November/December 2003





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Alle prese con il rallentamento generale dei consumi e minacciati da concorrenti sempre più agguerriti, i produttori nazionali di shopping bag di carta fanno il punto della situazione e propongono alcune norme per facilitare i rapporti fra fornitori e clienti.
A. S.

Un insieme di aziende talvolta diverse per storia e carattere, ma accomunate dalla volontà di promuovere iniziative comuni per valorizzare il proprio lavoro: si tratta del Gruppo Italiano Produttori di Shopping Bag, l’organizzazione costituita in seno ad Assografici che riunisce i produttori di sacchetti tipo shopper realizzati con la carta.
I membri del Gruppo si sono confrontati di recente sulle attuali difficoltà del comparto, in un momento in cui l’incertezza diffusa e la conseguente stagnazione dei consumi deprimono quei settori tradizionalmente forti (in primo luogo l’abbigliamento) che negli ultimi vent’anni hanno fatto da volano alla rapida crescita della domanda di shopping bag. Per comprendere meglio le caratteristiche di questo settore e le sue potenzialità abbiamo incontrato Luigi Fiorini, presidente di turno del Gruppo (nonché titolare di Fiorini International), che oltre a tratteggiare un quadro a chiaroscuro del mercato e indicare con forza i nodi ancora da sciogliere, ci ha presentato alcune iniziative intraprese dall’associazione tese a ridurre le possibilità di contenzioso con i clienti.

Un mercato giovane
Per quanto riguarda la produzione dello shopper di carta in Italia, è possibile fare riferimento a una data ben precisa: il 1984, quando venne introdotta la cosiddetta “legge delle 100 Lire” (oggi sarebbero quindi circa 5 centesimi di Euro, inflazione esclusa). Con quel provvedimento era stato deciso, come tutti ricorderanno, di far gravare sui sacchetti di plastica un onere aggiuntivo per limitarne il consumo a favore degli shopping bag di carta, ritenuti maggiormente eco-compatibili.
"Sia ben chiaro che i sacchetti di carta esistevano anche prima di allora - puntualizza Luigi Fiorini - pur tuttavia l’intervento del legislatore segnò la storia del settore in modo radicale, convincendo molte aziende a investire sullo shopper di carta, ovvero a riconvertire o diversificare la propria attività in funzione di questo dettato. In alcuni casi si trattò di produttori di sacchetti di plastica che decisero di lavorare con un "nuovo" materiale, in altri casi erano invece le aziende che realizzavano sacchi di carta per uso industriale (per farina, zucchero, mangimi o cemento) a orientarsi su tipologie e formati differenti".
Si tratta quindi di realtà industriali dalle radici molto diverse, dunque, e che peraltro operano in un settore giovane e, per certi versi, ancora poco definito, difficilmente riassumibile in cifre.
Le stime del Gruppo Shopping Bag parlano infatti di una trentina di aziende attive in Italia, alcune di medie dimensioni, la maggior parte piccole e a conduzione per lo più familiare, molto spesso alla prima generazione, che esportano in media circa il 40% della loro offerta.
"Le aziende maggiori, quelle che producono “in automatico” - spiega Fiorini - hanno effettuato ingenti investimenti in macchine da stampa e confezionamento, dotandosi degli strumenti per far fronte ai grossi ordinativi garantendo prezzi competitivi e tempi di consegna ridotti. Si sono dunque generate economie di scala, insomma, per abbattere i costi fissi (legati agli investimenti iniziali) e che consentono di avere un maggior potere contrattuale nei confronti dei fornitori di materia prima. Altre aziende, invece, si sono concentrate sulla produzione di tipo artigianale di shopper manuali in piccole tirature, decentrando parte della lavorazione a ditte esterne specializzate nella fornitura di servizi come stampa, plastificazione e confezionamento".
Variegata è anche la domanda, dai grandi magazzini alle importanti catene di abbigliamento, dalle maison dell'haute couture alle boutique di piccoli e grandi centri urbani.
"I clienti - puntualizza a proposito Fiorini - esprimono ordinativi che variano dai 20 milioni di shopper/anno prodotti in automatico per la GDO, a due colori e su carta color avana, sino a poche migliaia di sacchetti quasi artigianali e di elevata qualità, stampati a otto colori su carta patinata".
Se la "giovinezza" e la frammentarietà del comparto rendono arduo il compito istituzionale del Gruppo Italiano Produttori di Shopping Bag, vi è un ulteriore aspetto che frena il lavoro dell’organizzazione: l’assenza di un interlocutore analogo negli altri Paesi europei.
"La condizione indispensabile per la nascita di un’associazione di settore - sottolinea il nostro interlocutore - è che sul mercato operino diverse imprese. In Germania, Francia, Gran Bretagna o Svezia, a differenza dell’Italia, vi sono solo due, talvolta tre grandi gruppi multinazionali (nati in genere dopo un processo di integrazioni e acquisizioni) che hanno cancellato ogni altro concorrente. All'estero, quindi, non esistono organismi simili al nostro, e di conseguenza siamo soli nel definire le strategie da opporre a una competizione globale".

