October 2000
Standard, anche di lusso
Standard, but also luxury

La metamorfosi possibile
The possible metamorphosis

Un flacone molto distinto
A very distinguished flacon

Un mercato molto pulito
A spotlessly clean world

M&D News
Imballaggi di legno
Wood packaging

F&F News
Sei cappelli per pensare
Six thinking caps

Riprogettare il pallet nel 2000
Redesigning the pallet in 2000

I&M News

L’effetto normazione
The standardisation effect

Sai che c’è di nuovo
Know what’s new?

Informatore legislativo
Laws and Decrees


Lettere al direttore
Letters to the editor

E&L News
Pallet, ma quanto mi costi...
Pallets, you are so expensive...

Semplificare la complessità
Simplifying complexity

Materie prime per la produzione degli imballaggi poliaccoppiati flessibili
Raw materials for the production of flexible polylaminate packaging

M&M News
Il CEN ha espresso voto favorevole su cinque importanti nuove norme riguardanti imballaggi e rifiuti da imballaggio, che andranno ad aggiungersi a quelle già pubblicate, costituendo un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore. Attenzione ai metalli pesanti.
MZN
Lo stato d’avanzamento delle norme tecniche elaborate dal CEN (Comitato Europeo di Normazione) per una miglior definizione dei requisiti ambientali, che tutti i materiali da imballaggio devono rispettare per poter essere immessi sul mercato, è stato oggetto di una serie d’incontri scaturiti dalla stretta e fattiva collaborazione tra UNI e Istituto Italiano Imballaggio.
La giornata d’informazione del 28 giugno scorso aveva lo scopo di riassumere gli argomenti sul tappeto e focalizzare l’attenzione dei partecipanti sulle norme CR 13695-1-2000 (pubblicata) e CR 13695-2 (ancora in elaborazione), relative rispettivamente ai metalli pesanti e alle sostanze pericolose per l’ambiente.
I lavori sono stati aperti da Marco Sachet (direttore Istituto Italiano Imballaggio), che si è fatto portatore di un forte richiamo ai requisiti ambientali dell’imballaggio e alle ricadute sull’attività di progettazione (*). È seguito l’intervento di Paola Visintin (segretario tecnico UNI), che ha chiarito il contesto in cui va collocata l’attività di normalizzazione, ribadendo tra l’altro le differenze fra norme e direttive.


(*) Come stabilito dall’art. 9 della 94/62 CE e dal relativo allegato II dove vengono descritti i requisiti essenziali concernenti composizione, riutilizzabilità e ricuperabilità degli imballaggi; l’art. 10 demanda a un’attività di normalizzazione CEN l’emissione di norme tecniche armonizzate.

Metalli pesanti: le concentrazioni tollerate
Il compito di approfondire il tema specifico “Metalli pesanti e altre sostanze pericolose per l’ambiente” è stato affidato a Emanuel Guadagnino (esperto del gruppo di lavoro UNI Imballaggio e Ambiente).
L’art. 11 della 94/62 CE stabilisce, in modo inequivocabile, le concentrazioni massime dei metalli pesanti nei materiali da imballaggio, definendo anche l’eccezione degli imballaggi interamente costituiti da cristallo, e demandando alle future elaborazioni le condizioni d’esonero per i materiali riciclati e per quelli che entrano in circuiti a catena chiusa e controllata.
I limiti fissati dall’art.11 sono stati direttamente ricavati dalle norme CONEG (US), che fin dal 1989 si erano premurate di affrontare l’argomento inserendo Pb, CrVI, Hg, Cd come elementi da sottoporre a restrizione, poiché molti rapporti scientifici redatti dalle più autorevoli istituzioni, ne avevano dimostrato la forte pericolosità per la salute.
Il valore di 600 ppm, fissato fin dal 1977 in US come limite massimo per il contenuto in Pb di inchiostri, vernici e rivestimenti di oggetti destinati all’infanzia, era stato ripreso da CONEG come somma del contributo dei quattro elementi considerati.
Il valore di 250 ppm era fin da allora considerato facilmente raggiungibile da parte dei produttori di imballaggi.
Il limite di 100 ppm fissato per il 2001 è un valore di fondo derivante da impurità delle materie prime.
È stato poi illustrato in dettaglio il contenuto della norma CR 13695-1-2000.
Per la compilazione del testo definitivo, sono stati raccolti e valutati dati tecnici non solo europei ma la ricerca è stata estesa a livello mondiale.

