, come dimostra il nuovo Quaderno Gipea dedicato proprio alle etichette a contatto con gli alimenti.
Ne ha parlato Italo Vailati, vicedirettore generale di Assografici, in occasione dell’ultimo Convegno Tecnico del Gruppo Italiano Produttori Etichette Autoadesive che si è svolto a Milano nel  novembre scorso.

Si tratta di una sorta di vademecum per gli etichettifici, che va ben oltre l’obiettivo di aiutare queste aziende nel pianificare i controlli, le procedure e a predisporre la documentazione necessaria a soddisfare le crescenti istanze normative in fatto di sicurezza dei prodotti, tracciabilità e messa sotto controllo dell’intero processo produttivo (per intenderci dalla scelta e qualificazione dei fornitori, al trasporto e consegna ai clienti).

Va oltre perché richiama l’attenzione di utilizzatori e distribuzione sui potenziali rischi impliciti, ma non così evidenti, in talune applicazioni (ad esempio, le etichette peso/prezzo per l’ortofrutta); perché ribadisce la necessità di un dialogo con la pubblica amministrazione e le autorità di controllo, così da arrivare a definire un quadro normativo certo; perché introduce con chiarezza la necessità per i produttori di etichette che intendono servire il mercato food di fare un bilancio preventivo costi/benefici, alla luce del pesante quadro sanzionatorio in essere (cose da paura!).

Editoriale_genn-febb_2019.jpgPer queste ragioni se ne è discusso e si continuerà a farlo in previsione di avviare dei tavoli di confronto con tutti i soggetti della filiera in modo da arrivare a un documento condiviso, implementabile, che tenga conto di tutti quelli che sono, da un lato, i requisiti di legge, dall’altro quelli di mercato.

Insomma, anche in questo caso, appare evidente che l’imballaggio non si offre a comode semplificazioni perché - torno a Calvino - «Da qualsiasi punto di partenza il discorso s’allarga e comprende orizzonti sempre più vasti, e se potesse continuare a svilupparsi in ogni direzione arriverebbe ad abbracciare l’intero universo»*.

Insomma, parafrasando Humphrey Bogart nel film Deadline (in italiano L’ultima minaccia, 1952)… “È l’imballaggio, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente!”

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