Minacce dal lontano Oriente
Nella produzione di shopping bag, un aspetto essenziale (oltre al prezzo della materia prima) è il costo della manodopera. La considerazione vale tanto più per quei produttori che annoverano fra i propri clienti i grandi nomi della moda e della profumeria che, in genere, richiedono sacchetti di qualità elevata, quasi “artigianale” per le finiture accessorie, però in grandi quantitativi.
"Ed è proprio in questo ambito - afferma Fiorini - che i produttori nazionali si devono difendere dalla concorrenza straniera, in particolare quella asiatica, che si sta imponendo sui mercati mondiali in virtù di prezzi più bassi. Le differenze si spiegano certo con l’inferiore costo della vita che si registra in quelle regioni, ma non è sempre facile escludere situazioni di palese sfruttamento dei lavoratori o il ricorso alla manodopera minorile. Condizioni queste per noi censurabili, che possono però aver sostenuto Cina e Paesi limitrofi nella conquista di quote di mercato crescenti, ieri in America, oggi in Europa, domani (forse) in Italia".
Scartata a priori la tentazione di chiedere un dazio per i prodotti cinesi, si sta invece rafforzando la proposta di istituire e pubblicizzare fra addetti ai lavori e pubblica opinione una sorta di "marchio etico", per distinguere e riconoscere le imprese che rispettano la dignità delle persone e competono in modo leale.
"Il problema, del resto, è molto serio - ragiona Fiorini - e non basta la proverbiale vocazione alla qualità e all’innovazione che caratterizza la nostra industria per mantenersi al riparo da una concorrenza che sembra inarrestabile. Noi produttori italiani, tuttavia, godiamo di un vantaggio importante. Mi riferisco alla vicinanza culturale e geografica al cliente, che ci consente di formulare proposte personalizzate, in tempi estremamente ridotti. Un plus di servizio fondamentale, questo, specie quando la domanda non è programmabile, le tirature tendono a essere limitate e le modifiche frequenti, come accade nel dinamico e complesso mercato italiano. In altri Paesi europei, al contrario, è più facile trovare grandi clienti con domande stabili e pianificate con un certo anticipo, condizioni che spiegano il maggior impatto delle aziende cinesi di là delle Alpi".

