June 2000
Stefano Lavorini
Stones
A tiny child totters forwards in the calm of the afternoon, down the centre of the path that stretches out between the flowerbeds in the garden. The stretch of ground conquered arduously, as he pants with each step, appears to him immense and fills him with amazement and trepidation.
A flush of surprise, of wonderment colors his features, surprise at his having ventured so far from his mother, beyond the horizons of his own experience.
All around him stretch the forms of the world, fabulous realities, only joy and beauty. He needs only overcome his fear of being embraced by that which might be, leaving the certainty of past affections behind him.
The child continues, concentrating on his gait, up to the huge space covered with gravel; he crouches down and picks up a few stones that arrange themselves in his open palm like tesseras of a mosaic yet to be invented.
The wrinkled yet smooth consistency of those chance playthings gives him a strange sensation. He gets ready to taste them. But the thought has not yet fully formed in his mind before the attentive maternal presence breaks in with obsessive timing.
No!No!No! Goes the unequivocal dictum, vain being the obstinate insistence of the toddler in pretending not to understand, so as not to have to justify himself, in as far as that may be possible.
The game is quickly played out: the two grow smaller, amidst echoes of noisy protest and tedious reproach.
Nothing occurs without meaning; he too will slowly learn to say no, to close himself off in the “normality” that awaits him.
Who knows, will he also end up by consuming his vital instinct, caught in the awareness of common destiny?
No!No!No! He will rediscover himself... when he moves along the colored peninsula of his dreams.... when he feels lost in the remotest corner of his memories...when he falls in love with the occasion that comes to hand, enjoying the challenge.
He will be what he can be.
As the Israeli poet Natan Zach wrote:
«This is poetry that speaks of men:
what they think and what they want
and what they think they want.
Outside of this there are few things
in the world that are worthy of interest.
It is poetry about what men do
in that facts are always more important than things left undone. And it is everyone’s wish that it be the memory of what he did and not the oblivion of what he did not do that lasts the longer [...]».

Un bimbo, piccolo piccolo, avanza traballando, nella calma pomeridiana, al centro del sentiero che si allunga tra le aiuole del giardino. Lo spazio conquistato faticosamente, ansando passo passo, appare gran cosa, e infonde in lui stupore e trepidazione. E trascolora nei tratti del volto, un sentimento di sorpresa, di meraviglia per essersi spinto, così lontano dalla madre, oltre l’orizzonte delle proprie esperienze.
Intorno a lui si dispiegano le forme del mondo, realtà favolosa, solo gioia e bellezza. Deve semplicemente vincere il timore di farsi abbracciare da ciò che può essere, lasciandosi alle spalle la certezza degli affetti trascorsi.
Il fanciullo continua concentrato la marcia, fino al grande spiazzo ricoperto di ghiaia; si accovaccia e raccoglie alcuni sassetti, che si dispongono nel palmo aperto come tessere di un mosaico da inventare. Strana sensazione la consistenza rugosa e liscia di quegli occasionali gingilli. Si appresta a goderne, assaggiandone il sapore. Ma il pensiero non si è ancora conchiuso che irrompe, con ossessivo tempismo, la premurosa presenza materna.
No! No! No! È l’inequivocabile dettato, e a poco vale l’ostinata insistenza del piccino che finge di non capire, per non doversi, fin dove possibile, giustificare.
Il gioco non tarda a risolversi: i due rimpiccioliscono, allontanandosi tra echi di rumorose proteste e annoiati rimbrotti.
Nulla accade senza costrutto e pure lui pian piano imparerà a dire di no, a chiudersi nella “normalità” che lo attende.
Chissà, finirà anche lui per consumare il suo istinto vitale, stretto nella consapevolezza del comune destino?
No! No! No! Lui si ritroverà... quando si muoverà a ridosso della penisola colorata dei suoi sogni... quando si sentirà smarrito nell’angolo più remoto dei suoi ricordi... quando si scoprirà di nuovo, stupito ed esitante, a rincorrere le possibilità mancate... quando si innamorerà dell’occasione che si offre, prendendo gusto alla sfida.
Sarà quello che saprà essere.
Come ebbe a scrivere Natan Zach, poeta israeliano:
«Questa è poesia che parla di uomini:
ciò che pensano e ciò che vogliono
e ciò che pensano di volere.
Tolto ciò, poche al mondo le cose
degne d’interesse. È poesia su ciò che gli uomini fanno
giacché i fatti sono sempre più importanti
delle cose non fatte. E ognuno vuole che duri più a lungo
la memoria di ciò che fece che non l’oblio
di ciò che non fece. [...]».