Imballaggio da materie prime e riciclate
La prima conclusione a cui si è giunti è che per alcune classi di imballaggi, quali quelli costituiti da sole materie prime vergini, il problema non sussiste.
Altrettanto sicuri sono i materiali destinati al contatto con gli alimenti. Questo settore, infatti, già ampiamente normato, è sottoposto ormai da tempo a vincoli particolarmente restrittivi.
Meno chiara è la situazione per gli imballaggi che contengono una percentuale di materiali di riciclo.
L’impiego di materiale riciclato è obiettivo primario della Direttiva, ma è spesso difficile per i produttori dimostrarne l’esatta provenienza e soprattutto l’omogeneità. Inoltre le richieste della 94/62 CE sono in questo caso contrastanti: le restrizioni per i metalli pesanti inducono i produttori ad utilizzare esclusivamente materiali vergini sicuri, gli obiettivi fissati per il riciclaggio sollecitano il riuso.
Essenziale per ben utilizzare la norma è comprendere la distinzione tra “componente” e “costituente” di un imballaggio.
Si tiene presente che ogni imballaggio è prodotto in più fasi, può prevedere l’uso di più elementi e richiedere una o più operazioni di assemblaggio.
È definito “componente” la parte di un imballaggio che può essere separata da esso con le mani o con semplici strumenti.
È definito “costituente” la più piccola parte derivante da un imballaggio, non separabile da esso con le mani o con semplici strumenti.
Premesso ciò la CR 13695-1-2000 offre due differenti possibilità per dimostrare la conformità all’art. 11:
- dimostrazione diretta tramite analisi chimica;
- dimostrazione documentale da richiedere a catena ai propri fornitori: certificazioni che attraverso la rintracciabilità permettano di ridurre al minimo la necessità di un controllo diretto.
Se l’imballaggio e tutti i suoi componenti hanno un livello di metalli pesanti inferiore a quello stabilito, l’art.11 è rispettato.
Se uno dei costituenti ha un contenuto di metalli pesanti superiore al consentito, ma l’intero componente rientra nei limiti, l’imballo è comunque conforme.
In ogni caso il livello di metalli pesanti deve essere ridotto al minimo anche quando gli stessi dovessero rientrare come elementi funzionali nel processo produttivo o nella composizione di un costituente.
Qualora l’imballo non ottemperasse l’art.11 occorrerà dimostrare che lo stesso posto negli ambienti tipici del trattamento rifiuti non cede metalli pesanti all’ambiente.
Non essendo a oggi stato fissato un metodo ufficiale specifico per la determinazione dei metalli pesanti nelle diverse tipologie di imballaggi, sono state create tre liste:
- metodi parzialmente standardizzati, usati nell’industria;
- metodi standard usati da laboratori specializzati;
- test di lisciviazione.
La raccomandazione è per l’uso di metodi almeno validati e di opportuni standard di riferimento.
Metodi ufficiali andranno invece adottati in fase di campionamento, per la preparazione dei campioni, che dovranno sempre e comunque rispettare il rapporto dei componenti presenti nel manufatto da testare.
La norma CR 13695-2, ancora in fase di elaborazione, è impostata sui medesimi criteri della CR 13695-1-2000 e considera le possibilità di migrazione delle sostanze che la Direttiva 67/548/CE e successive modifiche definiscono pericolose per l’ambiente.
Rientrano nella norma le sostanze che negli elenchi sono caratterizzate con il simbolo “N”, a loro volta suddivise in altamente tossiche, tossiche, nocive per gli organismi acquatici.

Il produttore responsabile
Anche in questo caso il produttore deve verificare se ogni costituente dell’imballaggio contenga sostanze pericolose per l’ambiente, e se esse siano state aggiunte intenzionalmente per esempio a scopo funzionale. Deve inoltre valutare se le stesse possano essere rilasciate nell’ambiente durante la dismissione degli imballaggi.
Se l’esito dell’indagine è negativo, la procedura è conclusa, se è positivo sorge la necessità di dimostrare la conformità ai requisiti di minimizzazione, con l’indicazione di quali sostanze siano state aggiunte, e con la dimostrazione che ne sia stata usata solo la quantità minima indispensabile per la funzione prevista.
A conclusione di questa nota ci permettiamo una riflessione: finora le aziende avevano chiesto ai tecnologi di packaging, la progettazione d’imballaggi identificabili con una marca precisa, esteticamente validi, ergonomici, funzionali, intelligenti, efficaci e, ovviamente, poco costosi. Oggi a tutto ciò va aggiunta prepotentemente la variabile ambientale.
La domanda cui siamo da subito chiamati a rispondere è: “Come possiamo allinearci, in tempi brevi, ai requisiti espressi dalle norme CEN senza sovraccaricare le nostre aziende di troppi problemi organizzativi?”.
Certi di poter superare brillantemente anche questa nuova sfida, non resta che augurarci reciprocamente “buon lavoro”.
Know what’s new?
The European Standardization Committee has voted for five important new standards governing packaging and packaging waste to be added to those already published, standing as a point of reference for all sector operators. With a strict eye to heavy metals.

