May 2002





L’ortofrutta e l’imballaggio
Fruit and vegetables and packaging

Creatività senza confini
Creativity without frontiers

M&D News







Cartone per l’ortofrutta
Cardboard for fruit and vegetables

Dati sul legno
Data about wood

F&F News







Bio: fotografia di un comparto
Bio: photograph of a sector

Controllo Qualità: proposte
in linea

Quality controls: proposals in line

I&M News







Marketing e comunicazione secondo natura

Marketing and communication
according to nature

Laws and Decrees

IE&L News








Muoversi in sicurezza
Move in safety



Digitale sul cartone ondulato
Digital for corrugated cardboard


Automazione a bordo macchina
Automation on board the machine



OPPortunità di film
Film OPPortunity




M&M News







Etichettatura ambientale e corretta informazione: emergono diversità sostanziali nell’approccio legislativo espresso da Europa e America, dove si vigila soprattutto sul consumatore e sulla chiarezza delle informazioni. Che non devono poter essere fraintese. Consigli utili a chi desidera esportare.
Maria Zemira Nociti

Nonostante la forte interdipendenza commerciale di Europa e America settentrionale, i rispettivi approcci legislativi in materia ambientale continuano a essere decisamente diversi. Una conoscenza poco approfondita delle differenze normative in essere può causare sgradevoli e dispendiosi contenziosi.
In evidente antitesi con una legislazione europea molto articolata e indirizzata in prevalenza agli operatori economici, la normativa americana pone il problema dal punto di vista del consumatore finale, prescrivendo in maniera semplice e inequivocabile cosa debba essere indicato sulle confezioni in tema d’etichettatura e pubblicità ambientale e cosa invece sia meglio evitare, per non incorrere negli accertamenti di FTC.

I principi dello Zio Sam
"Gli scaffali dei negozi di generi alimentari, delle drogherie, dei ferramenta, delle cartolerie e d’ogni altro tipo di rivendite al dettaglio, sono stracolmi di prodotti e imballaggi che vantano qualità ambientali. Attenzione! Tali indicazioni potrebbero influire sulle tue decisioni d’acquisto. Ma quando si tratta di prodotti e imballaggi, qual è il vero significato delle affermazioni: sicuro dal punto di vista ambientale, riciclabile, degradabile, amico dell’ozono? EPA e FTC vogliono che tu sia informato!".
Questo annuncio vagamente allarmante non è altro che la prefazione all’opuscolo che EPA e FTC (le cui rispettive missioni sono descritte nel box) redigono periodicamente per informare e aggiornare i consumatori in tema di etichettatura e pubblicità “ecologica”.
L’affermazione, può sembrare pretenziosa ma ben sintetizza lo spirito dell’ordinamento americano in materia.

Le linee guida
Le linee guida pubblicate per la prima volta da FTC nel luglio 1992 “Guides for the use of the environmental marketing claims” (16 c.F.R. Part 260) vengono riesaminate per statuto ogni tre anni, e costituiscono un valido aiuto per qualunque azienda intenda vantare le caratteristiche ecologiche dei propri prodotti o dei loro imballaggi.
Le indicazioni ambientali sono volontarie e le istruzioni riportate nelle diverse edizioni della pubblicazione sono facilmente applicabili a qualsiasi categoria merceologica o servizio offerto al pubblico.
Fedele alla propria missione, FTC ha affrontato il problema ambientale ponendosi nella prospettiva del consumatore.
Quindi nessun’indicazione di standard prestazionali né complesse definizioni tecnico-scientifiche dei termini utilizzabili, ma soltanto un chiarimento, a beneficio degli acquirenti, del significato delle espressioni riportate in etichetta o impiegate in pubblicità.
Anche la struttura del documento è molto semplice: comprende quattro regole generali, basate sul buon senso comune e la descrizione del significato di otto delle più diffuse affermazioni ambientali. Il tutto è completato da esempi, facili a capirsi anche per chi non sia un esperto in materia.

