September 2003





Il sapore della qualità
The taste of quality

Progettare il successo
Planning for success

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Flessibili e competitivi
Flexible and competitive

Plastica: converter a rapporto
Plastics: converters meet up

Fra rivendicazioni e impegno sociale
Between claims and social commitment

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Thoughts and action

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Blue crates: on the rise

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Più vicini al mercato, con intelligenza
Closer to the market, with intelligence

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L’assemblea annuale della federazione associazioni nazionali industria meccanica varia e affine (Anima) è stata l’occasione per divulgare i dati di bilancio (+1,7% la crescita in volume del comparto) e fare il punto sulle grandi questioni che influenzano l’economia. Ma anche per rivelare quanto buone, e modeste, sono le imprese del comparto. E.P.

"Il governo ha iniziato bene, ma poi ha smarrito la strada". Il presidente di Confindustria Antonio D’Amato apre l’assemblea annuale dell’Anima con la consueta verve, senza mancare l’occasione per ricordare all’esecutivo che la fiducia degli industriali è condizionata alla gestione rigorosa di scadenze cruciali come la riforma delle pensioni e di opportunità come il semestre di presidenza europea. Perché, nel frattempo, i “competitor” non stanno con le mani in mano: né gli orientali, a cui permettiamo di non rispettare troppe regole (riguardanti il lavoro, la competizione internazionale, la sicurezza…), né gli americani, impegnati in una manovra di portata eccezionale, che ha i suoi cardini nel finanziamento alla Ricerca ("in cui sono già i primi al mondo"), nella svalutazione del dollaro ("e non durerà poco") e in un’incisiva politica di alleggerimento fiscale e aiuti alle imprese (non riportiamo qui gli scontati commenti sulla situazione italiana, Ndr).
Il lungo discorso a braccio è sviluppato con toni vibranti - e non suona retorico - partendo da un timore di fondo: che si punti a stimolare i consumi con provvedimenti spot, senza impegnarsi a sostenere strutturalmente la capacità di spesa delle famiglie. Se così fosse, avverte D’Amato, potremmo solo anticipare nel tempo degli acquisti che non verrebbero rinnovati. Detto altrimenti: se i consumatori faticano ad arrivare a fine mese, è insensato cercare surrogati psicologici per “stimolare la fiducia”.
Purtroppo il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Roberto Maroni, invitato a far da contraltare, non c’era, impegnato nelle delicate riunioni pre-estive di partito, e in sua vece è intervenuto in chiusura di assemblea il sottosegretario Maurizio Sacconi, che ha speso il lungo intervento ad assicurare impegno sulle varie questioni che interessano la categoria (la sicurezza dei carrelli elevatori, le verifiche delle apparecchiature a pressione, la dichiarazione di origine dei prodotti, ecc.).
A metà fra i due autorevoli ospiti, è intervenuto Savino Rizzio, presidente dell’Anima, che ha restituito un quadro aggiornato dell’industria di settore.

Consuntivi e preventivi
Nel 2002, nonostante le note difficoltà, l’industria meccanica italiana è cresciuta dell’1,7% in volume e del 2,5% in valore, raggiungendo un fatturato complessivo di 33.351 milioni di Euro. Si segnala, soprattutto, l’incremento di vendite all’estero (+5,2%) che raggiungono un valore di 16.442 milioni di Euro, pari a quasi la metà del turnover di settore. Stabile, invece, la domanda interna, nonostante gli incentivi della Tremonti.
Quanto al 2003 - afferma Rizzio - nei primi mesi il settore ha segnato il passo, ma ultimamente si avvertono timidi segnali di ripresa che fanno sperare in una migliore seconda metà dell’anno. La crescita, stimata in un 3%, dovrebbe interessare ancora una volta soprattutto i mercati esteri, mentre su quello domestico sarà verosimilmente ancora modesta (+1,7%). Trend negativo, invece, per gli investimenti, cresciuti del 2% nel 2002 e ora in calo (circa -3,7%), mentre l’occupazione resta stabile (oltre 187.000 addetti).
Disomogeneo il contributo dei vari segmenti: accanto al buon andamento dei fabbricanti di macchine per la produzione di energia (i più importanti della categoria) e per l’edilizia, si segnala stabilità nella logistica e movimentazione e una lieve flessione presso i produttori di tecnologie per prodotti alimentari, per l’industria, e per la sicurezza.
Al di là delle difficoltà peculiari di ciascuno - sottolinea il presidente Rizzio - questi comparti condividono un grande problema: "Il nostro settore è soffocato da prodotti di infima qualità a costi risibili, frutto di dumping sociale ed ecologico […]. Vogliamo che ne sia dichiarata apertamente la provenienza (come accade negli Usa): è un indizio in più per rintracciarne l’origine quando non rispettano le norme a tutela della salute, sicurezza e ambiente".