Lo stato d’avanzamento delle norme tecniche elaborate dal CEN (Comitato Europeo di Normazione) per una miglior definizione dei requisiti ambientali, che tutti i materiali da imballaggio devono rispettare per poter essere immessi sul mercato, è stato oggetto di una serie d’incontri scaturiti dalla stretta e fattiva collaborazione tra UNI e Istituto Italiano Imballaggio.
La giornata d’informazione del 28 giugno scorso aveva lo scopo di riassumere gli argomenti sul tappeto e focalizzare l’attenzione dei partecipanti sulle norme CR 13695-1-2000 (pubblicata) e CR 13695-2 (ancora in elaborazione), relative rispettivamente ai metalli pesanti e alle sostanze pericolose per l’ambiente.
I lavori sono stati aperti da Marco Sachet (direttore Istituto Italiano Imballaggio), che si è fatto portatore di un forte richiamo ai requisiti ambientali dell’imballaggio e alle ricadute sull’attività di progettazione (*). È seguito l’intervento di Paola Visintin (segretario tecnico UNI), che ha chiarito il contesto in cui va collocata l’attività di normalizzazione, ribadendo tra l’altro le differenze fra norme e direttive.


(*) As laid down by art.9 of 94/62 CE and the related attachment containing the essential requisites governing composition, reusability and recoverability of packaging; art. 10 transfers the issuing of harmonised technical standards to the European Standardization Committee.

Metalli pesanti: le concentrazioni tollerate
Il compito di approfondire il tema specifico “Metalli pesanti e altre sostanze pericolose per l’ambiente” è stato affidato a Emanuel Guadagnino (esperto del gruppo di lavoro UNI Imballaggio e Ambiente).
L’art. 11 della 94/62 CE stabilisce, in modo inequivocabile, le concentrazioni massime dei metalli pesanti nei materiali da imballaggio, definendo anche l’eccezione degli imballaggi interamente costituiti da cristallo, e demandando alle future elaborazioni le condizioni d’esonero per i materiali riciclati e per quelli che entrano in circuiti a catena chiusa e controllata.
I limiti fissati dall’art.11 sono stati direttamente ricavati dalle norme CONEG (US), che fin dal 1989 si erano premurate di affrontare l’argomento inserendo Pb, CrVI, Hg, Cd come elementi da sottoporre a restrizione, poiché molti rapporti scientifici redatti dalle più autorevoli istituzioni, ne avevano dimostrato la forte pericolosità per la salute.
Il valore di 600 ppm, fissato fin dal 1977 in US come limite massimo per il contenuto in Pb di inchiostri, vernici e rivestimenti di oggetti destinati all’infanzia, era stato ripreso da CONEG come somma del contributo dei quattro elementi considerati.
Il valore di 250 ppm era fin da allora considerato facilmente raggiungibile da parte dei produttori di imballaggi.
Il limite di 100 ppm fissato per il 2001 è un valore di fondo derivante da impurità delle materie prime.
È stato poi illustrato in dettaglio il contenuto della norma CR 13695-1-2000.
Per la compilazione del testo definitivo, sono stati raccolti e valutati dati tecnici non solo europei ma la ricerca è stata estesa a livello mondiale.