Le regole generali
1) Le dichiarazioni ambientali riportate sugli imballaggi devono essere chiare e leggibili. Una dicitura non leggibile e/o poco visibile non è di alcuna utilità. Quindi precisione di linguaggio, adeguate dimensioni dei caratteri, assenza di dichiarazioni ridondanti che possano sembrar contraddittorie rispetto a quanto si intende evidenziare.
2) Deve essere palese se la dichiarazione sia riferita al solo prodotto, al suo imballaggio o ad entrambe.
3) Le dichiarazioni devono essere veritiere, mai enfatizzate o esagerate. Un concreto e semplice esempio: un nuovo imballaggio riporta la dicitura “50% di materiale riciclato in più rispetto alla vecchia confezione”.
In realtà il contenuto di materiale riciclato potrebbe essere passato dal 2 al 3%. L’affermazione, pur essendo matematicamente corretta, potrebbe dare adito a false aspettative ecologiste e deve quindi essere riformulata per non fuorviare il consumatore.
4) La pubblicità comparativa deve essere altrettanto precisa e permettere al potenziale acquirente di comprendere esattamente a cosa ci si stia riferendo.
Un esempio: una confezione che riporti l’indicazione “riduzione del peso dell’imballaggio del 20%”, non può essere accettata. Deve essere espressamente dichiarato anche il secondo termine del paragone (20% in meno rispetto alla precedente confezione? Alla confezione di un analogo prodotto della concorrenza? Al peso medio degli imballaggi delle medesime dimensioni utilizzati nel settore?).

No alle definizioni generiche
Le linee guida continuano la loro analisi, dichiarando illegale l’utilizzo di definizioni vaghe o imprecise come: “ambientalmente sicuro”, “amico dell’ambiente”, “ambientalmente preferibile”...
Queste frasi sono considerate inutili e fuorvianti, sia perché qualsiasi prodotto, imballaggio o servizio ha sempre almeno un minimo impatto sull’ambiente, sia perché esprimono concetti troppo generici e non forniscono elementi sufficienti per garantire una scelta informata. Chi le utilizza deve quindi completarle e rendere le indicazioni esaustive. Seguono con dovizia di particolari ed esempi, le definizioni e le modalità di impiego dei termini: degradabile, biodegradabile, fotodegradabile, compostabile, riciclabile, contenuto di materiale riciclato, riduzione delle risorse, nuovamente riempibile, sicuro per l’ozono, amico dell’ozono. Seguendo i principi espressi in precedenza, non è per esempio accettabile una generica affermazione di degradabilità, biodegradabiltà, fotodegradabilità o compostabilità. È necessario innanzi tutto specificare se il termine sia riferito al prodotto, all’imballaggio o a entrambe, ed esprimere in termini numerici il livello di degradazione ottenibile dopo il loro permanere nell’ambiente per un dato periodo.
“Riciclabile” per l’Europa.
Ma per l’America?
Molto interessante, e completamente in antitesi a quanto previsto dalla legislazione europea, è l’aspetto relativo alla riciclabilità.
Un prodotto o la sua confezione non possono essere infatti definiti “riciclabili”, salvo che il produttore sia in grado di dimostrare all’americana FTC con adeguata documentazione che i loro rifiuti siano effettivamente oggetto di una raccolta differenziata, per poi essere immessi in un nuovo ciclo produttivo.
Ma c’è di più: una confezione costituita da materiale riciclabile, ma che per un qualunque motivo (forma, dimensioni o altro) non possa essere accettata in un programma di raccolta differenziata/riciclo, non deve riportare l’indicazione “riciclabile”.
Inoltre nel caso di prodotti o loro imballaggi che siano contemporaneamente formati da componenti riciclabili e non, la dichiarazione di riciclabilità deve specificare a quale componente ci si riferisca, evitando di fuorviare il consumatore.
La dichiarazione generica “materiale riciclato” è riservata esclusivamente a imballaggi che siano completamente prodotti con materiale di riciclo. In tutti gli altri casi è necessario specificare la percentuale di materiale riciclato ed, eventualmente, evidenziare se la parte riciclata derivi da materiali ricavati da scarti industriali o da raccolta differenziata postconsumo.
La provenienza differente può essere riportata sull’etichetta, come espresso nel seguente esempio "L’imballaggio contiene il 50% di fibra riciclata, il cui 30% deriva dalla raccolta post consumo".
È inoltre fuorviante indurre il consumatore a credere che un prodotto (o il suo imballaggio) abbiano subìto una riduzione in peso, volume o tossicità se ciò non viene evidenziato, specificando in modo preciso il termine di paragone.
Lo stesso vale per la qualifica di “imballaggio nuovamente riempibile”.
Tale dicitura è da limitarsi a due categorie ben definite di contenitori: quelli “a rendere” (raccolti, sanificati e nuovamente riempiti a cura dell’azienda confezionatrice), e i contenitori che possono essere nuovamente riempiti dal consumatore, acquistando le apposite ricariche del medesimo prodotto.
Sono quindi escluse le tipologie d’imballaggi che lasciano alla fantasia dell’acquirente la libertà di trovare nuove modalità di riempimento e riutilizzo.