La responsabilità sociale delle imprese
Rizzio, tuttavia, non ha solo motivi di preoccupazione. Le imprese che rappresenta sono brave (lo dicono i dati di bilancio) e anche buone. Lo rivela una recente indagine condotta da Anima su un centinaio di aziende campione - in collaborazione con ISVI e Neutra, e con la consulenza del ministero del Welfare - da cui risulta una chiara coscienza del ruolo sociale dell’impresa e una diffusa propensione all’intervento diretto. Purtroppo, commenta il presidente, solo 16 delle realtà interpellate hanno autorizzato a divulgare le informazioni raccolte, a significare che questo tipo di azione viene vissuta perlopiù come un fatto privato.
Rizzio accenna a un gran numero e varietà di buone azioni: dal finanziamento della casa di riposo o dell’autoambulanza, al sostegno alla protezione civile, ospedali e missioni in Africa, organizzazioni non profit di varia natura, passando per l’acquisto di prodotti tramite i canali del commercio “equo e solidale” e per l’impegno a ridurre l’impatto ambientale.
Due fatti che emergono dalla ricerca aiutano ad analizzare questi fenomeni: la già citata “modestia” per cui il bene si fa ma non si dice, e la scarsa diffusione del bilancio sociale, del codice etico e della certificazione di qualità ambientale, vissuti più come oneri burocratici che come possibilità (salvo, ovviamente, essere occasione di sgravi fiscali). Di più, le imprese intervistate si dichiarano in genere non disponibili ad assumere impegni e a sottostare a regole.
Appare, insomma, un atteggiamento di generosità non accompagnato da una corrispondente maturazione della coscienza: gli imprenditori sembrano essere disposti a “fare la carità” ma non a rendere conto dei propri “peccati”. Ipocrisia o mancanza di strumenti concettuali e legislativi adeguati? Vedremo come lo intende il governo, che ha inserito il tema della responsabilità sociale delle imprese fra le 5 priorità da trattare durante il semestre di presidenza nell’Unione.


Between claims and social commitment
The Annual assembly of the federation of different and similar Mechanical Industry National Associations (Anima) was the occasion to reveal final balance figures (+1.7% growth in volume in the sector) and to focus on the big questions affecting the economy. But also to reveal how good, and modest, are the companies in the sector. E.P.