Imballaggio da materie prime e riciclate
La prima conclusione a cui si è giunti è che per alcune classi di imballaggi, quali quelli costituiti da sole materie prime vergini, il problema non sussiste.
Altrettanto sicuri sono i materiali destinati al contatto con gli alimenti. Questo settore, infatti, già ampiamente normato, è sottoposto ormai da tempo a vincoli particolarmente restrittivi.
Meno chiara è la situazione per gli imballaggi che contengono una percentuale di materiali di riciclo.
L’impiego di materiale riciclato è obiettivo primario della Direttiva, ma è spesso difficile per i produttori dimostrarne l’esatta provenienza e soprattutto l’omogeneità. Inoltre le richieste della 94/62 CE sono in questo caso contrastanti: le restrizioni per i metalli pesanti inducono i produttori ad utilizzare esclusivamente materiali vergini sicuri, gli obiettivi fissati per il riciclaggio sollecitano il riuso.
Essenziale per ben utilizzare la norma è comprendere la distinzione tra “componente” e “costituente” di un imballaggio.
Si tiene presente che ogni imballaggio è prodotto in più fasi, può prevedere l’uso di più elementi e richiedere una o più operazioni di assemblaggio.
È definito “componente” la parte di un imballaggio che può essere separata da esso con le mani o con semplici strumenti.
È definito “costituente” la più piccola parte derivante da un imballaggio, non separabile da esso con le mani o con semplici strumenti.
Premesso ciò la CR 13695-1-2000 offre due differenti possibilità per dimostrare la conformità all’art. 11:
- dimostrazione diretta tramite analisi chimica;
- dimostrazione documentale da richiedere a catena ai propri fornitori: certificazioni che attraverso la rintracciabilità permettano di ridurre al minimo la necessità di un controllo diretto.
Se l’imballaggio e tutti i suoi componenti hanno un livello di metalli pesanti inferiore a quello stabilito, l’art.11 è rispettato.
Se uno dei costituenti ha un contenuto di metalli pesanti superiore al consentito, ma l’intero componente rientra nei limiti, l’imballo è comunque conforme.
In ogni caso il livello di metalli pesanti deve essere ridotto al minimo anche quando gli stessi dovessero rientrare come elementi funzionali nel processo produttivo o nella composizione di un costituente.
Qualora l’imballo non ottemperasse l’art.11 occorrerà dimostrare che lo stesso posto negli ambienti tipici del trattamento rifiuti non cede metalli pesanti all’ambiente.
Non essendo a oggi stato fissato un metodo ufficiale specifico per la determinazione dei metalli pesanti nelle diverse tipologie di imballaggi, sono state create tre liste:
- metodi parzialmente standardizzati, usati nell’industria;
- metodi standard usati da laboratori specializzati;
- test di lisciviazione.
La raccomandazione è per l’uso di metodi almeno validati e di opportuni standard di riferimento.
Metodi ufficiali andranno invece adottati in fase di campionamento, per la preparazione dei campioni, che dovranno sempre e comunque rispettare il rapporto dei componenti presenti nel manufatto da testare.
La norma CR 13695-2, ancora in fase di elaborazione, è impostata sui medesimi criteri della CR 13695-1-2000 e considera le possibilità di migrazione delle sostanze che la Direttiva 67/548/CE e successive modifiche definiscono pericolose per l’ambiente.
Rientrano nella norma le sostanze che negli elenchi sono caratterizzate con il simbolo “N”, a loro volta suddivise in altamente tossiche, tossiche, nocive per gli organismi acquatici.

Il produttore responsabile
Anche in questo caso il produttore deve verificare se ogni costituente dell’imballaggio contenga sostanze pericolose per l’ambiente, e se esse siano state aggiunte intenzionalmente per esempio a scopo funzionale. Deve inoltre valutare se le stesse possano essere rilasciate nell’ambiente durante la dismissione degli imballaggi.
Se l’esito dell’indagine è negativo, la procedura è conclusa, se è positivo sorge la necessità di dimostrare la conformità ai requisiti di minimizzazione, con l’indicazione di quali sostanze siano state aggiunte, e con la dimostrazione che ne sia stata usata solo la quantità minima indispensabile per la funzione prevista.
A conclusione di questa nota ci permettiamo una riflessione: finora le aziende avevano chiesto ai tecnologi di packaging, la progettazione d’imballaggi identificabili con una marca precisa, esteticamente validi, ergonomici, funzionali, intelligenti, efficaci e, ovviamente, poco costosi. Oggi a tutto ciò va aggiunta prepotentemente la variabile ambientale.
La domanda cui siamo da subito chiamati a rispondere è: “Come possiamo allinearci, in tempi brevi, ai requisiti espressi dalle norme CEN senza sovraccaricare le nostre aziende di troppi problemi organizzativi?”.
Certi di poter superare brillantemente anche questa nuova sfida, non resta che augurarci reciprocamente “buon lavoro”.