Capitolati per migliorare l'offerta
Oltre a promuovere una maggiore conoscenza del proprio settore e a tentare di rispondere alle difficoltà del momento (viene esclusa la guerra sul prezzo, che deprimerebbe l’intero comparto), il Gruppo sta affrontando una questione importante, ossia la definizione di capitolati fra fornitori e clienti che diano trasparenza ai rapporti, come hanno già fatto altri Gruppi di lavoro in seno ad Assografici.
"Stiamo lavorando - spiega il presidente - non solo per arrivare alla stesura del capitolato di condizioni di vendita e d’acquisto, ma anche per dirimere alcuni problemi tecnici. In primo luogo la fedeltà cromatica, con il tentativo di definire un catalogo di riferimento per i venditori, stampato su supporti differenti (carta avana e bianca, kraft e patinata). Lungi dall’essere la panacea che risolve ogni problema, questo catalogo si pone come un valido ausilio soprattutto per i piccoli clienti, non abituati a seguire direttamente le fasi di avviamento della stampa. Un altro tipo di contestazione abbastanza frequente è quella relativa alla dimensione della tiratura; mi riferisco ai sacchetti realizzati in sovrannumero per compensare eventuali scarti, che il cliente poi non intende pagare. Infine, occorre definire regole certe anche in relazione alla costanza della qualità di stampa per l’intera tiratura.
A dire il vero, superare le opinioni divergenti e redigere un documento chiaro, condiviso sia dai produttori sia dagli acquirenti, rappresenta un grosso sforzo. Ma molto più impegnativo, lo sappiamo, sarà riuscire a diffondere una cultura tecnica di base cui tutti possano attingere, per aiutare ognuno di noi a formulare richieste puntuali e ragionevoli e a comprendere le ragioni dell’interlocutore".




Carrier bags: an Italian phenomenon
Having to deal with the general slowdown of consumption and threatened by an evermore battlehardened competition, Italian paper carrier bag producers are reviewing the situation and propose some standards to facilitate relations between suppliers and customers. A.S.

A collection of firms at times different in terms of history and character, but that are united by the will to promote unified undertakings to enhance the value of their own work: this the Gruppo Italiano Produttori di Shopping Bag, organization that comes under Assografici that unites producers of carrier bags made in paper.
The members of the group recently met up to discuss and tackle the current sector difficulties, in a moment where broadscale uncertainty and the consequent stagnation in consumption are depressing those sectors that are traditionally strong (first and foremost clothing) that over the last twenty years have driven the rapid growth in demand for carrier bags.
To better understand the features of this sector and its potential we met Luigi Fiorini, current president of the Group (as well as owner of Fiorini International), who as well as tracing out a picture of the market full of light and shade and indicating the problems that still have to be solved, presented some undertakings made by the association with the intention of reducing potential disputes with the customer.

A young market
As far as the production of paper carrier bags in Italy is concerned, one can refer to a distinct date: 1984 when the socalled “100 lire law” was introduced (today equivalent to 5 Eurocents, excluding inflation). This measure was the result of the decision to make plastic bags more costly to limit their consumption and favor the paper carrier bag, considered more ecocompatible.
“Paper carrier bags obviously existed before that - Luigi Fiorini points out - though all the same the ruling marked the history of the sector in a radical manner, convincing many concerns to invest in paper carrier bags, meaning reconverting or diversifying their activities in line with the same ruling. In some cases we are talking about producers of plastic bags who decided to work a “new” material, in other cases it was the firms that made paper bags for industrial use (for flour, sugar, animal feed and cement) who went in the direction of different types and formats”.
Hence an industrial area with very different roots, that among other things operates in a young and in many ways still undefined sector that is hard to sum up in figures.
Gruppo Shopping Bag estimates in fact speak of some thirty concerns active in Italy, some of medium size, most small and family run, very often first generation, that on average export 40% of their output.
“The larger concerns, those that produce “automatically” - as Fiorini explains - have made huge investments in print and packaging machines, giving themselves tools for tackling large orders, guaranteeing competitive prices and short delivery times. Hence economies of scale have been created to reduce fixed costs (linked to initial investments) and that allow one to have a greater bargaining power with the suppliers of raw materials. Other companies on the other hand have concentrated on the handicraft type production of carrier bags in small runs, farming out part of the process to external firms specialised in the supply of services such as print, plastifying and packaging”.
Demand is also varied, ranging from the large stores to important clothing firms, from the maison d'haute couture to the boutiques in the small and large urban centres.
As Fiorini points out - “the customers put in orders that vary from 20 million carrier bags a year produced automatically for broadscale distribution, in two colors and on light brown paper, to the odd thousand high quality bags that are virtually handcrafted, printed in eight colors on glossy paper”.
If the “youthfulness” and the fragmentary nature of the segment make the institutional task of the Gruppo Italiano Produttori di Shopping Bag an arduous one, there is a further aspect that puts a brake on the work of organization: the absence of similar bodies in other European countries.
“The essential condition for the creation of a sector association - Fiorini states - is that a number of concerns are operating on the market. In Germany, France, in the UK or Sweden, as opposed to Italy, there are two, maybe three large multinational groups (generally created after a process of integration and purchasing) that have wiped out all the other competitors. Hence abroad organizations similar to our one do not exist, and hence we are alone in defining the strategies to face up to a global competition”.

