Fuck plastic… no grazie!

L'editoriale di Stefano Lavorini

Presenti in presenza: questa la cifra che sta segnando la ripresa delle attività dopo l’estate. A dispetto delle incognite che si moltiplicano a livello politico-diplomatico, Il mondo dell’imballaggio sta infatti vivendo una stagione di grande dinamismo: la domanda continua a crescere (così sembra) nonostante le difficoltà di approvvigionamento di materiali e componenti e l’aumento iperbolico dei costi energetici.

Questo è quanto ci hanno confermato produttori di packaging e costruttori di macchine presenti all’Achema di Francoforte, al Drinktec di Monaco, al FachPack di Norimberga, al Luxe Pack Monaco di Montecarlo, al Forum Meccatronica di Padova.

Tema dominante resta ovviamente la sostenibilità, declinata in un’infinità di varianti più o meno veritiere e significative. Insomma di green washing ce n’è ancora tanto, ma non mancano esempi virtuosi costruiti su basi di serietà e oggettività.

Il nuovo catalogo di Eurovetrocap “zero in.pack”, ad esempio, è arricchito con contenuti che vanno oltre la semplice presentazione dei prodotti, in quanto per ogni categoria è stata inclusa un’analisi comparativa del ciclo di vita (LCA), così da spiegare perché una soluzione di packaging è meno impattante di un’altra, e quali compromessi è necessario accettare nel caso di soluzioni alternative, come i contenitori ricaricabili, alleggeriti o realizzati con materiali riciclati.
Oltre a illustrare le varie tipologie di plastiche, e non solo, sono messi in evidenza, tra l’altro, i difetti che si hanno quando si opta per materiali riciclati, in termini di cromatismi e di estetica (nel caso di contenitori soffiati: puntinatura, buccia di arancio, ecc.).
Un esercizio premiante in termini di trasparenza…

Eppure… Eppure non mancano casi biasimevoli e a mio avviso sorprendenti.
Così una storica e blasonata cartiera tedesca come la Gmund sfoggiava in fiera (a Luxe Pack) una grande parete retroilluminata con il pay off “fuck plastic”: roba da non credere!
Il celodurismo - termine sdoganato anche dalla Treccani - non conosce confini e sortite di siffatta brutale radicalità e intransigenza vanno a discapito di tutto il settore, semplificando e banalizzando una questione serissima, come quella della sostenibilità, che è quanto mai complessa.

Tanto per dire, ricordo la diversificazione contributiva degli imballaggi di carta applicata da Conai, che fa capire che nessuno è senza peccato, dal punto di vista della raccolta differenziata, il riciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggi.

A cui potremmo aggiungere che le materie plastiche biodegradabili, come l’acido polilattico (PLA) e i polimeri a base di amido, dovrebbero segnare una crescita annuale superiore al 10% fino al 2031, mentre le plastiche biobased che non sono biodegradabili, come PE, PET o PA, avranno un trend inferiore pari 7,5% l’anno (fonte Ceresana).

Sul fronte automazione e macchine, l’impegno dei costruttori è tutto in direzione dell’efficientamento dei processi produttivi, della digitalizzazione delle operazioni e della riduzione dell’impronta ecologica dell’imballaggio (risparmio di materiali e consumi, ottimizzazione nell’utilizzo di packaging alternativi, ecc.).
In questo ambito, segnalo il lavoro portato avanti da B&R Automazione per utilizzare materiali green nell’elettronica di potenza, in particolare nitruro di gallio come semiconduttore per i MOSFET (Forum Meccatronica).

Insomma, mentre assistiamo a un boom dell’intelligenza artificiale e delle pratiche etiche, in certi ambiti quello che sembra difettare è un po’ di umano buon senso. E di buon gusto. 

Credits immagine di apertura: foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

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