Attenzione all’ozono
I produttori devono anche curare le dichiarazioni relative alla non pericolosità per lo stato d’ozono. Il seguente esempio è illuminante.
Il produttore di un aerosol ha sostituito nel suo prodotto CFC 12 con HCFC-22 e dichiara sull’etichetta che "Il prodotto non contiene CFC". La dichiarazione così formulata è ritenuta fuorviante, perché il consumatore potrebbe essere indotto a credere che il prodotto non sia dannoso per l’ozono. Sarebbe invece accettata la dichiarazione "questo prodotto è meno dannoso per l’ozono del 25% rispetto alla precedente formulazione, che conteneva CFC-12", in quanto il produttore sarà sicuramente in grado di dimostrare su base scientifica l’avvenuto miglioramento.

Il futuro
In America, ogni revisione triennale delle linee guida è preceduta da numerose interrogazioni e proposte di variazioni formulate dai molteplici settori interessati.
Le richieste sono in genere volte a far sì che FTC tenga in considerazione gli sviluppi tecnologici e i miglioramenti sopravvenuti nell’arco dell’ultimo periodo.
Sono già trascorsi dieci anni dalla prima edizione del documento, ma i giudizi degli operatori economici sono ancora piuttosto eterogenei. Alcuni lo considerano un pessimo esempio di sovra regolamentazione, altri lo ritengono invece un’ottima base operativa e pensano che abbia finora risposto alle aspettative.
Ma molti argomenti sono da sempre oggetto di dibattito e sembrano non trovare soluzione. Citiamo qualche esempio, tra quelli più distanti dalla mentalità e dalla consuetudine europea.
• È utile e quali benefici può portare indicare in modo preciso sulle confezioni se il materiale riciclato proviene dalla raccolta differenziata (post consumo), o da sfridi di produzioni industriali (pre consumo)?
• È legittimo utilizzare la generica esortazione “Please Recycle”? In teoria sarebbe valida solo nelle zone degli Stati Uniti dove vi sia certezza di una raccolta differenziata e di un effettivo riciclaggio. Deve essere perseguita una famosa catena di fast food che ha apposto “Please Recycle”sui propri contenitori per i prodotti da asporto, confidando sul fatto che il cartoncino utilizzato sia effettivamente riciclabile, ma dimenticando che la realtà del sistema americano non prevede il riciclo di materiali cellulosici che siano stati a diretto contatto con gli alimenti?
Insomma, le aziende che vogliono esportare i propri prodotti negli Stati Uniti devono avere ben presenti le regole da rispettare, e possono eventualmente rivolgersi per approfondimenti al sito www.ftc.gov nell’utilissima sezione “Contact us”.
La risposta è assicurata.


Maria Zemira Nociti
Esperta di packaging



Marketing and communication according to nature
Environmental labeling and correct information: there are substantial differences in the legislative approach expressed by Europe and America, where aboveall the consumer and the clarity of the information is watched over. Useful advice for those who want to export to the US to help avoid misunderstandings.
Maria Zemira Nociti


Despite the strong commercial interdependence between Europe and north America, the respective legislative approaches on the subject of the environment continue to be decidedly different. A superficial knowledge of the normative difference contained on the same can cause serious and costly disputes.
In evident antithesis to a broad European legislation aimed mainly at business persons, the US standards pose problems from the point of view of the end consumer, simply and unequivocally prescribing what has to be indicated on the pack on the subject of labeling and environmental advertising and what one had better avoid, so as not to be subjected to checks by the FTC.

Uncle Sam’s principles
“The shelves of food stores, drugstores, ironmongers, stationers and all types of retailer are full of products and packaging that boast environmental qualities. Watch out! These indications could influence your purchasing choice. But when it is a question of products and packaging, what is the true meaning of statements like: environmentally safe, recyclable, degradable, ozone friendly? The EPA and FTC want you to be in the know!”.
This vaguely alarming announcement is nothing other but the preface of the EPA and FTC pamphlet (the organizations’ respective missions are described in the box) drawn up periodically in order to inform and update the consumer on the subject of “ecological” advertising and labeling. The statement may well seem pretentious but it well sums up the spirit of the US ruling on the subject.

