| | | | | |  | | Paperotti & friends
To be superior to others you have to be either totally desperate or terribly rich. The former have the drive of those who, for the first time, find themselves desiring something that goes beyond simple survival; the latter the infinite possibilities offered by being able to make mistakes.
Everything is stratified in our experience, to then be put back together according to the whims of destiny, with results that can be good or bad.
But this does not suffice to explain the difference between he who in solitude fights his own personal battle against all and everyone as a form of compensation for presumed wrongs suffered; and he who pursuing his own ends, be it thanks to their intelligence or the workings of fate, is fortunate enough to be able do good for others, in spite of everything. Luciano Pavarotti teaches us.
Nessun dorma... (stayeth thou awake) this is the time, the time in which we live, where extremes meet, where the old and the new meet doing a duette or in a TV beer ad. The stars of showbusiness, the real ones, virtually immortal icons, seem to have waned forever. Thus, watching any TV program, we discover the myths of our adolescence - with some exceptions - stooping to sell off their story for a fleeting moment of “cathodic” visibility. But how can we blame them! They themselves, perhaps even before we humble souls, are forced to suffer the iron rules of appearance and the anguish of no longer having an identity in the eyes of others, and even worse in their own eyes.
Hear! Hear! ... “with 45,000 lire you can buy 15 tanks of water...” somebody (smilingly) chimes from the TV screen. But they forget to say, and without any embarrassment whatsoever, that a poor family could live for a year on the price of your average soubrette’s costume.
So long live our stars who incite the population to a civil race of solidarity, if this will bring relief to some poor wretch, even if it will not be enough to raise him from his social alienation. Long live showbiz, that with equal indifference digests the good and the bad, the well-meaning and the wicked, love and envy... because, anyway - we are told - the spectators are able to “separate the wheat from the chaff”.
Perhaps things aren’t really quite like this, one has to avoid trying to be original at all costs: someone might say that there is nothing to be shocked about and that the world has always been like this...
And then, are we sure that what happens in video is nothing but the reflection of what we experience everyday in our offices and firms?
P.S. I suspect on this count that the only real difference lies in the greater and more unscrupulous use of “tits” in television, despite the fact that one is speaking of the survival of entire populations (men, not numbers). We might be better off living in our own domestic theatre! |  | | Per essere superiori agli altri bisogna essere o troppo disperati o troppo ricchi. I primi hanno la forza di chi, per la prima volta, si trova a desiderare qualcosa che vada oltre la semplice sopravvivenza; i secondi l’illimitata possibilità offerta dal poter sbagliare.
Tutto si stratifica nella nostra esperienza, per poi essere ricombinato secondo i capricci del destino, con risultati più o meno buoni.
Ma questo non basta a spiegare la differenza tra chi, in solitudine, combatte la propria personale battaglia contro tutto e tutti, a risarcimento di presunti torti subiti; e chi, perseguendo fini propri, per intelligenza o per sorte, ha la fortuna di fare del bene agli altri, malgrado tutto. Pavarotti docet.
Nessun dorma… È il momento, quello che viviamo, in cui gli estremi si toccano, dove il vecchio e il nuovo si incontrano in un duetto o in uno spot pubblicitario della birra.
Le stelle dello spettacolo, quelle vere, fulgide icone quasi immortali, sembrano tramontate per sempre. Così, guardando un qualsiasi programma televisivo, scopriamo che i nostri miti dell’adolescenza - fatte salve le eccezioni - si piegano fino a svendere la propria storia per un attimo di visibilità “catodica”. Ma come biasimarli! Essi stessi, forse prima “de noartri”, patiscono le ferree regole dell’apparire e l’angoscia di non avere (più) un’identità nei confronti degli altri e, quel che è più grave, di se stessi.
Udite, udite ... “con 45.000 lire si comprano 15 taniche per l’acqua...”, ci ammoniscono (sorridendo) dal video. Ma omettono di dire, e senza provare il benché minimo imbarazzo, che con il costo di uno dei vestiti della soubrette di turno si potrebbe dar da mangiare a una famiglia di poveracci per un anno.
Evviva allora i nostri divi che incitano il popolo a una civile gara di solidarietà, se questo porterà sollievo a qualche derelitto, anche se non lo potrà sollevare dalla sua emarginazione. Evviva la macchina dello spettacolo, che digerisce con pari indifferenza il brutto e il bello, i buoni sentimenti e la perfidia, le passioni e le invidie ... perché, tanto - ci dicono - gli spettatori sanno ben “separare l’oglio dal miglio”.
Forse non è vero che le cose stanno proprio così e bisogna stare attenti a fare a tutti i costi la voce fuori dal coro: qualcuno potrebbe ribattere che non c’è niente di cui scandalizzarsi e che il mondo è sempre andato così…
E poi, siamo proprio convinti che ciò che accade in video non sia altro che lo specchio di quello che viviamo tutti i giorni in azienda?
P.S. Sospetto, a questo proposito, che la vera differenza sia nell’uso più massiccio e spregiudicato delle “tette” che viene fatto in TV, a dispetto del fatto che si parli della sopravvivenza di intere popolazioni (uomini e non numeri). Meglio forse il nostro domestico palcoscenico, allora! | | | | | |
