Regolamento Packaging, cosa temono gli addetti ai lavori

I risultati della recente indagine di ItaliaImballaggio: per il 75% degli intervistati il PPWR avrà effetti negativi sulle aziende e le soluzioni proposte saranno difficili da mettere in pratica.

Davide Miserendino

Non hanno dubbi gli addetti ai lavori del mondo del packaging: il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi potrebbe creare difficoltà - e non poche – alle loro aziende. È quello che emerge dal sondaggio che ItaliaImballaggio ha sottoposto ai suoi lettori nelle scorse settimane, nei giorni “caldi” in cui si attendeva l’ultimo incontro del Trilogo, il summit europeo in cui si confrontano Consiglio e Parlamento, con la mediazione della Commissione. Le istituzioni dell’Ue si sono affidate a queste ‘riunioni informali’ per convergere su un testo unico dopo che Bruxelles (sede del Consiglio) e Strasburgo, dove siedono i deputati, avevano votato versioni diverse delle nuove normative.

Sottovalutati i rischi dello spreco alimentare

Il sondaggio - che ha coinvolto un centinaio di aziende - puntava a mettere in luce gli aspetti più controversi del PPWR (sigla che sta per Packaging & Packaging Waste Regulation) e si rivolgeva ai produttori di macchine e attrezzature per l’imballaggio, ai produttori di materiali per il confezionamento e ai produttori di beni di consumo. Più del 75% delle aziende partecipanti lavora nel settore Food & Beverage. Come anticipato, in questa fase a prevalere è la preoccupazione: il 42% degli intervistati ritiene, infatti, che il nuovo regolamento avrà effetti molto negativi sulla propria attività, e uno su due ritiene che l’impatto sarà abbastanza negativo. Pochissimi quelli che, invece, non temono nulla: solo il 3% del totale.

Sugli aspetti maggiormente “indigesti”, gli addetti ai lavori coinvolti hanno indicato, come primo problema, la presenza di soluzioni di difficile attuazione (76%), che va a braccetto con la mancanza di chiarezza nelle disposizioni (47%). Il 50% degli intervistati ha sostenuto, inoltre, che si siano largamente sottovalutati i rischi legati allo spreco di cibo (dovuti, per esempio, al bando di una serie di monouso in plastica). Nel mirino anche l’approccio troppo “orizzontale” del regolamento: per il 46% del campione non c’è stata sufficiente attenzione alle specificità dei singoli paesi.

In merito agli asset principali del PPWR, il punto di vista degli intervistati appare frammentato. Il 37% ha condiviso l’importanza di mettere a segno una forte riduzione - fissata dall’Ue nella misura del 15% - dei rifiuti prodotti dagli imballaggi entro il 2040. Sempre il 37% ha sottolineato l’importanza della valorizzazione del riutilizzo come alternativa al riciclo.

Il divieto delle cosiddette ‘sostanze chimiche per sempre’ negli imballaggi alimentari è stato condiviso dal 32% degli intervistati mentre l’idea di abbandonare buona parte degli imballaggi monouso ha convinto un addetto ai lavori su quattro, tenendo il campione come riferimento. Da segnalare che il 25% degli intervistati ha affermato di non sposare nessuno degli obiettivi sopracitati.

I timori per il Mercato Unico

Tirando le somme, quasi il 70% dei professionisti coinvolti ha ritenuto che non si siano tenuti in dovuta considerazione i limiti del riutilizzo, come il rischio di spreco alimentare e le spese per i trattamenti di lavaggio e igienizzazione; il 65% ha bocciato il regolamento (in quel momento ancora “in fieri”, ma i cui punti principali si sono rivelati poi in linea con il testo definitivo) definendolo troppo schiacciato su posizioni ideologiche e non scientifiche; il 47% ha sottolineato che le indicazioni non chiare sull’applicazione delle regole nei vari paesi metteranno a rischio il Mercato Unico. Più del 40% del campione si è dichiarato a favore, però, del divieto di utilizzo di alcuni imballaggi monouso, come le confezioni in miniatura degli hotel per i prodotti da toilette e le pellicole termoretraibili per le valigie negli aeroporti. L’importanza di invertire la tendenza attuale, che ha visto gli imballaggi nell’Ue passare da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 82 milioni di tonnellate nel 2021, infine, è stata indicata come prioritaria solo dal 22% degli intervistati.

Nota a margine. ItaliaImballaggio continuerà a seguire l’evoluzione della normativa e a raccogliere i pareri degli operatori, che verranno a mano a mano pubblicati sul sito italiaimballaggio.it e veicolati tramite social.

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