The guidelines
The guidelines published for the first time by the FTC in July 1992 “Guides for the use of the environmental marketing claim” (16 c.F.R.. Part 260) are re-examined by statute every three years, and constitute a valid help for any company that intends claiming ecological characteristics for its products or their packaging.
Environmental indications are voluntary and the instruction covered in the different editions of the publication are easily applicable to any merchandise category or service offered to the public. Faithful to its own mission the FTC has faced the environmental problem putting itself in the consumer’s perspective. Hence no indications of performance standards nor complex technical-scientific definitions of usable terms, but only a clarification, for the benefit of the purchaser, of the meaning of the expressions borne on the label and used in advertising. The structure of the document is also very simple: it includes four general rules, based on good common sense and the description of the meaning of the eight most common environmental assertions. Everything with examples that are easily understandable even for someone who is not an expert on the subject.

The general rules
1) The environmental declarations on the pack have to be clear and readable. A non or poorly legible wording is of no use. Hence watch your wording, adequate character size, absence of excessive declarations that can appear contradictory to what one intends highlighting.
2) It has to be clear whether the declaration is referred to the product only, to its packaging or to both.
3) The declaration has to be truthful, shouldn’t emphasise or exaggerate.
A concrete and simple example: a new packaging bears the wording “50% more recycled material than the old pack”. In actual fact the content of the recycled material could have gone from 2 to 3%. The statement, even though mathematically correct, could give rise to false ecological expectations and has to hence be reformulated so as not to deceive the consumer.
4) Any comparative advertising has to be equally precise and allow a potential purchaser to understand exactly what is being referred to. One example: a pack that bears the indication “20% reduction of weight of pack”, cannot be accepted. The second term of the comparison has to be expressly declared (20% seen against the preceding pack? The pack of an analogous competitor product? Rated against the average weight of packaging of the same size used in the sector?).

No to general definitions
The guidelines continue their analysis, declaring the use of vague or imprecise definitions such as: “environmentally safe”, “environmentally friendly”, “environmentally preferable” illegal...
These phrases are considered useless and deceptive, both because any product, packaging or service always has a minimum environmental impact, both because they express concepts that are too general and do not provide enough elements to guarantee an informed choice. He who uses them has to hence complete them and ensure the indications are exhaustive.
These are followed with due details and examples, the definitions and modes of use of terms: degradable, biodegradable, photodegradable, compostable, recyclable, content of recycled material, reduction of resources, refillable, ozone safe, ozone friendly.
Following the principles expressed up to now, for example a general statement as to degradability, biodegradability, photodegradability or compostabilty is not acceptable. One need first and foremost specify if the term refers to the product, to the packaging or to both, and to express the level of decomposition obtainable after its being in the environment for a given period stated numerically.

“Recyclable” for Europe. But for America?
The US definition of packaging is very interesting, and completely antithetical to what is laid down by European legislation.
A product or its pack cannot in fact be defined “recyclable”, except if the producer is capable of demonstrating to the US FTC with suitable documentation that the waste is in actual fact subject to segregated collection, and then subsequently placed into a new production cycle.
But there is more to it: a pack made up of recycled material, that for some reason (shape, dimension or other) cannot be accepted in a program of segregated collection/recycling, should not bear the indication “recycling”.
As well as that, in the event of products and their packaging that are made up of both recycled and not recycled material, the declaration of recyclability has to specify which component is referred to, this to avoid deceiving the consumer.
The general declaration ”recycled material” is exclusively reserved for packaging items that are completely produced with recycled material. In all other cases one need specify the percentage of the recycled materials and, if required, indicate whether the recycled part is made from material derived from industrial waste or from post consumption segregated collection. The different origins can be placed on the label, as expressed in the following example “the packaging contains 50% recycled fibre, 30% derived from collection post consumption”.
It is also deceptive to induce the consumer into believing that a product (or its packaging) is lighter in weight, smaller in volume or less toxic if this is not highlighted precisely specifying the terms of comparison.
The same goes for “refillable packaging”. This wording is to be limited to two well defined categories of container: those “returnable” (collected, sanified and refilled by the packager or filler), and the containers that can be refilled by the consumer, buying the special refills of the same product. Hence the types of packaging that leave it up to the imagination of the consumer as to new modes of filling and reuse are excluded.