"The government started well, but then lost it’s way". The chairman of Confindustria, Antonio D’Amato, opens the annual assembly of Anima with his usual verve, not missing the chance to remind the executive that industry’s trust is dependent on the rigorous management of crucial deadlines such as pensions reform and opportunities such as the six-month presidency of the European Union. Because, in the meantime, "competitors" are not standing idly by: neither the Far Eastern countries (whom we allow to show little respect for too many rules (regarding working conditions, international competition, safety, etc.), nor the Americans, committed to a move of great significance, rooted in the finance of Research ("in which they are already world leaders"), the devaluation of the dollar ("which is not merely a short-term measure") and an incisive easing of fiscal policies and help to companies (we are not reporting here the obvious comments about the Italian situation, Ed.)
The long and forceful speech continued in ringing tones – and not merely rhetoric – starting from a deep-rooted fear: that attempts were being made to stimulate consumption with advertising measures, without a commitment to structurally sustaining the family’s spending power. If this is the case, D’Amato insists, we can only look forward to purchases which will not be repeated. To put it another way: if consumers are fed up with reaching the end of the month, it is senseless to seek psychological substitutes to "stimulate trust".
Unfortunately, the Minister of Labour and Social Policies Roberto Maroni, invited to give the opposing view, was not there, being involved in delicate pre-summer party meetings, and taking his place to close the assembly was Under-Secretary Maurizio Sacconi, who used his long speech to assure commitment to the various questions affecting the sector (safety of fork-lift trucks, checking of pressurised equipment, declaration of the origin of products, etc.).
Putting the case for the middle ground between the two distinguished guest speakers was Savino Rizzio, Chairman of Anima, who presented an up-to-date picture of the sector.

Final balances
and estimates

In 2002, despite considerable difficulties, the Italian mechanical industry grew by 1.7% in volume and 2.5% in value, achieving an overall turnover of 33,351 million Euro. There was an especially notable increase in foreign sales (+5,2%) reaching a value of 16,442 million Euro, almost half the sector’s whole turnover. Domestic demand, however, was stable, despite the Tremonti incentives.
As far as 2003 was concerned, Rizzio confirmed, in the first three months the sector has marked time, but recently small signs of recovery have been apparent, giving hope of a better second half of the year. Growth, estimated at 3%, should also again affect foreign markets, while growth in the domestic market will realistically once again be modest (+1.7%). There was, however, a negative trend in investments, which grew by 2% in 2002 but are now falling (around -3.7%), while employment levels remain stable (more than 187,000 employees.
The contributions of different segments were uneven: alongside good progress by manufacturers of machinery for energy production (the most important in the sector) and construction, there was little movement in logistics and handling and a slight fall for producers of technologies for food products, industry and safety.
Above and beyond the special difficulties of each segment, emphasised chairman Rizzio, these areas all shared one large problem: "Our sector is stifled by products of very poor quality at absurd prices, the result of social and ecological dumping […]. We require that their origin should be openly declared (as is the case in the USA): it is one more clue to help trace their origin when they do not respect regulations for the protection of health, safety and the environment".

Companies’ social responsibilities
However, Rizzio does not only have reasons to worry. The companies represented are capable (the balance sheets show this) and also good. This is shown by a recent survey carried out by Anima involving a sample of a hundred companies – in association with ISVI and Neutra, in consultation with the Ministry of Welfare – showing that companies have a clear conscience regarding their social role, and a widespread tendency for direct action. Unfortunately, the chairman said, only 16 of the companies surveyed gave permission for the information collected to be revealed, meaning that this type of action is for the most part viewed as an internal matter.
Rizzio cites a large number and variety of good actions: from the financing of rest homes or ambulances to support for civil protection, hospitals and missions in Africa, non-profit-making organisations of various kinds, to the purchasing of products through "fair and agreed" commercial channels and a commitment to reducing their impact on the environment.
Two facts emerging from the survey help in the analysis of these phenomena: the already mentioned "modesty" by which good is done but not talked about, and the meagre distribution of the social balance, the code of ethics and certificates of environmental quality, which are seen more as bureaucratic burdens than as opportunities (except, of course, as a means of tax relief). Moreover, the companies surveyed generally stated that they are not prepared to take on commitments and be subject to regulation.
All in all, then, it seems that a generous attitude is not accompanied by a corresponding maturity of conscience: entrepreneurs seem disposed to "doing charitable acts" but not admitting their "sins". Hypocrisy, or lack of a suitable conceptual and legislative tool? We will see what the government intends to do, since it has placed the subject of companies’ social responsibility among the five priorities to be dealt with during Italy’s six-month presidency of the European Union.