Packaging, il futuro dei mercati secondo UCIMA, PMMI e VDMA

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I trend dell’industria mondiale dell'imballaggio analizzati da tre importanti associazioni nazionali di categoria

di Generoso Verrusio

I principali trend dell’industria mondiale del packaging analizzati da un punto di vista privilegiato come solo quello di un’associazione verticale, nazionale e di categoria può avere. È stato questo il valore aggiunto e più genuino del convegno “Mercati mondiali a confronto: il futuro delle tecnologie per il packaging”, un dialogo a tre voci che mercoledì pomeriggio, all’interno dell’Innovation Space di Ipack-Ima, ha riunito le principali associazioni del packaging di Italia, Usa e Germania.

Luca Baraldi (UCIMA), Jorge Izquierdo (PMMI) e Richard Clemens (VDMA), con la moderazione del direttore di ItaliaImballaggio, Davide Miserendino, hanno delineato lo stato dell’arte dei rispettivi mercati di riferimento.

Mercati mondiali a confronto

Baraldi: “Adattamento la chiave del successo italiano”

Luca Baraldi, Chief Research Manager di UCIMA e del Centro Studi MECS, ha aperto i lavori con una panoramica sulle dinamiche che stanno ridefinendo il settore in Italia. “Le macchine per il packaging hanno mostrato grande capacità di adattamento, puntando su automazione, digitalizzazione e sostenibilità”, ha spiegato Baraldi.

Nel 2024, l’industria italiana delle macchine per il packaging ha raggiunto un fatturato complessivo di 9,8 miliardi di euro (+6,1%). Di questi, 7,6 miliardi derivano dall’export (+4,2%) e 2,2 miliardi dal mercato interno (+12,3%). Le regioni-locomotiva di queste performance eccezionali restano invariabilmente Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

I principali settori clienti sono il food&beverage (56,9%) e il non food – farmaceutico, cosmetico, chimico – (43,1%). Dal punto di vista tecnologico, le macchine primarie (riempimento, chiusura, form fill seal) rappresentano oltre il 50% del fatturato, seguite da quelle per il confezionamento secondario (20,3%) ed end of line (14,2%).

Lo scorso anno, tenendo come metro di paragone il 2023, le esportazioni italiane hanno mostrato andamenti contrastanti: bene America Latina (+12,9%), Africa e Oceania (+9,8%) e Ue (+4,3%); hanno rallentato, invece, Nord America (-5,5%) e Asia (-0,1%). Tra i singoli Paesi spiccano le crescite verso Messico (+19,7%) e Spagna (+14,5%), mentre calano gli scambi verso Stati Uniti (-6,3%) e Francia (-0,2%).

Il mercato mondiale delle macchine per imballaggio è atteso in crescita con un CAGR del 4,1% tra il 2023 e il 2028, passando da 53,4 a 65,2 miliardi di euro. I mercati con le migliori prospettive di crescita per l’export italiano sono India, Perù, Sud Corea, Indonesia e Arabia Saudita: tutti Paesi in cui l’export si sostanzia con tassi superiori al 5%.

Clemens: "Europa, uniamo forza e intelligenza produttiva"

Richard Clemens, Managing Director di VDMA per il food processing e il packaging machinery, ha offerto il punto di vista della manifattura tedesca. La Germania sta investendo capitali importanti nell’automazione e nella digitalizzazione delle linee, anche in ragione del fatto che “la resilienza delle catene di fornitura passa dalla capacità di rendere i sistemi produttivi più connessi e sostenibili”.

Gli Stati Uniti – come già per l’Italia – sono il primo mercato di sbocco delle macchine tedesche, che in valore assoluto valgono qualcosa come 1,8 miliardi di euro nel 2024 (sui 7 miliardi fatti su scala globale dall’intero comparto teutonico).

Negli ultimi 13 anni il volume produttivo delle macchine per il packaging tedesche è praticamente raddoppiato, ma sempre più si è fatto sotto un competitor insidioso come la Cina. 

"A livello europeo", insiste Clemens, "abbiamo la necessità di unire le forze per mantenere alti gli standard produttivi del nostro settore. Due macchine su tre sono prodotte ancora nel Vecchio Continente e ogni anno abbiamo un incremento produttivo nell’ordine del 6%. Guai a disperdere questo patrimonio di conoscenza e competenza".

Izquierdo: “In Usa difficoltà a reperire tenici specializzati”

Dal lato americano, Jorge Izquierdo, vicepresidente Market Development di PMMI (l’associazione a stelle e strisce delle tecnologie per il packaging e il processing), ha osservato: “Stiamo registrando una forte accelerazione nell’adozione di soluzioni sostenibili, ma anche una crescente attenzione alla flessibilità delle linee di confezionamento. L’integrazione con l’Ai è ormai parte integrante delle strategie industriali più avanzate”. 

Izquierdo ha pure sottolineato l’importanza delle competenze: “In un mondo dominato dalla tecnologia, la formazione degli operatori diventa un asset competitivo”. Oltre il 60% dei costruttori Usa segnala difficoltà nel reperire tecnici specializzati. Inoltre, il 30% dei lavoratori del settore ha più di 55 anni: il rischio di perdita di know-how è dunque molto elevato. Circa il 45% delle aziende – conclude il suo ragionamento l’associazione statunitense – ha avviato piani strutturati per integrare sensori, Ai e manutenzione predittiva nei macchinari.

Gli Stati Uniti restano, senza tema di smentita, il più grande mercato packaging del continente americano. Dal punto di vista della produzione interna si assiste a una crescita costante. Le previsioni al 2028 indicano un incremento stabile, compreso tra il 6 e l’8%. Pur essendo un Paese produttore, gli Usa continuano a importare macchinari dall’Europa (soprattutto da Italia e Germania), in particolare per applicazioni ad alta tecnologia. La quota importata è soggetta a oscillazioni dovute alla politica trumpiana sui dazi.

Il Canada è un mercato più contenuto in termini di volumi, ma comunque in crescita. Il valore delle importazioni sconta una forte dipendenza dalle tecnologie estere, soprattutto europee, e le proiezioni 2025-2028 indicano una crescita guidata da investimenti nel settore alimentare, beverage e farmaceutico.

Tra i mercati emergenti il Messico registra una crescita significativa dei volumi delle importazioni. Le stime al 2028 mostrano un CAGR superiore al 5%.

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