Watch out for the ozone layer
The producers have to be careful as to the declarations in terms of lack of danger to ozone. The following example is illuminating.
The producer of an aerosol replaced the CFC 12 with HCFC-22 and declared on the label that “the product did not contain CFC”. Formulated in this way the declaration is considered deceptive, because the consumer could be induced to believe that the product is not damaging to the ozone layer.
The declaration “this product is less damaging for ozone by 25% compared to the preceding formulation, that contains CFC-12”, would be acceptable inasmuch as the producer must be surely capable of scientifically demonstrating the improvement.

The future
In the US, every three year revision of the guidelines is preceded by numerous interrogations and proposals for variations formulated by the many sectors involved. The requests are in general aimed at making sure that the FTC consider the technological development and the improvements that have occurred over the most recent period. Ten years have already gone by since the drawing up of the first edition of the document, but the judgement of the economic operators are still fairly heterogeneous.
Some consider it a terrible example of hyper regulamentation, others consider it a good base for working on and think that up to now it has responded to expectations. But many questions have been subject to debate for some time now and solutions for many are hard in coming. We cite some examples among those most distant from the European mentality and European habits.
• Is it useful to put claims and what claims can be indicated on the pack if the recycled materials comes from segregated collection (post consumption), or production waste
(pre consumption)?
• Is it legitimate to use the general plea “Please Recycle”? In theory it would only be valid in the area of the US where there is certainty of a segregated collection and of actual recycling. A famous fast food chain that placed “Please Recycle” on its containers for takeaway products is to be persecuted. The chain confided in the fact that used cardboard is effectively recyclable, but forgetting the reality of the US system that does not lay down the recycling of cellulose materials that have come into direct contact with foodstuffs?
This means that the companies that wish to export their own products in the US have to know the rules that need to be respected, and can log in to site www.ftc.gov in the highly useful section “Contact us”.
You are guaranteed to get a reply.

Maria Zemira Nociti
Packaging expert



Gli attori americani
Innanzi tutto, chi sono EPA e FTC? Sono due dei numerosi enti voluti dal Congresso degli Stati Uniti e direttamente riconducibili al ramo esecutivo dell’ordinamento americano, che si occupano di specifici temi d’interesse nazionale e internazionale.
EPA (Environmental Protection Agency) è una sigla piuttosto conosciuta anche in Italia, se non altro perché compare nelle videate d’apertura di alcune diffusissime marche di computer.
In pratica è l’agenzia preposta alla protezione della salute umana e alla tutela dell’ambiente.
FTC (Federal Trade Commission) è invece attiva in tema di antitrust e di difesa dei consumatori. Ha compiti di vigilanza sulla libera concorrenza del mercato interno, e persegue ogni tipo di azione ritenuta in contrasto con l’Articolo Cinque dell’atto di Istituzione della Commissione stessa.
L’Articolo Cinque bandisce qualsiasi azione che possa essere iniqua nei confronti dei concorrenti, dimostrarsi ingannevole per l’acquirente o mettere in pericolo il suo diritto a esercitare scelte “informate”.
Tra queste azioni rientrano a pieno titolo le false o incomplete dichiarazioni riguardanti un prodotto e il suo imballaggio (enunciati ecologici compresi) diffuse attraverso l’etichettatura, nonché qualsiasi forma di pubblicità non corrispondente al vero. La Commissione svolge anche analisi economiche e promuove campagne divulgative su argomenti che riguardano le rispettive competenze.