Threats from the Far East
In the production of shopping bags, an essential aspect (as well as the raw material prices) is the cost of the workforce.
The consideration goes all the more for the large producers that number big names of fashion and perfumery among their customers, that in general require high quality bags, virtually handcrafted in terms of their finishings, though in great quantity.
“And it is in this very environment - Fiorini states - that the Italian producers have to defend themselves from foreign competition, in particular that from Asia, that is imposing itself on the world market thanks to their lower prices. The differences are certainly explained with the lower cost of living that is registered in those regions, but instances of open exploitation of the workers or the resorting to child labour cannot be excluded. Conditions that we find reprehensible, that may though have helped China and neighbouring countries conquer increasing shares of the market, yesterday in the US, today in Europe and tomorrow (perhaps) in Italy”.
Having foregone the temptation of asking for a tax on Chinese products, the proposal of starting up and publicising a sort of “ethical brand” in the sector and among public opinion is gaining ground, this to identify and highlight the concerns that respect the dignity of the person and that compete fairly.
“And in fact the problem is very serious - Fiorini states - and the proverbial vocation to quality and innovation that features in our industry will not be enough to protect us from a competition that appears unstoppable. All the same we Italian producers enjoy an important advantage. I refer to the cultural and geographical closeness to our customers, a point that allows us to formulate personalised proposals, in extremely short spaces of time. A fundamental plus point, this, especially when demand is not programmable, runs tend to be limited and modifications frequent, as occurs in the dynamic and complex Italian market. Against this in other European countries you are more likely to find large customers with a stable demand planned ahead in time, conditions that explain the greater impact of Chinese concerns north of the Alps”.

Specifications to improve the offer
As well as promoting a greater knowledge of ones own sector and to try and respond to the current difficulties (a price war being excluded in that it would depress the entire sector), the Group is tackling an important question, or that is the definition of contracts between suppliers and customers that lead to transparent relations, a question already faced by other Groups that are part of Assografici.
As the president explains “we are not only working in the direction of drawing up contracts covering sales and purchasing conditions, but also defining the technical problems. First and foremost color accuracy, this by way of definition of a reference catalogue for salespersons, printed on different supports (light brown and white, kraft and coated backings). A long way from being the panacea for solving all problems, this catalogue is a valid aid aboveall for the small customers, who are not used to directly following the phase of print start up. Another frequent source of dispute concerns the size of the run; I refer to the extra bags made to compensate for rejects that the customer does not intend paying for. Finally, clear rules should also be defined in terms of the constancy of print quality for the entire run. To be truthful, overcoming diverging opinions and drawing up a clear document, with which both the producers and the purchasers agree with, requires a great deal of effort. Yet even more difficult will be managing to help a basic technical culture spread that all can draw from, this to help each and everyone of us to formulate punctual and reasonable demands and understand the reasoning of the other party”.