Stefano Lavorini













Come scroscio di pioggia su nuda lamiera, gli applausi segnano e sorreggono la bravura dell’artista nel dispensare emozioni e suggestioni alla ricerca ogni volta di un esito diverso per la stessa storia.
Chi ascolta sta costretti tra ciò che è, e ciò che avrebbe potuto essere, e tra il pubblico i più attenti all’imprevedibile accavallarsi dei passaggi, all’armonioso svolgimenti dei temi, alla sapiente scelta dei suoni (delle parole) riescono a distillare un sentimento di armonia di difficile comprensione, ma anche di grande fascino.
La contrapposizione tra buio e luce, tra desiderio e disinganno, resta elemento di un dualismo che è mezzo e fine, fattore di indeterminatezza che rappresenta l’essenza di una sfida capace di togliere il fiato e dare bellezza all’imperfezione.
Bianco nero, bianco nero, nero e bianco…
Tra virtuosismi e chiusure che negano qualsiasi senso, ecco che, il dispettoso demiurgo, si ricorda di far sentire, solo a margine, il sentimento di una coralità totalizzante e confortante. Cosi chiude, come in un vigoroso abbraccio a ricomporre diversità fin troppo eclatanti, velando gli sguardi a suggerire una possibile dimensione che tutto in sé racchiude.
Lui, di fronte al piccolo grande mondo che lo circonda, ancora una volta ha portato avanti con ricercata efficacia, rinunciando a facili e collaudate scelte, il suo discorso di lucidità, già sapendo, cocciuto, che i sordi mai torneranno a udire. Ha insistito, forte degli anni che si fan tanti, menando fendenti, disperati dal tempo ormai trascorso.
Musica per le orecchie di chi sa ascoltare, rumore fastidioso per chi non vuol pensare.
E va avanti, continua con sapienza ad articolare temi semplici col gusto di una lucida perfezione, a tener a bada il fato, non penando troppo per le critiche invidiose, ed accettando rassegnato l’idea che prima o poi lo confonderanno, lo dimenticheranno.
Ha nelle sue mani il destino di uomo tra gli uomini in una prospettiva che stratifica il valore, cancellando qualsiasi diversità, in un divenire di necessità.
Dispettoso, cocciuto, maestro di vita tu puoi. Tu puoi (noi possiamo)
“cambiare un po’ il finale 
prima che il mondo 
rida o si commuova 
applauda o se ne vada 
ai titoli di coda”(1)

Dedicato ai grandi vecchi che continuano a far musica, e a tutti quelli che non smettono di lottare per migliorarsi. Un ringraziamento particolare a Keith Jarrett, Bruce Springsteen e Claudio Baglioni(1).







Music and words

Like a shower of rain on bare sheet metal, the applause marks and upholds the bravura of the artist in dispensing emotions and splendour, each time seeking a different ending for the same story.
The listener lies forcibly stretched between what one is and what one could have been, and among the audience those most tuned to the quickening succession of passages, to the harmonious development of themes, to the skilful choice of sounds (of lyrics) manage to distil a sentiment of harmony difficult to comprehend, but truly fascinating for all that.
The contrast between darkness and light, between desire and disillusionment, remains part of a dualism that is both means and end, a factor of the undetermined that represents the essence of a challenge capable of taking ones breath away while bringing beauty to imperfection.
White and black, black and white, white and black…
Between virtuosity and closing phrases devoid of all sense, one is as it were mischievously albeit marginally invited to sense a comforting and totalising concerted nature. Thus, like in a vigorous embrace that reconciles all too glaring differences, the sound closes offering veiled gazes that suggest a possible all-containing dimension.
He, faced with the little-big world all about him, has once more applied his lucid approach with refined effectiveness, forgoing easy and well-worn choices, already stubbornly knowing that the deaf never get their hearing back. He has insisted, bolstered by his now many years, letting fly blows despairingly weighted with the time that has already passed.
Music for the ears of those who are able to listen, irritating noise for those who refuse to think.
And he goes on continuously, knowingly, articulating simple subjects with the relish of lucid perfection, to keep fate at arms length, not too overwrought by the envious criticisms, and resignedly accepting the idea that sooner or later they will mistake him for someone else and forget him.
He has in his hands the destiny of a man amidst men in a prospect that stratifies value and cancelling out any difference, in a becoming of necessity.
Mischievous, stubborn, master of life you can. You can (we can)
“change the finale
before the world
laughs or is moved
applauds or leaves
at the finishing credits”(1)

Dedicated to the timehonored men that continue to make music, and to all those who never stop the struggle to better themselves. A special thanks to Keith Jarrett, Bruce Springsteen and Claudio Baglioni (1).