Nuove storie di memoria

Meno male che le vacanze estive anche quest’anno sono alle nostre spalle. Finalmente abbiamo un anno intero per tornare a sognare… immaginando come sarebbe giusto vivere.

Editoriale di Stefano Lavorini

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Pensandoci bene, viene da chiedersi cosa esattamente ricordiamo di quanto vissuto nei giorni da poco trascorsi, per non dire di ciò che ci è accaduto addietro nel tempo. 
Quasi che, di nuovo bambini, tornassimo a interrogarci su “come andò che Maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino”.
Nel libro di Collodi, tutto appare chiaro e troviamo risposta alle nostre curiosità, ma non se mettiamo alla prova la nostra memoria che si rivela, più o meno, drammaticamente limitata.

A complicare la situazione non abbiamo cognizione alcuna del perché ricordiamo spesso fatti insignificanti, perdendo traccia di contro di avvenimenti (forse) ben più rilevanti.

Potrebbe essere - come scrive Milan Kundera in “L’ignoranza”1- che non siamo capaci di accettare che “una realtà così com’era non esiste più; restituirla è impossibile”.

Belle le riflessioni dell’autore sul diario del protagonista, che mi sembra possano valere per qualsiasi genere di archivio digitale: “Le annotazioni parlano di avvenimenti che il loro autore non ha motivo di negare e che tuttavia la sua memoria non può confermare”.
Tutt’al più, infatti, siamo in grado di avere ricordo di singoli frammenti, episodi che, nel tentativo di assegnar loro un significato, siamo portati a inserire in una “sequenza causale di altri avvenimenti, di altri gesti, di altre parole”.
E poiché li abbiamo dimenticati non ci resta che inventarli.

Grande è poi l’equivoco che nasce pensando di condividere con un’altra persona i medesimi ricordi. Può essere solo in parte vero perché, del passato, a entrambi, sono rimaste impresse solo alcune situazioni particolari, ma non necessariamente le stesse. I ricordi a volte si somigliano, ma di rado collimano.

Un ulteriore enigma della memoria è legato al fatto che il passato che ricordiamo sembra essere senza tempo. Abbiamo spesso nella mente solo un fermo-immagine, che rende “Impossibile rivivere un amore come rileggiamo un libro o rivediamo un film”.    

Che dire, allora, della tecnologia che sta sostituendo la nostra memoria? Ci viene in aiuto Umberto Eco2, spiegandoci che, in passato, i vecchi sono stati la memoria della specie, quando raccontavano quello che era accaduto o, si diceva, fosse accaduto: “Prima che si iniziasse a coltivare questa memoria sociale, l’uomo nasceva senza esperienza, non faceva in tempo a farsela, e moriva. Dopo, un giovane di vent’anni era come ne avesse vissuti cinquemila. […] Oggi i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissute moltissime. […] Naturalmente potremmo ricordare anche menzogne, ma leggere aiuta anche a discriminare. Non conoscendo i torti degli altri, l’analfabeta non conosce neppure i propri diritti”.

Chi se ne ricorda?
 

1 Milan Kundera “L’ignoranza”, Adelfi Edizioni Spa, 2001
2 Umberto Eco, La bustina di Minerva 1990-2000, La nave di Teseo Editore srl, 2020;

 

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