La storia
I primi sporadici interventi di FTC sull’etichettatura ambientale risalgono agli anni Settanta. L’attività si intensificò nel corso del decennio successivo, quando incominciò a manifestarsi un crescente interesse dei consumatori - e, di conseguenza, delle aziende produttrici - per la salvaguardia dell’ambiente.
Diverse ricerche di mercato dell’epoca lasciavano infatti intravedere le prime avvisaglie dell’attuale attenzione dei consumatori per le tematiche ambientali. Buona parte degli intervistati aveva, fin da allora e almeno per una volta, basato le proprie decisioni d’acquisto su indicazioni di carattere ecologico. Inoltre si trovavano consumatori che sistematicamente:
- evitavano di comperare alcune tipologie di prodotti, perché ritenevano i loro costituenti o i loro imballaggi dannosi per l’ambiente;
- acquistavano prodotti basandosi anche su indicazioni ecologiche, pubblicizzate attraverso i principali media o riportate in etichetta;
- erano disposti a pagare di più per prodotti e materiali considerati sicuri dal punto di vista ambientale.
L’offerta americana, da sempre molto sensibile alle richieste dei propri clienti, colse immediatamente questa nuova tendenza, incrementando pubblicità e diciture ambientali sulle confezioni.
Si è quindi assistito a un rapidissimo proliferare di prodotti cosiddetti “amici dell’ambiente”, e a un crescente interesse generale, sotto la stretta supervisione di FTC, per il miglioramento costante delle caratteristiche ambientali di quanto commercializzato.
Inizialmente molte delle affermazioni pubblicizzate o stampate sull’etichetta erano esagerate e non sempre perfettamente rispondenti alla realtà. FTC cominciò a perseguire i singoli casi, ma ben presto si rese conto della scarsa efficacia e del dispendio di risorse e di energie richiesto da tale approccio.
Fu così stabilito di predisporre delle linee guida, atte a orientare chiunque desiderasse vantare le qualità ambientali dei propri prodotti.
La decisione fu incoraggiata dalle incalzanti richieste di chiarezza da parte delle diverse categorie interessate.
Si lavorò a lungo per analizzare le numerose proposte che, man mano, venivano sottoposte al vaglio della Commissione.
Nel luglio 1992 fu pubblicata la prima edizione delle linee guida dal titolo “Guides for the use of the environmental marketing claims” (16 c.F.R. Part 260), alla cui stesura contribuirono attivamente industria, gruppi ambientalisti e associazioni dei consumatori.



The American players
First of all, what are EPA and FTC? They are two of the many bodies set up by the United States Congress and directly under the control of the executive arm of the American administration, concerned with specific areas of national and international interest.
EPA (Environmental Protection Agency) are initials which are also well-known in Italy, at least, since they appear in the boot-up sequence of several widely-used makes of computer.
In practice, it is the agency in charge of the protection of the health of humans and of the environment.
FTC (Federal Trade Commission) is concerned with antitrust matters and consumer protection. It is responsible for overseeing free competition in the internal market and investigates any type of activity considered to be incompatible with Article 5 of the Commission’s Act of Foundation.
Article 5 bans any action which could be detrimental to competitors, misleading for consumers or which could jeopardise the consumer’s right to exercise an “informed” choice.
Such actions include false or incomplete declarations about a product and its packaging (including ecological claims) contained in the labeling, as well as any type of advertising which is untrue.
The Commission also carries out economic analyses and promotes informational campaigns on subjects involving its areas of responsibility.

History
The FTC’s first isolated actions on environmental labeling date back to the 1970s. Activity intensified in the following decade, when growing interest began to be shown by consumers – and consequently by producing companies – in environmental protection.
Several market surveys at this time revealed the first signs of the interest in environmental matters demonstrated by consumers today. Many of those interviewed had, at least once up to that time, based their purchasing decisions on environmental considerations.
There were also consumers who systematically:
- avoided buying certain types of product because they considered their constituents or packaging to be damaging to the environment;
- bought products based on ecological considerations which were publicised in the main forms of media or in the labeling;
- were prepared to pay more for products and materials considered safe from an environmental point of view.
The American supply market, always sensitive to its customers’ needs, immediately responded to this new trend, increasing its advertising and environmental wording on packaging.
This led to a rapid proliferation of so-called “environmentally-friendly” products, and a growing general interest, under the strict supervision of the FTC, in the continual improvement of the environmental features of what was being marketed.
At first, many of the declarations advertised or printed on labels were exaggerated and not always totally at one with reality. The FTC began to investigate individual cases, but very soon it became clear that this approach was not very efficient and required great expenditure of resources and energy.
It was therefore decided to establish guidelines, capable of directing anyone who wished to raise awareness of the environmental qualities of their products.
This decision was encouraged by urgent requests for clarification from several interested parties.
Much work was involved in analysing the many proposals which slowly came under the scrutiny of the Commission.
In July 1992, the first edition of the guidelines was published, entitled “Guides for the use of the environmental marketing claims” (16 c.F.R. Part 260). The drafting of this document involved active contributions from industry, environmental groups and consumer associations.